Un editoriale di Marco Tarquino, direttore di Avvenire, esprime preoccupazione non tanto per il “personale stato di salute dei nostri politici”, quanto per “lo stato di salute delle istituzioni repubblicane”. Il punto nodale è “se Silvio Berlusconi, in qualità di primo responsabile del potere esecutivo della Repubblica, abbia operato o no una inconcepibile pressione indebita sulla Questura di Milano per favorire una ragazza minorenne in stato di fermo, inducendo le forze di polizia a violare alcune regole”. Ma “c’è anche un punto di costume, che è anche di costume pubblico”, in quanto “siamo convinti che l’Italia e gli italiani si aspettino da chi siede al vertice delle istituzioni dello Stato la dimostrazione di sentirsi gravato, oltre che di un indubbio e legittimo potere, di stringenti doveri”, come “sobrietà personale e decoroso rispetto di ciò che si rappresenta”.
mercoledì 19 gennaio 2011
Berlusconi, caso Ruby: critiche da Famiglia Cristiana e Avvenire
Anche la stampa cattolica si esprime sul recente ‘caso Ruby’ che ha coinvolto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. In un corsivo di Giorgio Vecchiato su Famiglia Cristiana si parla di reazione “fra la tristezza civile e la pietà umana”. Il caso Ruby ha risvolti sia politici, che riguardano “la credibilità, meglio ancora la dignità, dell’uomo che governa il Paese”, sia personali, in quanto “già la moglie, Veronica Lario, aveva pubblicamente segnalato” “uno stato di malattia, qualcosa di incontrollabile anche perchè consentito, anzi incoraggiato, dal potere e da enormi disponibilità di denaro”, scrive il giornalista.
Un editoriale di Marco Tarquino, direttore di Avvenire, esprime preoccupazione non tanto per il “personale stato di salute dei nostri politici”, quanto per “lo stato di salute delle istituzioni repubblicane”. Il punto nodale è “se Silvio Berlusconi, in qualità di primo responsabile del potere esecutivo della Repubblica, abbia operato o no una inconcepibile pressione indebita sulla Questura di Milano per favorire una ragazza minorenne in stato di fermo, inducendo le forze di polizia a violare alcune regole”. Ma “c’è anche un punto di costume, che è anche di costume pubblico”, in quanto “siamo convinti che l’Italia e gli italiani si aspettino da chi siede al vertice delle istituzioni dello Stato la dimostrazione di sentirsi gravato, oltre che di un indubbio e legittimo potere, di stringenti doveri”, come “sobrietà personale e decoroso rispetto di ciò che si rappresenta”.
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