giovedì 17 marzo 2011
ONU: SI A "NO FLY ZONE" IN LIBIA
Secondo fonti Usa le truppe fedeli al rais sarebbero solo 160 chilometri dalla citta' simbolo della ribellione. Consiglio sicurezza approva 'no fly zone'; Lega Araba conferma partecipazione militare per rispetto del divieto di sorvolo se la risoluzione verra' approvata. Frattini: altamente improbabile che Gheddafi resti al potere. Ministro del petrolio libico conferma contratti con l'Eni: 'Scaroni e' un amico, porte aperte all'Italia".
VICE-MINISTRO, TRIPOLI PRONTA A CESSATE FUOCO - Il vice-ministro degli esteri libico Khaled Kaaim ha detto in una conferenza stampa a Tripoli che il suo governo è pronto a osservare un cessate il fuoco ma che resta in attesa di dettagli tecnici dopo la risoluzione sul cessate il fuoco approvata ieri sera dal Consiglio di sicurezza del'Onu.
VERTICE NAPOLITANO, BERLUSCONI, LA RUSSA, LETTA - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si è riunito con il ministro della Difesa Ignazio La Russa e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta per discutere sulla situazione in Libia alla luce della risoluzione Onu sulla 'No fly zone'. Alla riunione si è unito il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. A quanto si apprende in ambienti governativi. Al'incontro partecipano alcuni alti gradi delle forze armate.
PORTAVOCE ITALIA, NATO ESAMINA RISOLUZIONE ONU - "La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu andrà esaminata attentamente". Lo ha detto il col. Massimo Panizzi, portavoce della delegazione militare italiana presso la Nato, intervistato da Sky Tg24. "La Nato agirà su un mandato chiarissimo e con il supporto regionale" ha aggiunto Panizzi ricordando che l'Alleanza Atlantica "sta seguendo con grande attenzione" la situazione in Libia sin dalla prima risoluzione 1970 dell'Onu. "Ora la Nato - ha concluso Panizzi - esaminerà questa risoluzione ed esaminerà se ci sono i presupposti per agire".
NO FLY ZONE, 10 SI',CINA E RUSSIA ASTENUTE - La risoluzione che autorizza la 'No fly zone' sulla Libia e ulteriori misure per proteggere la popolazione civile (la numero 1973) è stata approvata con il voto favorevole di 10 Paesi: Francia, Gran Bretagna, Usa, Bosnia, Gabon, Nigeria, Sudafrica, Portogallo, Colombia e Libano. Si sono astenute Russia, Cina, Germania, Brasile e India.
RISOLUZIONE ONU,FOLLA FESTANTE IN PIAZZA BENGASI - Una folla di sostenitori degli insorti sta festeggiando con canti e grida di giubilo in piazza a Bengasi, accogliendo la notizia dell'approvazione della risoluzione sulla no fly zone in Consiglio di sicurezza dell' Onu. Le immagini in diretta sono state trasmesse dall'emittente Al Jazira, che ha mostrato anche fuochi d'artificio.
FORTI ESPLOSIONI A BENGASI, ANTIAEREA IN AZIONE - Forti esplosioni sono state udite nella città libica di Bangasi, seguiti dai tiri della contraerea.
FORZE GB POTREBBERO INTERVENIRE ENTRO DOMANI - Le forze britanniche potrebbero entrare in azione ''entro venerdi'' se il Consiglio di sicurezza dell'Onu approvera' la risoluzione che autorizza l'imposizione sulla Libia di una 'non fly zone'. Lo riferisce sul suo sito web la BBC, citando fonti governative a Londra. Le discussioni in seno al Consiglio stanno andando avanti e, stando alle fonti della BBC, non e' escluso che si protraggano. La risoluzione dovrebbe comunque essere approvata nel giro di pochi giorni.
FRANCIA, POSSIBILI RAID AEREI GIA' STANOTTE - Raid aerei mirati contro le posizioni dell'esercito del regime libico di Muhammar Gheddafi potrebbero avvenire gia' questa notte, non appena ottenuto il via libera dell'Onu per un ricorso alla forza. Lo dicono fonti diplomatiche francesi. I raid potrebbero intervenire nel quadro di un'operazione condotta da Francia, Gran Bretagna e Emirati Arabi Uniti, ha precisato la stessa fonte. Un'informazione che per il momento non e' stata confermata da altre fonti.
LA RUSSA, SE ONU PER NO FLY ZONE NON CI SOTTRARREMO - Se il Consiglio di Sicurezza dell'Onu dovesse decidere per l'imposizione di una no fly zone sulla Libia ''noi non ci sottrarremo ai nostri doveri, anche se la nostra linea e' sempre stata all'insegna dell'equilibrio e della moderazione''. Lo ha detto all'ANSA il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.
GHEDDAFI A INSORTI BENGASI, STIAMO ARRIVANDO - "Stiamo arrivando questa sera e non avremo pietà", lo ha detto il leader libico Muammar Gheddafi in un messaggio alla tv di stato rivolto agli abitanti di Bengasi, roccaforte degli insorti. "Le persone disarmate non hanno niente da temere ma ogni casa sarà perquisita", ha aggiunto.
TRIPOLI MINACCIA NAVI E AEREI NEL MEDITERRANEO - Il ministro della Difesa libico ha detto che in caso di un intervento militare straniero la Libia potrebbe attaccare il traffico aereo e marittimo nel Mediterraneo. Lo rivela l'agenzia libica Jana.
LEGA ARABA CONFERMA PARTECIPAZIONE MILITARE - La Lega Araba ha confermato che Paesi arabi parteciperanno militarmente per imporre una no fly zone sulla Libia, se questa verra' approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Lo ha riferito Yahya Mahmassani, osservatore per la Lega Araba al Palazzo di Vetro.
EGITTO, NON PARTECIPEREMO A INTERVENTO MILITARE - L'Egitto non interverrà militarmente in Libia e l'atteggiamento del Cairo in questo senso non è cambiato. Lo ha detto una fonte del ministero degli esteri egiziano all'ANSA. Da Tunisi il segretario di Stato Usa Hillary Clinton, che ieri è stata in visita al Cairo, ha affermato che un coinvolgimento arabo in una eventuale azione militare decisa dall'Onu è attualmente in discussione.
NATO, PRONTI AD AGIRE - "Prima l'Onu arriverà ad un accordo" sulla crisi libica e "meglio sarà". Lo ha scritto il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, in un messaggio postato su Facebook nel quale definisce anche "inaccettabile" una vittoria di Gheddafi ed afferma che "la Nato è pronta ad agire per proteggere la popolazione civile dagli attacchi del regime".
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu torna a riunirsi oggi per discutere una risoluzione per imporre una no fly zone sulla Libia. La Francia vorrebbe che si arrivasse al voto di approvazione alle 18 di New York (le 23 in Italia).
Gerard Araud, ambasciatore francese alle Nazioni Unite, ha sottolineato che Parigi ha preso la guida delle trattative (il ministro degli Esteri Alain Juppé sta arrivando negli Usa per partecipare ai negoziati). "Il testo che appoggiamo può ancora essere modificato, ma prevede una serie di misure che possono andare oltre la no fly zone", ha detto Araud.
Anche l'ambasciatrice degli Usa all'Onu, Susan Rice, ha detto che Washington sta considerando azioni che vadano "oltre" la no fly zone.
Un portavoce degli insorti in Libia ha detto oggi che la forze armate di Gheddafi sono ancora lontane da Bengasi, smentendo così la tv di stato libica che aveva detto in precedenza che le forze lealiste si trovavano alle porte del capoluogo della Cirenaica, caposaldo dei ribelli. "Non sono vicini a Bengasi", ha deto Essam Gheriani, portavoce della coalizione degli insorti '17 febbraio'. Gheriani ha aggiunto che le forze fedeli al colonnello hanno raggiunto la città petrolifera di Zueitina ma ha aggiunto che "sono state circondate dalle forze rivoluzionarie". La tv di stato libica ha anche annunciato che le truppe di Gheddafi hanno riconquistato la città di Misurata ma i residenti affermano che il centro costiero è ancora nelle mani degli insorti.
Intanto il ministro del petrolio ha detto che sono confermati i contratti dell'Eni, ha definito Scaroni un amico e ha detto:''Porte aperte all'Italia''.
VICE-MINISTRO, TRIPOLI PRONTA A CESSATE FUOCO - Il vice-ministro degli esteri libico Khaled Kaaim ha detto in una conferenza stampa a Tripoli che il suo governo è pronto a osservare un cessate il fuoco ma che resta in attesa di dettagli tecnici dopo la risoluzione sul cessate il fuoco approvata ieri sera dal Consiglio di sicurezza del'Onu.
VERTICE NAPOLITANO, BERLUSCONI, LA RUSSA, LETTA - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si è riunito con il ministro della Difesa Ignazio La Russa e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta per discutere sulla situazione in Libia alla luce della risoluzione Onu sulla 'No fly zone'. Alla riunione si è unito il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. A quanto si apprende in ambienti governativi. Al'incontro partecipano alcuni alti gradi delle forze armate.
PORTAVOCE ITALIA, NATO ESAMINA RISOLUZIONE ONU - "La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu andrà esaminata attentamente". Lo ha detto il col. Massimo Panizzi, portavoce della delegazione militare italiana presso la Nato, intervistato da Sky Tg24. "La Nato agirà su un mandato chiarissimo e con il supporto regionale" ha aggiunto Panizzi ricordando che l'Alleanza Atlantica "sta seguendo con grande attenzione" la situazione in Libia sin dalla prima risoluzione 1970 dell'Onu. "Ora la Nato - ha concluso Panizzi - esaminerà questa risoluzione ed esaminerà se ci sono i presupposti per agire".
NO FLY ZONE, 10 SI',CINA E RUSSIA ASTENUTE - La risoluzione che autorizza la 'No fly zone' sulla Libia e ulteriori misure per proteggere la popolazione civile (la numero 1973) è stata approvata con il voto favorevole di 10 Paesi: Francia, Gran Bretagna, Usa, Bosnia, Gabon, Nigeria, Sudafrica, Portogallo, Colombia e Libano. Si sono astenute Russia, Cina, Germania, Brasile e India.
RISOLUZIONE ONU,FOLLA FESTANTE IN PIAZZA BENGASI - Una folla di sostenitori degli insorti sta festeggiando con canti e grida di giubilo in piazza a Bengasi, accogliendo la notizia dell'approvazione della risoluzione sulla no fly zone in Consiglio di sicurezza dell' Onu. Le immagini in diretta sono state trasmesse dall'emittente Al Jazira, che ha mostrato anche fuochi d'artificio.
FORTI ESPLOSIONI A BENGASI, ANTIAEREA IN AZIONE - Forti esplosioni sono state udite nella città libica di Bangasi, seguiti dai tiri della contraerea.
FORZE GB POTREBBERO INTERVENIRE ENTRO DOMANI - Le forze britanniche potrebbero entrare in azione ''entro venerdi'' se il Consiglio di sicurezza dell'Onu approvera' la risoluzione che autorizza l'imposizione sulla Libia di una 'non fly zone'. Lo riferisce sul suo sito web la BBC, citando fonti governative a Londra. Le discussioni in seno al Consiglio stanno andando avanti e, stando alle fonti della BBC, non e' escluso che si protraggano. La risoluzione dovrebbe comunque essere approvata nel giro di pochi giorni.
FRANCIA, POSSIBILI RAID AEREI GIA' STANOTTE - Raid aerei mirati contro le posizioni dell'esercito del regime libico di Muhammar Gheddafi potrebbero avvenire gia' questa notte, non appena ottenuto il via libera dell'Onu per un ricorso alla forza. Lo dicono fonti diplomatiche francesi. I raid potrebbero intervenire nel quadro di un'operazione condotta da Francia, Gran Bretagna e Emirati Arabi Uniti, ha precisato la stessa fonte. Un'informazione che per il momento non e' stata confermata da altre fonti.
LA RUSSA, SE ONU PER NO FLY ZONE NON CI SOTTRARREMO - Se il Consiglio di Sicurezza dell'Onu dovesse decidere per l'imposizione di una no fly zone sulla Libia ''noi non ci sottrarremo ai nostri doveri, anche se la nostra linea e' sempre stata all'insegna dell'equilibrio e della moderazione''. Lo ha detto all'ANSA il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.
GHEDDAFI A INSORTI BENGASI, STIAMO ARRIVANDO - "Stiamo arrivando questa sera e non avremo pietà", lo ha detto il leader libico Muammar Gheddafi in un messaggio alla tv di stato rivolto agli abitanti di Bengasi, roccaforte degli insorti. "Le persone disarmate non hanno niente da temere ma ogni casa sarà perquisita", ha aggiunto.
TRIPOLI MINACCIA NAVI E AEREI NEL MEDITERRANEO - Il ministro della Difesa libico ha detto che in caso di un intervento militare straniero la Libia potrebbe attaccare il traffico aereo e marittimo nel Mediterraneo. Lo rivela l'agenzia libica Jana.
LEGA ARABA CONFERMA PARTECIPAZIONE MILITARE - La Lega Araba ha confermato che Paesi arabi parteciperanno militarmente per imporre una no fly zone sulla Libia, se questa verra' approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Lo ha riferito Yahya Mahmassani, osservatore per la Lega Araba al Palazzo di Vetro.
EGITTO, NON PARTECIPEREMO A INTERVENTO MILITARE - L'Egitto non interverrà militarmente in Libia e l'atteggiamento del Cairo in questo senso non è cambiato. Lo ha detto una fonte del ministero degli esteri egiziano all'ANSA. Da Tunisi il segretario di Stato Usa Hillary Clinton, che ieri è stata in visita al Cairo, ha affermato che un coinvolgimento arabo in una eventuale azione militare decisa dall'Onu è attualmente in discussione.
NATO, PRONTI AD AGIRE - "Prima l'Onu arriverà ad un accordo" sulla crisi libica e "meglio sarà". Lo ha scritto il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, in un messaggio postato su Facebook nel quale definisce anche "inaccettabile" una vittoria di Gheddafi ed afferma che "la Nato è pronta ad agire per proteggere la popolazione civile dagli attacchi del regime".
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu torna a riunirsi oggi per discutere una risoluzione per imporre una no fly zone sulla Libia. La Francia vorrebbe che si arrivasse al voto di approvazione alle 18 di New York (le 23 in Italia).
Gerard Araud, ambasciatore francese alle Nazioni Unite, ha sottolineato che Parigi ha preso la guida delle trattative (il ministro degli Esteri Alain Juppé sta arrivando negli Usa per partecipare ai negoziati). "Il testo che appoggiamo può ancora essere modificato, ma prevede una serie di misure che possono andare oltre la no fly zone", ha detto Araud.
Anche l'ambasciatrice degli Usa all'Onu, Susan Rice, ha detto che Washington sta considerando azioni che vadano "oltre" la no fly zone.
Un portavoce degli insorti in Libia ha detto oggi che la forze armate di Gheddafi sono ancora lontane da Bengasi, smentendo così la tv di stato libica che aveva detto in precedenza che le forze lealiste si trovavano alle porte del capoluogo della Cirenaica, caposaldo dei ribelli. "Non sono vicini a Bengasi", ha deto Essam Gheriani, portavoce della coalizione degli insorti '17 febbraio'. Gheriani ha aggiunto che le forze fedeli al colonnello hanno raggiunto la città petrolifera di Zueitina ma ha aggiunto che "sono state circondate dalle forze rivoluzionarie". La tv di stato libica ha anche annunciato che le truppe di Gheddafi hanno riconquistato la città di Misurata ma i residenti affermano che il centro costiero è ancora nelle mani degli insorti.
Intanto il ministro del petrolio ha detto che sono confermati i contratti dell'Eni, ha definito Scaroni un amico e ha detto:''Porte aperte all'Italia''.
venerdì 11 marzo 2011
SISMA SPOSTA L'ASSE TERRESTRE
TOKYO - Oltre a causare per ora almeno 300 morti accertati - ma il timore è di oltre mille vittime - e uno tsunami con onde alte fino a dieci metri, il terremoto di magnitudo 8,9 che stamattina ha colpito il Giappone sta creando apprensione per gli effetti sulle centrali nucleari del paese. Intanto una nave con a bordo 100 persone è stata travolta dallo tsunami che ha colpito il nord est del Paese. L'agenzia atomica internazionale dell'Onu, Aiea, ha annunciato che le quattro centrali nucleari giapponesi più vicine all'epicentro sono state bloccate con successo e si stanno ora raccogliendo informazioni su quali Paesi e strutture nucleari possano essere a rischio per lo tsunami scatenato dal sisma.
Ma il governo giapponese ha dichiarato lo stato di emergenza per la centrale nucleare di Onagawa nella prefettura di Miyagi e ha fatto anche sapere che il processo di raffreddamento di uno dei reattori non sta procedendo come previsto, dopo che un inizio di incendio era stato segnalato in un edificio che ospita una turbina nella stessa centrale. Secondo stime dei media, il terremoto, uno dei piu' violenti da quando viene misurata la magnitudo dei sisma ha causato almeno 42 morti ma si teme che il bilancio possa aumentare dato che una nave con circa 100 persone a bordo è stata travolta dallo tsunami.
Inoltre un muro d'acqua alto 10 metri ha raggiunto la città di Sendai, nell'isola di Honshu nel nord-est del Giappone, dove il mare si è spinto fino a cinque chilometri all'interno della prefettura di Fukushima, dove - alemno secondo le prime informazioni - si concentra il maggio numero di vittime. Come mostrano immagini tv che rievocano quelle del disastroso tsunami che colpì l'Indonesia nel dicembre 2004 provocando almeno 130 mila morti. La prima scossa, seguita poi da altre di assestamento, è stata registrata alle 14.46 locali (le 6.46 in Italia) e un allerta tsunami è stato decretato in tutto l'Oceano tranne che per Stati Uniti e Canada continentali. In particolare è in vigore in Russia, Filippine, Indonesia, Papua Nuova Guinea, Australia, Figi, Messico, Guatemala, El Salvador, Costa Rica, Nicaragua, Panama, Honduras, Cile, Ecuador, Colombia e Perù. Mentre poco fa l'allarme e' stato revocato per Taiwan e Nuova Zelanda.
Evacuazioni sono state ordinate alle Hawaii e in varie zone costiere di altri paesi. Nella capitale giapponese, l'antenna della Tokyo Tower, il simbolo della citta' nipponica e della ricostruzione post-bellica, si è piegata. Fra l'altro, un vasto incendio è scoppiato in una raffineria a Iichihara. Il ministro degli Esteri giapponese, Takeaki Matsumoto, ha dato annunciato che il paese accettera' aiuti internazionali: L'Italia ha gia' risposto all'appello, insieme con Germania, Francia, Gran Bretagna e Cina. ''Siamo vicini al popolo giapponese in questa tragica circostanza e pronti a dare tutta l'assistenza e l'aiuto possibile al governo di Tokyo'', ha affermato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Intanto l'unità di crisi della Farnesina ha consigliato agli italiani che si trovano nel sud del Giappone di tenersi informati sull'evolversi della situazione attraverso i mass media o il proprio agente di viaggio. L'Ambasciata d'Italia a Tokyo ha istituito una cellula di crisi per contattare gli italiani presenti nelle zone maggiormente colpite dal sisma e assisterli se necessario.
KYODO, PROBABILE PIU' DI 1.000 MORTI - E' probabile che siano più di 1.000 le vittime del violento terremoto e dello tsunami che oggi ha devastato il Giappone. Lo riferisce l'agenzia ufficiale giapponese Kyodo.
1.800 CASE SPAZZATE VIA A FUKUSHIMA - Il ministero della Difesa giapponese ha reso noto che da una prima ricognizione sono state spazzate via 1.800 case nella prefettura di Fukushima. Lo riferisce l'agenzia Kyodo.
JIJI PRESS, SCOMPARSO UN SECONDO TRENO - Un secondo treno è scomparso dopo il passaggio dello tsunami seguito al violento terremoto che ha colpito oggi il Giappone. Il secondo convoglio è scomparso nella prefettura di Iwate, sempre nel nord est. Lo riferisce l'agenzia di stampa Jiji Press senza precisare se si tratti di un treno passeggeri o merci.
TV ASAHI, 337 MORTI E 531 DISPERSI - Il bilancio delle vittime del sisma, accompagnato da una potentissima serie di tsunami, continua ad aggravarsi: secondo la Tv Asahi, i morti sono 337 e i dispersi 531.
GOVERNO,RISCHI SCOSSE FORTI COME PRIMA - Il pericolo di nuove scosse non e' affatto scongiurato. Anzi, il capo di gabinetto del governo, Yukio Edano, in un breve briefing all'unita' di crisi presso l'ufficio del primo ministro, ha invitato a ''essere pronti anche a fronteggiare scosse forti come quella iniziale''.
CROLLA DIGA FUKUSHIMA,CASE SPAZZATE VIA - Un diga nella prefettura di Fukushima si è spezzata riversando tutta l'acqua a valle che ha spazzato via decine di case. Lo riferisce l'agenzia Kyodo, anche se non è chiara l'entità delle conseguenze.
SISMA GIAPPONE: HA SPOSTATO ASSE TERRA - E' praticamente certo, secondo gli esperti, che il terremoto di magnitudo 8,9 che ha colpito il Giappone ha provocato lo spostamento dell'asse terrestre. Tuttavia è ancora molto presto per determinarne l'entità. Secondo una prima stima dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) l'asse si è spostato di "quasi 10 centimetri", ma per il Centro di Geodesia spaziale dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi) è necessario raccogliere ancora molte misure prima di avere la misura esatta.
200-300 CADAVERI SU SPIAGGIA SENDAI - Tra 200 e 300 cadaveri sono stati ritrovati su una spiaggia di Sendai, nell'isola di Honshu nel nord-est del Giappone, colpita dallo tsunami seguito al terremoto che ha devastato oggi il Giappone. Lo riferisce l'agenzia di stampa giapponese Jiji.
STATO EMERGENZA CENTRALE NUCLEARE - Il governo giapponese ha dichiarato lo stato di emergenza per la centrale nucleare di Onagawa nella prefettura di Miyagi, in seguito al violento terremoto che ha colpito oggi il Giappone. Lo riferisce la Bbc. Il governo fa anche sapere che il processo di raffreddamento di uno dei reattori non sta procedendo come previsto.
TSUNAMI SU NAVE CON 100 PERSONE - Una nave con a bordo 100 persone è stata travolta dallo tsunami che ha colpito il nord est del Giappone. Lo riferisce l'agenzia di stampa Kyodo
PIEGATA ANTENNA TOKYO TOWER - L'antenna in cima alla Tokyo Tower, il simbolo della capitale nipponica e della ricostruzione post-bellica, si è piegata a causa delle scosse di terremoto del pomeriggio. Lo riferiscono le tv nipponiche.
TSUNAMI 10 METRI IN CITTA' SENDAI - Uno tsunami di 10 metri ha raggiunto la città di Sendai, mentre nella prefettura di Aomori, più a nord sempre nell'isola di Honshu, si sarebbero avuto onde addirittura più alte. Lo riferisce Fuji Television.
ALLERTA TSUNAMI PRATICAMENTE TUTTO PACIFICO - L'allerta tsunami è stata decretata in tutto il Pacifico tranne che per Stati Uniti e Canada continentali. I paesi in cui è in vigore un'allerta sono in particolare Russia, Taiwan, Filippine, Indonesia, Papua Nuova Guinea, Australia, Nuova Zelanda, Figi, Messico, Guatemala, El Salvador, Costa Rica, Nicaragua, Panama, Honduras, Cile, Ecuador, Colombia e Perù. Per il momento non si ha notizia di gravi tsunami al difuori del Giappone
Ma il governo giapponese ha dichiarato lo stato di emergenza per la centrale nucleare di Onagawa nella prefettura di Miyagi e ha fatto anche sapere che il processo di raffreddamento di uno dei reattori non sta procedendo come previsto, dopo che un inizio di incendio era stato segnalato in un edificio che ospita una turbina nella stessa centrale. Secondo stime dei media, il terremoto, uno dei piu' violenti da quando viene misurata la magnitudo dei sisma ha causato almeno 42 morti ma si teme che il bilancio possa aumentare dato che una nave con circa 100 persone a bordo è stata travolta dallo tsunami.
Inoltre un muro d'acqua alto 10 metri ha raggiunto la città di Sendai, nell'isola di Honshu nel nord-est del Giappone, dove il mare si è spinto fino a cinque chilometri all'interno della prefettura di Fukushima, dove - alemno secondo le prime informazioni - si concentra il maggio numero di vittime. Come mostrano immagini tv che rievocano quelle del disastroso tsunami che colpì l'Indonesia nel dicembre 2004 provocando almeno 130 mila morti. La prima scossa, seguita poi da altre di assestamento, è stata registrata alle 14.46 locali (le 6.46 in Italia) e un allerta tsunami è stato decretato in tutto l'Oceano tranne che per Stati Uniti e Canada continentali. In particolare è in vigore in Russia, Filippine, Indonesia, Papua Nuova Guinea, Australia, Figi, Messico, Guatemala, El Salvador, Costa Rica, Nicaragua, Panama, Honduras, Cile, Ecuador, Colombia e Perù. Mentre poco fa l'allarme e' stato revocato per Taiwan e Nuova Zelanda.
Evacuazioni sono state ordinate alle Hawaii e in varie zone costiere di altri paesi. Nella capitale giapponese, l'antenna della Tokyo Tower, il simbolo della citta' nipponica e della ricostruzione post-bellica, si è piegata. Fra l'altro, un vasto incendio è scoppiato in una raffineria a Iichihara. Il ministro degli Esteri giapponese, Takeaki Matsumoto, ha dato annunciato che il paese accettera' aiuti internazionali: L'Italia ha gia' risposto all'appello, insieme con Germania, Francia, Gran Bretagna e Cina. ''Siamo vicini al popolo giapponese in questa tragica circostanza e pronti a dare tutta l'assistenza e l'aiuto possibile al governo di Tokyo'', ha affermato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Intanto l'unità di crisi della Farnesina ha consigliato agli italiani che si trovano nel sud del Giappone di tenersi informati sull'evolversi della situazione attraverso i mass media o il proprio agente di viaggio. L'Ambasciata d'Italia a Tokyo ha istituito una cellula di crisi per contattare gli italiani presenti nelle zone maggiormente colpite dal sisma e assisterli se necessario.
KYODO, PROBABILE PIU' DI 1.000 MORTI - E' probabile che siano più di 1.000 le vittime del violento terremoto e dello tsunami che oggi ha devastato il Giappone. Lo riferisce l'agenzia ufficiale giapponese Kyodo.
1.800 CASE SPAZZATE VIA A FUKUSHIMA - Il ministero della Difesa giapponese ha reso noto che da una prima ricognizione sono state spazzate via 1.800 case nella prefettura di Fukushima. Lo riferisce l'agenzia Kyodo.
JIJI PRESS, SCOMPARSO UN SECONDO TRENO - Un secondo treno è scomparso dopo il passaggio dello tsunami seguito al violento terremoto che ha colpito oggi il Giappone. Il secondo convoglio è scomparso nella prefettura di Iwate, sempre nel nord est. Lo riferisce l'agenzia di stampa Jiji Press senza precisare se si tratti di un treno passeggeri o merci.
TV ASAHI, 337 MORTI E 531 DISPERSI - Il bilancio delle vittime del sisma, accompagnato da una potentissima serie di tsunami, continua ad aggravarsi: secondo la Tv Asahi, i morti sono 337 e i dispersi 531.
GOVERNO,RISCHI SCOSSE FORTI COME PRIMA - Il pericolo di nuove scosse non e' affatto scongiurato. Anzi, il capo di gabinetto del governo, Yukio Edano, in un breve briefing all'unita' di crisi presso l'ufficio del primo ministro, ha invitato a ''essere pronti anche a fronteggiare scosse forti come quella iniziale''.
CROLLA DIGA FUKUSHIMA,CASE SPAZZATE VIA - Un diga nella prefettura di Fukushima si è spezzata riversando tutta l'acqua a valle che ha spazzato via decine di case. Lo riferisce l'agenzia Kyodo, anche se non è chiara l'entità delle conseguenze.
SISMA GIAPPONE: HA SPOSTATO ASSE TERRA - E' praticamente certo, secondo gli esperti, che il terremoto di magnitudo 8,9 che ha colpito il Giappone ha provocato lo spostamento dell'asse terrestre. Tuttavia è ancora molto presto per determinarne l'entità. Secondo una prima stima dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) l'asse si è spostato di "quasi 10 centimetri", ma per il Centro di Geodesia spaziale dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi) è necessario raccogliere ancora molte misure prima di avere la misura esatta.
200-300 CADAVERI SU SPIAGGIA SENDAI - Tra 200 e 300 cadaveri sono stati ritrovati su una spiaggia di Sendai, nell'isola di Honshu nel nord-est del Giappone, colpita dallo tsunami seguito al terremoto che ha devastato oggi il Giappone. Lo riferisce l'agenzia di stampa giapponese Jiji.
STATO EMERGENZA CENTRALE NUCLEARE - Il governo giapponese ha dichiarato lo stato di emergenza per la centrale nucleare di Onagawa nella prefettura di Miyagi, in seguito al violento terremoto che ha colpito oggi il Giappone. Lo riferisce la Bbc. Il governo fa anche sapere che il processo di raffreddamento di uno dei reattori non sta procedendo come previsto.
TSUNAMI SU NAVE CON 100 PERSONE - Una nave con a bordo 100 persone è stata travolta dallo tsunami che ha colpito il nord est del Giappone. Lo riferisce l'agenzia di stampa Kyodo
PIEGATA ANTENNA TOKYO TOWER - L'antenna in cima alla Tokyo Tower, il simbolo della capitale nipponica e della ricostruzione post-bellica, si è piegata a causa delle scosse di terremoto del pomeriggio. Lo riferiscono le tv nipponiche.
TSUNAMI 10 METRI IN CITTA' SENDAI - Uno tsunami di 10 metri ha raggiunto la città di Sendai, mentre nella prefettura di Aomori, più a nord sempre nell'isola di Honshu, si sarebbero avuto onde addirittura più alte. Lo riferisce Fuji Television.
ALLERTA TSUNAMI PRATICAMENTE TUTTO PACIFICO - L'allerta tsunami è stata decretata in tutto il Pacifico tranne che per Stati Uniti e Canada continentali. I paesi in cui è in vigore un'allerta sono in particolare Russia, Taiwan, Filippine, Indonesia, Papua Nuova Guinea, Australia, Nuova Zelanda, Figi, Messico, Guatemala, El Salvador, Costa Rica, Nicaragua, Panama, Honduras, Cile, Ecuador, Colombia e Perù. Per il momento non si ha notizia di gravi tsunami al difuori del Giappone
giovedì 10 marzo 2011
LIBIA:La Francia è pronta a bombardare
ROMA - In Libia le forze fedeli a Gheddafi continuano a martellare dall'aria e dal mare le postazioni dei ribelli attorno alla città petrolifera di Ras Lanuf, e l'offensiva si spinge sempre più a est, mentre in Tripolitania il regime assicura di aver riconquistato Zawiya.
'Bengasi stiamo arrivando'. Il figlio di Gheddafi, Saif al Islam, preannuncia un attacco totale contro gli insorti. E mentre la Nato spiega che le azioni militari arriveranno solo con un mandato dell'Onu, la Francia si dice pronta a colpire, anche da sola. La Casa Bianca annuncia: contatti diretti con gli insorti.
Parlamento europeo: prepararsi a possibile istituzione di una 'no-fly zone'. Presidente Ue Van Rompuy: il Raìs deve lasciare il potere. E per le monarchie del Golfo il regime libico ha perso la sua legittimità e devono essere stabiliti contatti con gli insorti.
NATO, AZIONI MILITARI SOLO CON RISOLUZIONE ONU - Qualsiasi azione di tipo militare della Nato, necessiterà di "un chiaro mandato del consiglio di sicurezza delle nazioni unite", ha sottolineato il segretario della Nato Anders Fogh Rasmussen, nel corso dei una conferenza stampa. Rasmussen ha specificato che tale nuovo mandato servirebbe anche per un "monitoraggio rinforzato dell'embargo sulle armi" imposto alla Libia dalla risoluzione 1970.
SAIF, PRESTO OFFENSIVA TOTALE CONTRO RIBELLI - La Libia sta preparando un'offensiva totale contro i ribelli. Lo ha detto il figlio del leader libico Muammar Gheddafi, Saif al Islam, in un'intervista all'agenzia Reuters. "E' tempo per la liberazione. E' tempo per l'azione. Adesso é tempo di agire", ha aggiunto il figlio del colonnello. "Il popolo libico non accoglierà mai la Nato, non accoglierà mai gli americani. La Libia non è un pezzo di torta", ha detto Saif Gheddafi.
"Voglio dire una cosa a Bengasi, stiamo arrivando. Vedo la vittoria davanti ai miei occhi". Lo dice Saif al Islam intervenendo davanti al comitato popolare giovanile di Tripoli.
"I disordini nel Paese sono organizzati da gente che vive all'estero, a Londra e a New York. Avete visto i loro figli con le armi combattere a Bengasi?", così Saif Gheddafi arringando i giovani in una tenda a Tripoli. "Quattromila volontari solo ieri si sono arruolati nell'esercito: vogliono marciare verso est per liberare i propri cari, ostaggio di queste bande di criminali. Vedo la vittoria chiaramente davanti ai miei occhi. Li faremo fuggire sulle navi britanniche che hanno attraccato a Bengasi", ha aggiunto concludendo con ironia "sempre che la regina d'Inghilterra non voglia mandare a combattere qui i soldati con la gonna". "Libereremo la Libia" ha poi assicurato il figlio del leader libico scatenando le grida di gioia del migliaio di giovani presenti.
FRANCIA PRONTA A COLPIRE DA SOLA, NOUVEL OBS - Secondo fonti ben informate citate da Le Nouvel Observateur, il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha assicurato ai due interlocutori libici rappresentanti dell'opposizione che ha ricevuto all'Eliseo stamane, che Parigi è pronta, "se necessario, ad effettuare bombardamenti anche da sola".
CASA BIANCA, CONTATTI DIRETTI CON INSORTI - Gli Stati Uniti sono in contatto diretto con la opposizione in Libia, ha ribadito oggi il portavoce della Casa Bianca Jay Carney. "Siamo in contatto diretto con la opposizione - ha detto Carney durante il briefing quotidiano - questo include importanti membri del Consiglio e altre persone in Libia". "Ci stiamo coordinando con la opposizione per determinare il modo migliore per sostenere le loro aspirazioni", ha aggiunto il portavoce della Casa Bianca.
BBC, LIBERATO GIORNALISTA BRASILIANO - Il giornalista brasiliano Andrei Netto è stato liberato e si trova adesso alla Ambasciata brasiliana di Tripoli: lo ha riferito il suo giornale, 'O Estado de Sao Paulo' alla BBC. Il reporter era in stato d'arresto dal 6 marzo scorso, dopo essere stato fermato nella zona di Zawiya, insieme a un reporter del Guardian, del quale invece, stando alla BBC, non vi sarebbero ancora notizie.
VAN ROMPUY,REGIME GHEDDAFI LASCI SUBITO POTERE - "L'attuale leadership libica deve lasciare il potere senza ritardi": lo afferma il presidente della Ue, Herman Van Rompuy, in un messaggio inviato ai leader europei che si riuniranno domani a Bruxelles per fare il punto sulla crisi in Libia.
"La situazione in Libia è molto preoccupante - afferma Van Rompuy - e il nostro messaggio alle autorità libiche sarà molto chiaro: l'uso della forza contro i cittadini deve finire" e il regime deve lasciare il potere subito. Il Consiglio europeo di domani discuterà quindi su come la Ue può aiutare il popolo libico, spiega il presidente della Ue, sottolineando come l'obiettivo sia quello di "assicurare una transizione verso la democrazia". C'é poi da affrontare "la crisi umanitaria che si sta sviluppando in Libia e ai suoi confini". "Quello che sta accadendo ai confini meridionali dell'Europa - aggiunge Van Rompuy - è veramente unico. Un cambiamento irreversibile è già avvenuto in Egitto e in Tunisia, e il Consiglio europeo discuterà su come offrire all'intera regione prospettive positive. Dobbiamo aiutare a trasformare la Primavera araba in un vero nuovo inizio".
FRATTINI, NO ITALIA A BOMBARDAMENTI MIRATI - "L'Italia non parteciperà a bombardamenti mirati su territorio libico". Lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini a Bruxelles al termine della riunione straordinaria dei capi delle diplomazie dei 27 sulla Libia. Il titolare della Farnesina ha comunque riferito che durante la riunione di questo non si è discusso.
SARKOZY PROPORRA' A UE BOMBARDAMENTI MIRATI - Il presidente francese Nicolas Sarkozy intende proporre ai partner dell'Unione europea "bombardamenti aerei mirati" in Libia. E' quanto riferiscono fonti vicine al dossier, spiegando che il capo dell'Eliseo vuole anche criptare i sistemi di trasmissione del comando del colonnello Muhammar Gheddafi.
STRASBURGO, UE RICONOSCA CNT E PENSI NO FLY ZONE - Il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza (584 sì, 18 no, 18 astenuti) una risoluzione che chiede ai governi Ue di riconoscere il Consiglio nazionale della transizione libico come l'autorità che rappresenta ufficialmente l'opposizione libica. Il testo invita inoltre l'Unione europea a prepararsi alla possibile istituzione di una 'no-fly zone' per impedire a Gheddafi di colpire la popolazione e aiutare il rimpatrio di chi fugge dalla violenza.
L'eventuale istituzione della "no-fly zone" dovrebbe avvenire non unilateralmente ma solo dopo una risoluzione in tale senso dell'Onu ed in coordinamento con Lega Araba e Unione Africana. Nel testo infatti si invitano i governi Ue a "tenersi pronti per una decisione nell'ambito del Consiglio di sicurezza dell'Onu circa ulteriori misure, compresa la possibilità di prevedere una zona di interdizione al volo". Durante il dibattito di ieri, solo il gruppo GUE (Sinistra Unita) si era espresso contro la "no-fly zone". Nella risoluzione si chiede alla rappresentante per la politica estera Ue, Catherine Ashton, di "stabilire contatti" con i rappresentanti dei ribelli del Consiglio nazionale per la transizione, con l'obiettivo di dare il via al riconoscimento internazionale dell'ente. Martedì scorso tale contatto informale è già avvenuto in un incontro a Strasburgo con una delegazione del Consiglio nazionale di transizione libico guidata dal 'ministro' Mahmoud Jebril che era stato invitato al Parlamento europeo dal gruppo liberaldemocratico (Alde). Il Parlamento chiede anche a Gheddafi di lasciare il potere e condanna con forza la sistematica violazione dei diritti umani in Libia.
L'Italia per il momento, oltre a non aver aderito alle iniziative, per ora unilaterali, della Francia, ha ribadito anche nelle ultime ore la sua posizione: quella cioe' di essere pronta a tutte quelle iniziative che verranno decise di comune accordo in ambito internazionale, a partire dalle eventuali determinazioni del Consiglio europeo di domani fino alle risoluzioni dell'Onu. E' anche vero pero' che il nostro paese si trova, come detto, in una delicata posizione geopolitica. E' il paese europeo che tradizionalmente ha rapporti (soprattutto commerciali ed economici) piu' di altri con la Libia ed e' di fatto la frontiera mediterranea dell'Ue. Una posizione, quella del nostro paese, che la porterebbe ad essere il primo paese ''invaso'' dalle migliaia di profughi che decidano di scappare dalla polveriera nordadfricana.
E quindi forse nel ruolo che l'Italia ha ormai da decenni con la Libia, eni suoi rapoproti economici che la vedono un partner privilegiato (Basta citare l'Eni) negli scambi commerciali con il paese di Tripoli che va cercato il motivo dell'azione francese. E' forse questa l'occasione, potrebbero aver pensato in Francia, per mettere una volta per tutte in difficolta' l'Italia e i suoi legami in campo energetico con la Libia per poi magari prenderne il posto attraverso nuovi rapporti, nuove amicizie, nuovi governi.
ULTIM'ORA
(AGI) Londra - Per la Francia e il Regno Unito Muammar Gheddafi deve lasciare il potere e il Consiglio Nazionale Provvisorio di Bengasi e' un'entita' politica affidabile e Parigi e Londra sono pronti ad aiutare concretamente l'opposizione istituendo una no-fly zone. Questa la posizione espressa in un comunicato congiunto dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dal premier britannico David Cameron, capofila del 'redde rationem' tra i Ventisette .
'Bengasi stiamo arrivando'. Il figlio di Gheddafi, Saif al Islam, preannuncia un attacco totale contro gli insorti. E mentre la Nato spiega che le azioni militari arriveranno solo con un mandato dell'Onu, la Francia si dice pronta a colpire, anche da sola. La Casa Bianca annuncia: contatti diretti con gli insorti.
Parlamento europeo: prepararsi a possibile istituzione di una 'no-fly zone'. Presidente Ue Van Rompuy: il Raìs deve lasciare il potere. E per le monarchie del Golfo il regime libico ha perso la sua legittimità e devono essere stabiliti contatti con gli insorti.
NATO, AZIONI MILITARI SOLO CON RISOLUZIONE ONU - Qualsiasi azione di tipo militare della Nato, necessiterà di "un chiaro mandato del consiglio di sicurezza delle nazioni unite", ha sottolineato il segretario della Nato Anders Fogh Rasmussen, nel corso dei una conferenza stampa. Rasmussen ha specificato che tale nuovo mandato servirebbe anche per un "monitoraggio rinforzato dell'embargo sulle armi" imposto alla Libia dalla risoluzione 1970.
SAIF, PRESTO OFFENSIVA TOTALE CONTRO RIBELLI - La Libia sta preparando un'offensiva totale contro i ribelli. Lo ha detto il figlio del leader libico Muammar Gheddafi, Saif al Islam, in un'intervista all'agenzia Reuters. "E' tempo per la liberazione. E' tempo per l'azione. Adesso é tempo di agire", ha aggiunto il figlio del colonnello. "Il popolo libico non accoglierà mai la Nato, non accoglierà mai gli americani. La Libia non è un pezzo di torta", ha detto Saif Gheddafi.
"Voglio dire una cosa a Bengasi, stiamo arrivando. Vedo la vittoria davanti ai miei occhi". Lo dice Saif al Islam intervenendo davanti al comitato popolare giovanile di Tripoli.
"I disordini nel Paese sono organizzati da gente che vive all'estero, a Londra e a New York. Avete visto i loro figli con le armi combattere a Bengasi?", così Saif Gheddafi arringando i giovani in una tenda a Tripoli. "Quattromila volontari solo ieri si sono arruolati nell'esercito: vogliono marciare verso est per liberare i propri cari, ostaggio di queste bande di criminali. Vedo la vittoria chiaramente davanti ai miei occhi. Li faremo fuggire sulle navi britanniche che hanno attraccato a Bengasi", ha aggiunto concludendo con ironia "sempre che la regina d'Inghilterra non voglia mandare a combattere qui i soldati con la gonna". "Libereremo la Libia" ha poi assicurato il figlio del leader libico scatenando le grida di gioia del migliaio di giovani presenti.
FRANCIA PRONTA A COLPIRE DA SOLA, NOUVEL OBS - Secondo fonti ben informate citate da Le Nouvel Observateur, il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha assicurato ai due interlocutori libici rappresentanti dell'opposizione che ha ricevuto all'Eliseo stamane, che Parigi è pronta, "se necessario, ad effettuare bombardamenti anche da sola".
CASA BIANCA, CONTATTI DIRETTI CON INSORTI - Gli Stati Uniti sono in contatto diretto con la opposizione in Libia, ha ribadito oggi il portavoce della Casa Bianca Jay Carney. "Siamo in contatto diretto con la opposizione - ha detto Carney durante il briefing quotidiano - questo include importanti membri del Consiglio e altre persone in Libia". "Ci stiamo coordinando con la opposizione per determinare il modo migliore per sostenere le loro aspirazioni", ha aggiunto il portavoce della Casa Bianca.
BBC, LIBERATO GIORNALISTA BRASILIANO - Il giornalista brasiliano Andrei Netto è stato liberato e si trova adesso alla Ambasciata brasiliana di Tripoli: lo ha riferito il suo giornale, 'O Estado de Sao Paulo' alla BBC. Il reporter era in stato d'arresto dal 6 marzo scorso, dopo essere stato fermato nella zona di Zawiya, insieme a un reporter del Guardian, del quale invece, stando alla BBC, non vi sarebbero ancora notizie.
VAN ROMPUY,REGIME GHEDDAFI LASCI SUBITO POTERE - "L'attuale leadership libica deve lasciare il potere senza ritardi": lo afferma il presidente della Ue, Herman Van Rompuy, in un messaggio inviato ai leader europei che si riuniranno domani a Bruxelles per fare il punto sulla crisi in Libia.
"La situazione in Libia è molto preoccupante - afferma Van Rompuy - e il nostro messaggio alle autorità libiche sarà molto chiaro: l'uso della forza contro i cittadini deve finire" e il regime deve lasciare il potere subito. Il Consiglio europeo di domani discuterà quindi su come la Ue può aiutare il popolo libico, spiega il presidente della Ue, sottolineando come l'obiettivo sia quello di "assicurare una transizione verso la democrazia". C'é poi da affrontare "la crisi umanitaria che si sta sviluppando in Libia e ai suoi confini". "Quello che sta accadendo ai confini meridionali dell'Europa - aggiunge Van Rompuy - è veramente unico. Un cambiamento irreversibile è già avvenuto in Egitto e in Tunisia, e il Consiglio europeo discuterà su come offrire all'intera regione prospettive positive. Dobbiamo aiutare a trasformare la Primavera araba in un vero nuovo inizio".
FRATTINI, NO ITALIA A BOMBARDAMENTI MIRATI - "L'Italia non parteciperà a bombardamenti mirati su territorio libico". Lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini a Bruxelles al termine della riunione straordinaria dei capi delle diplomazie dei 27 sulla Libia. Il titolare della Farnesina ha comunque riferito che durante la riunione di questo non si è discusso.
SARKOZY PROPORRA' A UE BOMBARDAMENTI MIRATI - Il presidente francese Nicolas Sarkozy intende proporre ai partner dell'Unione europea "bombardamenti aerei mirati" in Libia. E' quanto riferiscono fonti vicine al dossier, spiegando che il capo dell'Eliseo vuole anche criptare i sistemi di trasmissione del comando del colonnello Muhammar Gheddafi.
STRASBURGO, UE RICONOSCA CNT E PENSI NO FLY ZONE - Il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza (584 sì, 18 no, 18 astenuti) una risoluzione che chiede ai governi Ue di riconoscere il Consiglio nazionale della transizione libico come l'autorità che rappresenta ufficialmente l'opposizione libica. Il testo invita inoltre l'Unione europea a prepararsi alla possibile istituzione di una 'no-fly zone' per impedire a Gheddafi di colpire la popolazione e aiutare il rimpatrio di chi fugge dalla violenza.
L'eventuale istituzione della "no-fly zone" dovrebbe avvenire non unilateralmente ma solo dopo una risoluzione in tale senso dell'Onu ed in coordinamento con Lega Araba e Unione Africana. Nel testo infatti si invitano i governi Ue a "tenersi pronti per una decisione nell'ambito del Consiglio di sicurezza dell'Onu circa ulteriori misure, compresa la possibilità di prevedere una zona di interdizione al volo". Durante il dibattito di ieri, solo il gruppo GUE (Sinistra Unita) si era espresso contro la "no-fly zone". Nella risoluzione si chiede alla rappresentante per la politica estera Ue, Catherine Ashton, di "stabilire contatti" con i rappresentanti dei ribelli del Consiglio nazionale per la transizione, con l'obiettivo di dare il via al riconoscimento internazionale dell'ente. Martedì scorso tale contatto informale è già avvenuto in un incontro a Strasburgo con una delegazione del Consiglio nazionale di transizione libico guidata dal 'ministro' Mahmoud Jebril che era stato invitato al Parlamento europeo dal gruppo liberaldemocratico (Alde). Il Parlamento chiede anche a Gheddafi di lasciare il potere e condanna con forza la sistematica violazione dei diritti umani in Libia.
L'Italia per il momento, oltre a non aver aderito alle iniziative, per ora unilaterali, della Francia, ha ribadito anche nelle ultime ore la sua posizione: quella cioe' di essere pronta a tutte quelle iniziative che verranno decise di comune accordo in ambito internazionale, a partire dalle eventuali determinazioni del Consiglio europeo di domani fino alle risoluzioni dell'Onu. E' anche vero pero' che il nostro paese si trova, come detto, in una delicata posizione geopolitica. E' il paese europeo che tradizionalmente ha rapporti (soprattutto commerciali ed economici) piu' di altri con la Libia ed e' di fatto la frontiera mediterranea dell'Ue. Una posizione, quella del nostro paese, che la porterebbe ad essere il primo paese ''invaso'' dalle migliaia di profughi che decidano di scappare dalla polveriera nordadfricana.
E quindi forse nel ruolo che l'Italia ha ormai da decenni con la Libia, eni suoi rapoproti economici che la vedono un partner privilegiato (Basta citare l'Eni) negli scambi commerciali con il paese di Tripoli che va cercato il motivo dell'azione francese. E' forse questa l'occasione, potrebbero aver pensato in Francia, per mettere una volta per tutte in difficolta' l'Italia e i suoi legami in campo energetico con la Libia per poi magari prenderne il posto attraverso nuovi rapporti, nuove amicizie, nuovi governi.
ULTIM'ORA
(AGI) Londra - Per la Francia e il Regno Unito Muammar Gheddafi deve lasciare il potere e il Consiglio Nazionale Provvisorio di Bengasi e' un'entita' politica affidabile e Parigi e Londra sono pronti ad aiutare concretamente l'opposizione istituendo una no-fly zone. Questa la posizione espressa in un comunicato congiunto dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dal premier britannico David Cameron, capofila del 'redde rationem' tra i Ventisette .
lunedì 7 marzo 2011
ULTIME DA RAS LANUF
RAS LANUF (LIBIA) - Alle porte di Ras Lanuf, ultimo avamposto della "Rivoluzione" sulla strada per Sirte, e poi Tripoli, c'é il punto di raccolta dei volontari: decine di giovani che aspettano solo di poter saltare sulla prima jeep diretta verso la prima linea, verso il villaggio di Ben Jawad, appena una quindicina di km più avanti, dove si combatte ferocemente, strada per strada. Ma la stessa Ras Lanuf è stata violentemente attaccata dalle forze fedeli a Gheddafi. Questa mattina, è stata bombardata di buonora. E i rivoluzionari che la presidiano sono orgogliosi di mostrare che ancora una volta "i caccia del colonnello hanno mancato l'obiettivo". Sono ansiosi di mostrare una grossa bomba inesplosa, ficcata nella sabbia del deserto, a pochi metri dalla strada, e dai loro depositi di armi.
"L'hanno sganciata meno di un'ora fa, ma noi siamo ancora qui e loro mordono la sabbia", dice Rajab Gargun, che arriva da Ben Jawad alla ricerca di munizioni e che fino a meno di tre settimane fa era sergente dell'esercito. Non finisce la frase che qualcuno grida: "C'é un caccia", e tutti guardano il cielo, mentre le tre o quattro batterie antiaeree nel raggio di poche centinaia di metri aprono il fuoco. Alla cieca, senza alcun ordine preciso. Raffiche ripetute, decine di colpi. Poi qualcuno dice: "Eccolo, è laggiù sulla raffineria", distante forse un paio di km. E di nuovo altre raffiche. All'orizzonte si vede appena un puntino nero, tra le nuvole. Allora Rajab riprende a parlare: "A Ben Jawad è ancora molto pericoloso. Non andate. I soldati e i mercenari di Gheddafi sono appostati ovunque. Sparano su tutto quello che si muove. Compresi i gatti". Di nuovo si interrompe.
Arrivano a grande velocità sei o sette pick-up e gli autisti, che si sporgono dai finestrini con il mitra in mano, gridano: "Yallah, yallah. Andiamo, andiamo a Bin Jawad". E il segnale che tutti aspettano. Partono raffiche di kalashnikov al cielo, e cori di "Allah Akbar", mentre frotte di volontari saltano sui cassoni delle auto. Che in un attimo, in un'atmosfera da 'Mad Max', ripartono sgommando e suonando forsennatamente il clacson. E facendo partire altre raffiche di armi automatiche. "A Ben Jawad - dice Rajab - non ci sono bandiere della Libia libera. Nessuno la porta al collo. Sarebbe un bersaglio. Gli abitanti sono ambigui. Alcuni hanno preso i soldi di Gheddafi e ora ospitano i suoi uomini, li aiutano a sembrare dei nostri. Ma noi li riconosciamo da come parlano. Dal loro accento, dal loro dialetto", dice ancora, aggiungendo: "Lì ognuno combatte da solo. Non abbiamo alcun capo". Ma "il comandante Salah" è un capo. E' li vicino, che controlla le sue armi e quelle dei suoi uomini, un gruppo di fedelissimi. E' molto rispettato. Quando la mattina passa per i checkpoint andando verso la prima linea, gli uomini lo riconoscono e lo salutano, con cori di invocazioni ad Allah e, naturalmente, con raffiche di mitra al cielo. Tuta mimetica, turbante alla Saladino, stivali lucidissimi e occhiali Ray Ban, Salah ha a sua volta lasciato l'esercito e ha abbracciato "la Jihad per la liberazione della Libia".
Non tradisce alcuna emozione quando dice: "Domani saremo a Sirte (distante 150 km) e poi, presto, a Tripoli", altri 450 km più avanti. Rapidamente finisce di caricare nel bagagliaio del suo suv le scorte di munizioni, vicino a quelle di pane. Poi parte verso Ben Jawad, dicendo "Ci vediamo dopo. Inshallah". Allo stesso tempo, dall'altra parte arrivano diverse ambulanze, a sirene spiegate. Trasportano i feriti della battaglia. Sono una quindicina. Tra di loro c'é anche un giornalista francese, che forse si è spinto troppo in avanti. Vengono ricoverati all'ospedale di Ajdabiya, a un centinaio di km a Nord-Est, nelle retrovie. Uno di loro, Mohammed, di 20 anni, giunto con mezzi di fortuna da Bengasi, oltre 370 km da Ras Lanuf, è ferito gravemente. Ma ha ancora la forza per denunciare che "i soldati di Gheddafi usano le donne e i bambini come scudi. Si nascondono dietro di loro e ci sparano addosso. Sono dei bastardi".
"L'hanno sganciata meno di un'ora fa, ma noi siamo ancora qui e loro mordono la sabbia", dice Rajab Gargun, che arriva da Ben Jawad alla ricerca di munizioni e che fino a meno di tre settimane fa era sergente dell'esercito. Non finisce la frase che qualcuno grida: "C'é un caccia", e tutti guardano il cielo, mentre le tre o quattro batterie antiaeree nel raggio di poche centinaia di metri aprono il fuoco. Alla cieca, senza alcun ordine preciso. Raffiche ripetute, decine di colpi. Poi qualcuno dice: "Eccolo, è laggiù sulla raffineria", distante forse un paio di km. E di nuovo altre raffiche. All'orizzonte si vede appena un puntino nero, tra le nuvole. Allora Rajab riprende a parlare: "A Ben Jawad è ancora molto pericoloso. Non andate. I soldati e i mercenari di Gheddafi sono appostati ovunque. Sparano su tutto quello che si muove. Compresi i gatti". Di nuovo si interrompe.
Arrivano a grande velocità sei o sette pick-up e gli autisti, che si sporgono dai finestrini con il mitra in mano, gridano: "Yallah, yallah. Andiamo, andiamo a Bin Jawad". E il segnale che tutti aspettano. Partono raffiche di kalashnikov al cielo, e cori di "Allah Akbar", mentre frotte di volontari saltano sui cassoni delle auto. Che in un attimo, in un'atmosfera da 'Mad Max', ripartono sgommando e suonando forsennatamente il clacson. E facendo partire altre raffiche di armi automatiche. "A Ben Jawad - dice Rajab - non ci sono bandiere della Libia libera. Nessuno la porta al collo. Sarebbe un bersaglio. Gli abitanti sono ambigui. Alcuni hanno preso i soldi di Gheddafi e ora ospitano i suoi uomini, li aiutano a sembrare dei nostri. Ma noi li riconosciamo da come parlano. Dal loro accento, dal loro dialetto", dice ancora, aggiungendo: "Lì ognuno combatte da solo. Non abbiamo alcun capo". Ma "il comandante Salah" è un capo. E' li vicino, che controlla le sue armi e quelle dei suoi uomini, un gruppo di fedelissimi. E' molto rispettato. Quando la mattina passa per i checkpoint andando verso la prima linea, gli uomini lo riconoscono e lo salutano, con cori di invocazioni ad Allah e, naturalmente, con raffiche di mitra al cielo. Tuta mimetica, turbante alla Saladino, stivali lucidissimi e occhiali Ray Ban, Salah ha a sua volta lasciato l'esercito e ha abbracciato "la Jihad per la liberazione della Libia".
Non tradisce alcuna emozione quando dice: "Domani saremo a Sirte (distante 150 km) e poi, presto, a Tripoli", altri 450 km più avanti. Rapidamente finisce di caricare nel bagagliaio del suo suv le scorte di munizioni, vicino a quelle di pane. Poi parte verso Ben Jawad, dicendo "Ci vediamo dopo. Inshallah". Allo stesso tempo, dall'altra parte arrivano diverse ambulanze, a sirene spiegate. Trasportano i feriti della battaglia. Sono una quindicina. Tra di loro c'é anche un giornalista francese, che forse si è spinto troppo in avanti. Vengono ricoverati all'ospedale di Ajdabiya, a un centinaio di km a Nord-Est, nelle retrovie. Uno di loro, Mohammed, di 20 anni, giunto con mezzi di fortuna da Bengasi, oltre 370 km da Ras Lanuf, è ferito gravemente. Ma ha ancora la forza per denunciare che "i soldati di Gheddafi usano le donne e i bambini come scudi. Si nascondono dietro di loro e ci sparano addosso. Sono dei bastardi".
mercoledì 2 marzo 2011
UCCISO MINISTRO PAKISTAN CRISTIANO
Il ministro pakistano per le Minoranze religiose, Shahbaz Bhatti, è stato ucciso questa mattina a Islamabad da un commando armato, vicino al mercato della capitale. Era l’unico cattolico nel governo pakistano. L’attentato è stato compiuto da un gruppo di uomini mascherati che hanno teso un agguato al ministro per strada. L’hanno tirato fuori dalla sua auto e hanno aperto il fuoco contro di lui, crivellandolo con 30 proiettili prima di fuggire su un’automobile. Il ministro è stato immediatamente trasportato all’ospedale Shifa, dove però i medici non sono riusciti a salvarlo. Gli assassini hanno lasciato sul luogo del delitto un manifestino: "Tehrik-e-Taliban Pakistan" (Ttp), un’organizzazione di militanti islamici che rivendica l’assassinio di Bhatti per aver parlato contro la legge sulla blasfemia. Shahbaz Bhatti era stato confermato di recente nel suo incarico di ministro per le Minoranze in un rimpasto governativo. Aveva difeso con coraggio Asia Bibi, la cristiana condannata a morte per blasfemia in base a false accuse. Apparteneva al Ppp, il partito progressista al governo. Dopo l’uccisione di Salman Taseer, governatore del Punjab, anche lui accusato dai fondamentalisti islamici di aver difeso Asia Bibi, Bhatti aveva detto di essere ora “il bersaglio più alto” dei radicali.
Le sue parole. Il SIR aveva incontrato Bhatti nel suo ufficio di Islamabad lo scorso mese di novembre, insieme ad altri giornalisti. In quell’occasione aveva annunciato l'intenzione di cambiare, entro due mesi, la legge sulla blasfemia, per evitarne gli abusi: "Questa legge, con false accuse di blasfemia, ha già fatto troppe vittime", aveva detto. Il suo ministero aveva anche istituito da poco "Interfaith cell", un numero verde contro le discriminazioni religiose. Bhatti era nato il 9 settembre 1968, in una famiglia cristiana originaria del villaggio di Kushpur. Dopo aver completato gli studi ha intrapreso la carriera politica nel Pakistan People's Party. Ha lavorato a stretto contatto con Benazir Bhutto, fino al momento dell’assassinio della leader pakistana. Secondo quanto riferisce Asianews, Bhatti era sul convoglio insieme alla Bhutto al momento dell’attentato e riportò solo ferite leggere. Bhatti era presidente dell'Apma (All Pakistan Minorities Alliance), un'organizzazione rappresentativa delle comunità emarginate e delle minoranze religiose del Pakistan. Secondo la Commissione nazionale giustizia e pace dei vescovi pakistani, dal 1986 al 2009 almeno 964 persone sono state incriminate per aver diffamato il profeta Maometto o profanato il Corano, tra i quali 479 musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e 10 di altre religioni.
Un fatto di terribile gravità. “L’assassinio del ministro pakistano per le minoranze, Shahbaz Bhatti, è un nuovo fatto di violenza di terribile gravità. Esso dimostra quanto siano giusti gli interventi insistenti del Papa a proposito della violenza contro i cristiani e contro la libertà religiosa in generale”. È quanto ha dichiarato padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, in risposta alle domande dei giornalisti sull’assassinio del ministro pakistano. “Bhatti – ha ricordato padre Lombardi – era il primo cattolico a ricoprire un tale incarico. Ricordiamo che era stato ricevuto dal Santo Padre nello scorso settembre e aveva dato testimonianza del suo impegno per la pacifica convivenza fra le comunità religiose del suo Paese”. “Alla preghiera per la vittima, alla condanna per l’inqualificabile atto di violenza, alla vicinanza ai cristiani pakistani così colpiti dall’odio – ha concluso il direttore della sala stampa – si unisce l’appello perché tutti si rendano conto dell’urgenza drammatica della difesa della libertà religiosa e dei cristiani oggetto di violenza e persecuzione”.
Una giornata nera per i cristiani. “È una giornata veramente nera per i cristiani in Pakistan”, una notizia “terribile che pone tutti noi in una situazione di gravissima emergenza”. È questo il commento a caldo, rilasciato al SIR da mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad e vice-presidente della Conferenza episcopale pakistan, appena appresa la notizia dell’assassinio del ministro Bhatti. Il vescovo ha saputo dell’omicidio telefonicamente, mentre era in un villaggio isolato lontano da Faisalabad. Ha cancellato tutti i suoi impegni e ora sta facendo ritorno in episcopato per riunirsi con la sua comunità, contattare gli altri vescovi e decidere cosa fare. “È una notizia terribile che mette noi cristiani in una situazione di gravissima emergenza – ci dice, ancora scosso –. I cristiani non sono solo tristi, ma anche arrabbiati, dovremo fare qualcosa per organizzarci da soli”. Secondo mons. Coutts, “oggi è una giornata veramente nera per i cristiani del Pakistan. Questo omicidio dimostra che nemmeno un ministro è al sicuro. L’anno scorso hanno ucciso il governatore del Punjab perché aveva assunto la stessa posizione del ministro Bhatti: questo ci dice quanto sia forte il fanatismo in Pakistan, mentre il governo non è in grado di arginarlo”. Il ministro Bhatti, ricorda il vescovo di Faisalabad, “è stato sempre chiaro e onesto sulle sue posizioni, ha sempre detto la verità, ha sempre saputo di essere in pericolo perché riceveva continue minacce. Eppure, nonostante ciò, ha sempre parlato a voce alta per difendere la verità. Questo è il motivo per cui i fanatici hanno voluto ridurlo al silenzio”. Mons. Coutts è un po’ sfiduciato nei confronti del governo pakistano, perché “non è in grado di proteggere la sua gente”. Perciò i cristiani dovranno trovare delle strade per difendersi da soli.
Le sue parole. Il SIR aveva incontrato Bhatti nel suo ufficio di Islamabad lo scorso mese di novembre, insieme ad altri giornalisti. In quell’occasione aveva annunciato l'intenzione di cambiare, entro due mesi, la legge sulla blasfemia, per evitarne gli abusi: "Questa legge, con false accuse di blasfemia, ha già fatto troppe vittime", aveva detto. Il suo ministero aveva anche istituito da poco "Interfaith cell", un numero verde contro le discriminazioni religiose. Bhatti era nato il 9 settembre 1968, in una famiglia cristiana originaria del villaggio di Kushpur. Dopo aver completato gli studi ha intrapreso la carriera politica nel Pakistan People's Party. Ha lavorato a stretto contatto con Benazir Bhutto, fino al momento dell’assassinio della leader pakistana. Secondo quanto riferisce Asianews, Bhatti era sul convoglio insieme alla Bhutto al momento dell’attentato e riportò solo ferite leggere. Bhatti era presidente dell'Apma (All Pakistan Minorities Alliance), un'organizzazione rappresentativa delle comunità emarginate e delle minoranze religiose del Pakistan. Secondo la Commissione nazionale giustizia e pace dei vescovi pakistani, dal 1986 al 2009 almeno 964 persone sono state incriminate per aver diffamato il profeta Maometto o profanato il Corano, tra i quali 479 musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e 10 di altre religioni.
Un fatto di terribile gravità. “L’assassinio del ministro pakistano per le minoranze, Shahbaz Bhatti, è un nuovo fatto di violenza di terribile gravità. Esso dimostra quanto siano giusti gli interventi insistenti del Papa a proposito della violenza contro i cristiani e contro la libertà religiosa in generale”. È quanto ha dichiarato padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, in risposta alle domande dei giornalisti sull’assassinio del ministro pakistano. “Bhatti – ha ricordato padre Lombardi – era il primo cattolico a ricoprire un tale incarico. Ricordiamo che era stato ricevuto dal Santo Padre nello scorso settembre e aveva dato testimonianza del suo impegno per la pacifica convivenza fra le comunità religiose del suo Paese”. “Alla preghiera per la vittima, alla condanna per l’inqualificabile atto di violenza, alla vicinanza ai cristiani pakistani così colpiti dall’odio – ha concluso il direttore della sala stampa – si unisce l’appello perché tutti si rendano conto dell’urgenza drammatica della difesa della libertà religiosa e dei cristiani oggetto di violenza e persecuzione”.
Una giornata nera per i cristiani. “È una giornata veramente nera per i cristiani in Pakistan”, una notizia “terribile che pone tutti noi in una situazione di gravissima emergenza”. È questo il commento a caldo, rilasciato al SIR da mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad e vice-presidente della Conferenza episcopale pakistan, appena appresa la notizia dell’assassinio del ministro Bhatti. Il vescovo ha saputo dell’omicidio telefonicamente, mentre era in un villaggio isolato lontano da Faisalabad. Ha cancellato tutti i suoi impegni e ora sta facendo ritorno in episcopato per riunirsi con la sua comunità, contattare gli altri vescovi e decidere cosa fare. “È una notizia terribile che mette noi cristiani in una situazione di gravissima emergenza – ci dice, ancora scosso –. I cristiani non sono solo tristi, ma anche arrabbiati, dovremo fare qualcosa per organizzarci da soli”. Secondo mons. Coutts, “oggi è una giornata veramente nera per i cristiani del Pakistan. Questo omicidio dimostra che nemmeno un ministro è al sicuro. L’anno scorso hanno ucciso il governatore del Punjab perché aveva assunto la stessa posizione del ministro Bhatti: questo ci dice quanto sia forte il fanatismo in Pakistan, mentre il governo non è in grado di arginarlo”. Il ministro Bhatti, ricorda il vescovo di Faisalabad, “è stato sempre chiaro e onesto sulle sue posizioni, ha sempre detto la verità, ha sempre saputo di essere in pericolo perché riceveva continue minacce. Eppure, nonostante ciò, ha sempre parlato a voce alta per difendere la verità. Questo è il motivo per cui i fanatici hanno voluto ridurlo al silenzio”. Mons. Coutts è un po’ sfiduciato nei confronti del governo pakistano, perché “non è in grado di proteggere la sua gente”. Perciò i cristiani dovranno trovare delle strade per difendersi da soli.
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