IN QUESTO INTERESSANTISSIMO DOCUMENTO LE CATECHESI VENGONO PUNTUALMENTE COMMENTATE DA DON GINO CONTI. PRIMA C'E' IL TESTO DEGLI ORIENTAMENTI(QUELLO CHE KIKO NON VUOLE CHE SIA PUBBLICATO) E POI SEGUE LA NOTA DI COMMENTO DI DON GINO
giovedì 29 dicembre 2011
UN SEGRETO SVELATO di Don Gino CONTI
Sopra: la famosa croce rovesciata di K. Arguello
IN QUESTO INTERESSANTISSIMO DOCUMENTO LE CATECHESI VENGONO PUNTUALMENTE COMMENTATE DA DON GINO CONTI. PRIMA C'E' IL TESTO DEGLI ORIENTAMENTI(QUELLO CHE KIKO NON VUOLE CHE SIA PUBBLICATO) E POI SEGUE LA NOTA DI COMMENTO DI DON GINO
IN QUESTO INTERESSANTISSIMO DOCUMENTO LE CATECHESI VENGONO PUNTUALMENTE COMMENTATE DA DON GINO CONTI. PRIMA C'E' IL TESTO DEGLI ORIENTAMENTI(QUELLO CHE KIKO NON VUOLE CHE SIA PUBBLICATO) E POI SEGUE LA NOTA DI COMMENTO DI DON GINO
Il Movimento neocatecumenale, sorto in Spagna nel 1964 ad opera di Kiko Arguello, ha trovato in Italia, come nel resto del mondo, un'accoglienza di segno opposto: diocesi e parrocchie dove è accolto come un dono di Dio, altre, invece, dove è considerato un pericolo per la Chiesa, alla pari dei “Testimoni di Geova”.
I favorevoli portano a sostegno della loro adesione alcune motivazioni come: le foto di Kiko con il Papa e le parole elogiative del movimento pronunciate da Paolo VI e Giovanni Paolo II, in occasione di udienze; la diffusione ed accoglienza in numerose parrocchie del mondo intero; il riavvicinamento alla fede di molti che ne erano lontani; l'attività missionaria dei loro “itineranti”; i Seminari sorti ad opera di Kiko e che forniscono alla Chiesa vocazioni sacerdotali provenienti da tutto il mondo; la lettera del Papa del 30 agosto 1990 a S.E. Mons. Cordes!
Gli oppositori mettono in risalto, invece, alcuni aspetti negativi come: l'assenza prolungata (che può durare oltre 20 anni) dei neocatecumenali dalla vita della Parrocchia in cui sorgono; l'instaurazione, in queste, di una struttura che si presenta come parallela a quella ufficiale della Chiesa; l'emarginazione statutaria dei Sacerdoti o Parroci aderenti al movimento ridotti a semplici amministratori dell'Eucaristia e della Penitenza; l'obbedienza che questi devono ai catechisti del gruppo, ritenuti i veri ed esclusivi distributori della verità e dei carismi; l'eliminazione di tutti gli altri movimenti ecclesiali esistenti nelle Parrocchie; la trasformazione inesorabile delle medesime in una struttura dove ha diritto di vita soltanto il Movimento ed i suoi aderenti; il sorgere di una liturgia contraria alle disposizioni date in materia dall'autorità competente della Chiesa; certe confessioni pubbliche di peccati gravi; l'imposizione di princìpi, che si dicono derivanti dal Vangelo, che distruggono o separano le famiglie anche sul piano economico, e specialmente la dottrina da essi professata che in molti punti è in contrasto con quella insegnata dalla Chiesa.
Un'esperienza diretta della vita del movimento ha portato a riconoscere, dove più dove meno, l'esistenza dei motivi sia favorevoli che contrari, più sopra riportati. Ma ciò non era sufficiente, a nostro parere, per formulare un giudizio più approfondito. Per questo un gruppo di sacerdoti e di laici, è riuscito ad arrivare, dopo anni di ricerca, a ciò che è considerato la fonte, la base dottrinale del movimento: il testo, cioè, che raccoglie la conversazioni avute da Kiko e Carmen, ai catechisti di Madrid nel 1972 e edito nel 1982 in Italia. Questo testo è considerato, a testimonianza degli stessi catechisti, il principale ed ufficiale documento che serve per la formazione degli aderenti al movimento neocatecumenale.
L'esame accurato di questo documento, che risulta custodito con la massima segretezza, e che viene fatto conoscere per intero solo a pochissime persone mentre è nascosto alla quasi totalità dei Vescovi e dei sacerdoti, ha permesso di concludere che il comportamento dei neocatecumenali e quanto essi dicevano o facevano nelle varie comunità, non era il frutto delle esagerazioni di qualche soggetto non sufficientemente catechizzato, ma proveniva dai princìpi contenuti nel testo stesso che, dopo una lunga e martellante catechesi, diventavano convinzioni profonde tanto da determinare le scelte e la vita di tutti gli aderenti.
L'esame inoltre ha rivelato che, al di là di pagine valide e certamente gradite, vi sono insegnamenti che, sul piano dogmatico, sono molto difformi e talvolta completamente in opposizione all'insegnamento della fede cattolica, impartito dalla Chiesa.
Dopo questa scoperta, i ricercatori hanno inteso come preciso dovere di cristiani e di sacerdoti pubblicare i risultati della loro fatica a vantaggio degli stessi fratelli neocatecumenali, tra i quali essi annoverano tanti amici e fratelli di fede. Nel frattempo facevano presente ai Vescovi italiani ed ai più alti organi della Chiesa, le loro perplessità.
Dopo tanti anni di attesa e richieste di interventi e chiarificazioni rimaste sempre senza riscontro, mentre auspicano dalla Chiesa una risposta che sarà accolta con gratitudine e docilità, è sembrato doveroso rivolgere a quanti, dentro e fuori il Movimento, desiderano conoscere la verità, il presente lavoro.
In questo riporteremo i punti principali del testo dattiloscritto delle conferenze di Kiko e di Carmen dal titolo: “orientamenti alle equipes di catechisti per la fase di conversione. Appunti presi dai nastri degli incontri avuti da Kiko e Carmen per orientare le èquipes di catechisti di Madrid nel febbraio del 1972. La pubblicazione è stata curata dal Centro Neocatecumenale “Servo di Jahvé” in San Salvatore, Piazza San Salvatore in Campo - 00186 Roma - Tel.: 6541589 - Marzo 1982”, accompagnandoli da un nostro commento.
I fautori del movimento che inizialmente avevano negato l'esistenza di questo testo, non potendo più persistere nella negazione di ciò che moltissimi ormai conoscevano, ci hanno accusato di fare “estrapolazioni” non corrispondenti al vero pensiero degli autori. Oltre tutto, essi affermavano, quel testo è frutto di una raccolta delle catechesi fatta da alcuni membri del movimento. Sono perciò un semplice “canovaccio, una traccia”, non i testi originali di Kiko.
La nostra pubblicazione ha lo scopo di rompere la convinzione, radicatissima tra gli aderenti al “movimento”, della “sacralità, impeccabilità e intangibilità” di questo testo, mostrando loro come, sotto l’apparenza di frasi semplici e grondanti entusiasmo, si nascondano errori contro la fede della Chiesa. Di questi errori e della loro confutazione, si fanno soltanto dei brevi cenni, rimandando, per una trattazione più completa, ai testi specifici. Si dice che il testo di Kiko riporta soltanto alcune idee delle sue catechesi.
A parte che anche i titoli delle 95 tesi affisse nel 1517 da Lutero alla porta della Cattedrale di Wittemberg erano semplici proposizioni, da cui però incominciò lo scisma protestante, il fatto che questo “canovaccio” costituisce ancora la base delle catechesi impartite in tutte le comunità, ci ha indotto a ritenere che le idee contenute nel testo corrispondevano in pieno al pensiero degli autori.
Né Kiko né Carmen hanno mai smentito quanto veniva loro attribuito.
A conferma del rispetto che i N.C. hanno verso le catechesi di Kiko, si può addurre quanto ci hanno detto alcuni dirigenti del movimento: “I testi di Kiko non si toccano”.
Con questo lavoro vogliamo finalmente rompere il muro di mitica segretezza costruito intorno alle catechesi kikiane.
Non c'è alcuna animosità all'origine del nostro impegno. Siamo stati mossi da una esigenza di chiarezza su quanto riguarda la fede cattolica che professiamo ed amiamo, come pure dalle richieste di tanti fedeli desiderosi di sapere se la fede che avevano ricevuto dalla Chiesa, doveva essere abbandonata per adeguarla a quella impartita in questo testo. Con ciò non intendiamo affermare che tutta la catechesi di Kiko sia da rifiutare. Dopo un esame lungo, attento e sereno riteniamo che, pur essendovi delle catechesi valide, vivaci, attraenti, tuttavia in molti punti esse non corrispondono all'insegnamento della Chiesa. Su questi punti negativi si è soffermata la nostra analisi.
L’ultimo discorso tenuto dal Santo Padre Giovanni Paolo II il 24 gennaio 1997 agli aderenti alle comunità neocatecumenali indica che anche la più alta autorità della Chiesa segue con particolare vigilanza il Movimento. In attesa che venga completata la stesura di uno Statuto - condizione indispensabile per ottenere, come promette il Santo Padre, il formale riconoscimento giuridico da parte della Chiesa - questo nostro modesto ed umile lavoro intende porgere, senza alcuna presunzione, un aiuto a quanti, dentro e fuori il Cammino, lavoreranno a questo scopo.
A pagina 364 del suo testo, Kiko scrive: “Dì la verità al tuo fratello perché lo ami e non perché lo odi”. Con questo spirito è stato scritto e deve essere letto il presente lavoro.
L'AUTORE
Pag. 8 (3° capoverso)
“Tenete presente che questo cammino non è mai stato preconcepito, ma è il frutto di una esperienza vissuta”.
Nota: La storia degli ordini religiosi che si sono susseguiti nella Chiesa, ci dice che nessuno di essi è nato a tavolino con un programma preconcepito. Tutti sono frutti di esperienze, di successi e di insuccessi, di sacrifici e di preghiere. Talvolta sono passati molti anni prima che fossero scritte le costituzioni che fissavano i modi e i mezzi con cui raggiungere determinate finalità.
Non è perciò questo un merito esclusivo dei N.C. Come neppure che il “cammino” sia una novità, anche se tale è sembrata al neofita Kiko.
Pagg. 8 e 9 (2° capoverso)
“Desidero dire alcune cose importanti per salvaguardare l'unità del Cammino neocatecumenale. Dio, lo vogliamo o no, anche se qualcuno mi chiamerà presuntuoso, sta potenziando con Carismi e servizi una serie di persone che si trovano in questo cammino... Noi abbiamo presentato questo cammino ai Vescovi ....”
Nota: A parte il tono di auto esaltazione del suo operato, che si ripete più di qualche volta nel testo (vedi pag. 2: “parlate un po' di Carmen e di me”), vorremmo domandare quando mai i NC hanno presentato ai Vescovi questo testo che è la base teorica del loro cammino? Ci risulta che il 99% dei Vescovi e dei Sacerdoti non lo conoscono. Anche nei convegni internazionali organizzati dal movimento (San Domingo, Vienna, Roma ) e a cui sono stati invitati centinaia di Vescovi, Kiko pur parlando del suo movimento non ha mai consegnato uno solo dei suoi testi - Dal 28 al 31 gennaio 1993 vennero a Roma per ascoltare Kiko Arguello 130 tra Vescovi e Cardinali africani. Il raduno si svolse nell'hotel Villa Pamphili, via della Nocetta. Nell'ottobre del 1989 a Santo Domingo c'erano 120 Vescovi dell'America Latina. Nell'aprile del 1993 a Vienna 130 Vescovi Europei. Kiko che ha trovato centinaia e centinaia di milioni per pagare tutte le spese dei partecipanti a questi convegni, non ha trovato la somma necessaria per dare ad ognuno dei partecipanti una copia dei testi che si usano nelle catechesi neocatecumenali. San Paolo, nella lettera ai Galati (2,2) dice espressamente che pur avendo ricevuto per rivelazione diretta e non modellato sull'uomo, il Vangelo che egli annuncia, tuttavia sente il bisogno di esporlo agli apostoli che presiedevano la Chiesa di Gerusalemme (Pietro, Giacomo e Giovanni) per “non trovarsi nel rischio di correre o aver corso invano.”
Non sarebbe giusto che anche i neocatecumenali evitassero di correre questo rischio, facendo in modo che l'autorità della Chiesa, come fece per Paolo, si possa pronunciare non su un programma genericamente proposto, ma sulla dottrina in esso contenuto? Sembra che proprio questo non si voglia.
Mentre ogni Istituto religioso, quando chiede di lavorare in una diocesi, presenta le lettere credenziali o l'approvazione degli statuti avuta dal Papa o dai Vescovi, e nel caso che questa non sia stata ancora concessa, il testo delle proprie regole e costituzioni, perché i NC, da quando sono sorti, si rifiutano di far conoscere quanto dovrebbe apparire alla luce del sole?
Da testimonianze raccolte si è appreso inoltre che questo testo non è stato fatto conoscere neppure a qualche sacerdote che, per averlo accettato e introdotto nella sua parrocchia, avrebbe dovuto essere il primo a conoscerlo più profondamente. I catechisti laici gli dicevano che ancora non era maturo per poterlo leggere.
L’autore di questo studio il 3 aprile 1989 ha consegnato personalmente al Cardinal Vicario di Roma, presidente della C.E.I., il testo dei N.C. che egli non conosceva perché mai visto, né letto.
Pag. 11 (3° capoverso)
“Gesù Cristo è l'inviato del Padre per distruggere tutte le barriere che separano gli uomini e formare la Koinonìa, la Comunione tra gli uomini, la Chiesa. Quali barriere separano gli uomini? L'età: ... Altre barriere: donne e uomini; poveri e ricchi; intelligenti e non intelligenti. Gesù Cristo viene a rompere tutte queste barriere per creare tra noi la Comunione nel suo Sangue.”
Nota: Le idee qui esposte troveranno, nel corso della catechesi, uno sviluppo sempre maggiore!
Per i NC Gesù, il Figlio di Dio si è incarnato per distruggere le barriere che separano gli uomini: età, povertà, ignoranza, sesso, ecc. Questa può essere la convinzione di chi non riconosce Gesù come Figlio di Dio e di tanti atei che logicamente limitano l'attività di Cristo ad una redenzione puramente sociale dell'uomo, ma non del vero credente. Un cristiano sa dalla Rivelazione e dall'insegnamento della Chiesa, che Gesù è venuto, prima di tutto, per togliere la barriera che separa l'uomo da Dio: il peccato. È da questa iniziale e fondamentale separazione, che sono sgorgate poi tutte le altre. (cfr. C.C.C. n° 457, 461, 462, 549, 550, 599, 601, 602, 606, 607, 608 e 617).
Pag. 11 (4° e 6° capoverso)
“Ma qual'è la barriera fondamentale che sta sotto tutte le altre? Che cosa è che in fondo separa gli uomini? la paura della morte. ... a causa di essa siamo tutti schiavi del male. ... per questo non possiamo amare. ... Gesù è venuto ed è stato risuscitato dai morti dal padre per spezzare la morte e porre gli uomini in comunione.”
Nota: Per i neocatecumenali la paura della morte è la barriera fondamentale causa di tutte le altre che separano gli uomini. Poiché su questo punto, fondamentale per la dottrina neocatecumenale, Kiko ritornerà più sotto, quando commenterà a suo modo un passo della S. Scrittura (Eb 2,14-15), si rimanda a quel punto per una confutazione più particolareggiata. (vedi nota per la pag. 128 di Or.).
Pag. 13 (1°, 3°, 4° e 7° capoverso)
“Il regno di Dio sta arrivando con noi. ... La prima cosa da sperimentare ed accettare è che tu sei un povero che ha bisogno di salvezza. Per spiegare questo faremo ora due catechesi dei Vangeli. Ciò è relativamente nuovo, perché anticamente non si facevano. ... La prima è il racconto del cieco di Gerico (Mc 10,46-52).”
Nota: Premesso che “il Regno di Dio” è già arrivato con Cristo, noi cristiani della Domenica, insieme ai neocatecumenali, siamo chiamati ad attuare nel tempo, la sua realizzazione che si completerà solo alla fine dei tempi. Fino a quel giorno per la volontà di Gesù, il Regno di Dio sta crescendo con la collaborazione di tutti quelli che lo hanno accolto. In questa pagina inizia la serie delle auto esaltazioni che Kiko fa della sua opera (vedi pag. 34-68 ecc.), ma anche delle contraddizioni di cui è pieno il testo.
Così, mentre qui si afferma che le due catechesi riportate sono relativamente nuove perché non si facevano nella Chiesa primitiva, al 7° capoverso si dice che questa era una catechesi della Chiesa primitiva. Insomma: sono nuove o sono vecchie?
Quando si riferiscono dei dati storici, onestà e verità esigono chiarezza e precisione.
Pag. 15 (1° capoverso)
“Ti assicuro che se tu avessi fede per stare una notte intera a chiedere: Gesù abbi pietà di me, credendo che Gesù ha potere per curarti, quella notte saresti guarito da qualsiasi cosa, da qualsiasi vizio.”
Nota: Anche se Gesù assicura l'esaudimento delle nostre preghiere fatte con perseveranza, fede e abbandono in Dio, non ha mai, però, assicurato l'esaudimento di una notte di richieste (Cfr. Mt 21,22; 26,41; Lc 11,9; 21,36; 18,1). Un catechista non può proporre come verità le sue personali opinioni (cfr. C.C.C. n° 2562, 2563, 2610, 2616 e 2633).
Pag. 15 (2° e 3° capoverso)
“Questa preghiera: Gesù figlio di Davide abbi pietà di me, è la preghiera del cuore, la preghiera che i monaci orientali ripetono senza interruzione. è una preghiera che fa sgorgare le lacrime. All'improvviso dopo averla ripetuta quindicimila volte ti viene un amore a Gesù, un'illuminazione tanto grande... Sapete perché Dio non vi aiuta? Perché non chiedete.”
Nota: Anche se agli orientali piace ripetere la preghiera del pellegrino russo, chi può assicurarne, come fa Kiko, l'esaudimento immediato? Kiko che parla contro certi sentimenti magici introdotti, a suo parere, nel culto cristiano, non si accorge che con queste frasi sta alimentando una fede che si avvicina molto alla magia?
Nota: Kiko, da pag. 18 a pag. 19 afferma che “fino ad oggi la Chiesa ha condotto le persone a Gesù Cristo mediante i sacramenti, o “le presenze sacramentali di Gesù Cristo” (Tabernacolo - Chiesa - poveri - cielo ...).
Inizia, così, un'esposizione in cui l'azione della Chiesa è presentata in modo ambiguo. Certe affermazioni (per es.: la Chiesa ha insegnato che bisogna avere la direzione spirituale e obbedire ai preti; che bisogna andare al tabernacolo e pregare e domandare grazie ecc.) sembrano condite di sottile ironia, quasi a irridere un lavoro di tanti secoli, che ha portato frutti di santità e di vita cristiana. I sacerdoti di oggi come quelli del passato si sforzano, guidati dallo Spirito Santo che da sempre è l'anima della Chiesa, di condurre i fedeli ad avvicinarsi ai Sacramenti, sorgenti della Grazia, dopo averli istruiti nella fede, senza la quale i sacramenti sarebbero inefficaci. Pur riconoscendo la necessità di continui adattamenti pastorali, non si può affermare che nella Chiesa questa pastorale sia mancata o che manchi ai nostri giorni. Non ci sarebbero stati tanti buoni ed ottimi cristiani, tra cui vari santi canonizzati, se non ci fosse stata una adeguata catechesi da parte della Chiesa. Se i neocatecumenali promettono di farne una più incisiva, ben vengano. Ma senza condannare gli altri e senza volerli escludere. Cosa che, invece, fanno ovunque sorgono.
Da tutto il discorso su questo argomento, che si svolge in più pagine, emerge inoltre l'affermazione che è il miracolo fisico, ma specialmente quello morale (= dell'amore, del perdono) a far sorgere la fede, dimenticando che questa è un dono gratuito di Dio che l'uomo non può meritare (Ef 2,8; Gv 6,44; Eb 12,2). C'è odore di semipelagianesimo!
Pag. 21 (2° e 4° capoverso)
“Dobbiamo trovare una presenza di Gesù Cristo per la quale non sia necessario avere la fede, per la quale un uomo, pagano, ateo, un uomo desacralizzato, un tecnico, un pragmatico, che non ha fede in Gesù Cristo e non viene più alla Chiesa, vedendo questa presenza, questo segno, conosca Gesù Cristo. ... Nella parrocchia bisogna dare segni di fede”.
Nota: Per Kiko la fede nasce attraverso i segni della fede e la testimonianza della carità tra fratelli. Anche se a sostegno della sua tesi cita passi evangelici, egli dimentica tutto l'insieme dell'insegnamento rivelato. Non è possibile arrivare a credere a Cristo Gesù, come Dio-Salvatore, solo attraverso la testimonianza della carità. “Nessuno viene a me, se il Padre mio non l'attira” (Gv 5,44); S. Agostino, come il II Conc. d'Orange (D180, anno 529) insegnano che lo stesso “initium fidei” è frutto della grazia .
La fede non è una conquista dell'uomo, come volevano i Pelagiani, ma un dono di Dio. Una grazia! Anche i Farisei avevano veduto i segni della fede, i miracoli. E tanti! Eppure non hanno creduto!
Pag. 22 (1° e 2° capoverso)
“C'era bisogno di segni che potenziassero la parola dell'apostolo, che chiamassero la gente ad ascoltare la buona notizia. Siccome nessuno l'ascolta, S. Pietro che cosa fa? Alla porta del tempio c'è un paralitico che chiede l'elemosina (cfr. At 3). San Pietro guardandolo fissamente negli occhi, gli dice: nel nome di Gesù Cristo crocifisso io ti dico: alzati e cammina.”
Nota: Kiko per confermare la sua tesi che solo i segni (= miracoli) portano alla fede potenziando la predicazione degli apostoli, cita un passo degli Atti (3, 37-38). Ma la citazione è preceduta da una falsa premessa che non esiste né si può ricavare dal testo: “poiché nessuno l'ascoltava”. La nota di Kiko rivela il suo metodo di fare esegesi della Parola di Dio, metodo che ritorna specialmente quando egli intende dare alla sua catechesi la conferma della Parola rivelata. Qui, come altrove, Kiko dimentica che per una valida esegesi è necessaria la conoscenza e l'osservanza dei principi fondamentali dell'ermeneutica, tra i quali c'è il rispetto del contesto logico e letterario del testo che si vuole esaminare. Per quanto riguarda l'episodio di cui agli At 3, 37-38, Kiko dimentica che Pietro, non era colui “che nessuno ascoltava”! Il giorno di Pentecoste più di 3000 persone si erano fatte battezzare dopo la sua predicazione. Era sorta sotto la guida degli apostoli una comunità in continua espansione, lodata da tutti per gli esempi che dava. Nel cap. 3 degli Atti non appare alcunché che giustifichi l'interpretazione di Kiko.
Lo stesso metodo Kiko lo usa a pag. 21 (Gv 13-34); a pag. 22 (At 3,6); a pag. 25 (Ef 5,32 e Mt 25,40); a pag. 26 (Gv 15,12 e 13,34); a pag. 85 (Rm 10,8); a pag. 128 (Eb 2,14-15); a pag. 134 (Rm 7,14-15); a pag. 148 (At 2,14 e sq.); a pag. 150 (Ez 11,17); a pag. 151 (Rm 11,32 e 2Cor 5,16); a pag. 154 (At 16,32); a pag. 156 (Rm 8,1 e sq); a pag. 158 (Rm 10,8 e sq); a pag. 159 (1Cor 15,35); a pag. 164 (Lc 24,44) e pag. 186 (Ef 1,9).
Pag. 23 (3° capoverso)
“A questo proposito posso darvi una esperienza personale. Quando al Vingone (Firenze) vedemmo che non accettavano la nostra predicazione, arrivammo a pensare che avevamo bisogno che il Signore ci facesse fare miracoli. Là c'era un paralitico ed eravamo pronti a dirgli: in nome di Gesù Cristo io ti dico: alzati perché tutti costoro restino confusi, dato che nessuno crede alla nostra predicazione. E così avremmo fatto, .... Ma il miracolo fisico non fu necessario...”
Nota: L'argomento di Kiko di cui alla nota precedente, inaccettabile perché fondato su una motivazione falsa, qui sfiora il ridicolo. Nessun predicatore del Vangelo ha preteso il miracolo come prova della verità della propria predicazione. Kiko, invece, lo fa! Lo pretende! ... e poi, con molta furbizia, si salva dal sicuro insuccesso affermando che, alla fine, il miracolo non fu più necessario! Appare evidente che questa non è catechesi!
Pag. 24 (1° capoverso)
“Il miracolo fisico non è una misericordia di Dio per qualcuno, ma segno per appoggiare la predicazione.”
Nota: L'affermazione: “Il miracolo non è una misericordia di Dio”, è paurosa e falsa. Chi legge attentamente il Vangelo nota che spesso Gesù ha operato miracoli per malati, affamati, morti, ecc., perché mosso dalla compassione, dalla misericordia e dall'amore. (cfr. Mt 9,35-36;14,14; 15,30; 15,32; Mc 6,34; Lc 7,13; 9,11; 13,12; Gv 6,5; cfr. C.C.C. n° 214, 303, 305).
Pag. 24 (2° capoverso).
“Negli Atti degli Apostoli si nota che solo in un momento determinato si fanno miracoli. È quando gli apostoli hanno bisogno di potenziare la loro parola; allora Dio opera con potenza e miracoli. Ma una volta che qualcuno abbia accolto la Parola, che cosa succede? Cessano i miracoli.”
Nota: Anche questo non è vero. Basta leggere meglio gli Atti. Per es. 2,43; 5,12-16; 8,67; 9,11-12; 9,32; 9,34; 9,40-41; 13,11; 14,9; 16,18; 19,11-12; 20,7-12; 28,9; 28,40; ecc.
San Agostino dice: “Gesù compì i miracoli per invitare gli uomini alla fede. Con queste azioni terrene che vedevano, costruiva la fede in ciò che non vedevano”. San Tommaso: “Non è il miracolo che produce la fede. È la fede che sa conoscerlo e comprenderlo”. Gesù stesso proclamò beati quelli che crederanno senza aver veduto miracoli (Gv 20,29; cfr. C.C.C. n° 547, 548, 549 e 550).
Pag. 24 (3° capoverso)
“Perché il miracolo fisico è molto limitato. Anzitutto nel farlo, Dio costringe un po' l'uomo perché s'impone.”
Nota: La frase contiene una enorme falsità ed una grave offesa alla Santità di Dio. “Il miracolo è una imposizione di Dio sull'uomo!” Come si osa affermare che il miracolo è una imposizione di Dio sull'uomo quando è l'uomo stesso che lo chiede? Come si osa affermare che il miracolo fisico è molto limitato quando la storia della Chiesa e dei Santi è piena di miracoli? La storia di molti Santuari è anche una storia di miracoli fisici oltre che morali. D'oggi in poi, secondo l'opinione di Kiko, i santuari più famosi del mondo, dovranno essere eliminati perché sono i luoghi dove si manifesta non la misericordia, ma la prepotenza di Dio sull'uomo?
Dio non s’impone neppure quando ci chiede di credere a Lui. (cfr. C.C.C. n° 154, 160, 166, 301, 311, 387, 396, 397, 782, 1036, 1250, 1439, 1705, 1707, 1730, 1731, 1732, 1738, 1742, 1747, 1749, 1782, 1828, 1861, 1993 e 2002).
Pag. 25 (1° capoverso - inizio)
“San Paolo dice ancora parlando del matrimonio (cfr. Ef 5,32): grande mistero è questo, che due siano una stessa carne. Ma a me questo non importa un bel nulla. Mi importa solo in quanto segno di una cosa ancora più grande: l'amore di Cristo per la sua Chiesa ...”
Nota: Anche in questo punto abbiamo la dimostrazione dell'esegesi personale di Kiko (di cui a pag. 22); San Paolo con le sue parole intendeva dire che il matrimonio cristiano fa sì che l'unione dello sposo e della sposa attinge significato e valore dal mistero nuziale di Cristo. Il testo, quindi, insegna la dottrina del Matrimonio come Sacramento. Esso è per l'apostolo una realtà molto più grande e misteriosa di quanto l'egoismo o la istintività umana o anche la semplice legge di natura possano far intendere. (Cipriani: Lettere di S. Paolo). Lo stesso pensiero ha il Concilio di Trento. Kiko invece utilizza il passo per insegnare l'identità del cristiano con Cristo. Ma per questo ci sono altri testi chiarissimi (cfr. la nota per la pag. 22).
Pag. 25 (1° capoverso - fine)
“S. Matteo ...dice: “perché ebbi fame ... Quando lo avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli”. Chi sono i fratelli più piccoli di Gesù? I cristiani. Perché i cristiani sono costituiti ontologicamente fratelli di Gesù, ...”
Nota: A parte il significato dell'avverbio “ontologicamente” che sul piano filosofico è sbagliato, anche qui si interpreta la Parola di Dio secondo il gusto personale o le finalità che si vogliono conseguire.
Nel testo di Mt 25,40 i fratelli più piccoli con i quali Gesù si identifica non sono i cristiani, ma tutti i più piccoli, i poveri, gli emarginati di tutto il mondo. Cristo si identifica con ogni uomo, e non solo coi cristiani.
Forse a Kiko non importa l’unità (o l’indissolubilità) del matrimonio?
Pag. 26 (1° e 4° capoverso)
“Ma uno può pensare: tutta la Chiesa dunque è il corpo di Gesù Cristo. E qui nasce la confusione. ... la Chiesa è cattolica, che vuole dire universale, che non vuole dire che tutte le nazioni stiano nella Chiesa, bensì che sono chiamati ad essa tutti i tipi di uomini); ...”
Nota: In questa pagina si espongono alcuni concetti sui quali si ritornerà successivamente. L'esposizione è - come al solito - ambigua, confusa e contraddittoria. Così, per es., mentre qui si afferma che “cattolica” vuol dire sono “chiamati ad essa tutti i tipi di uomini”, in altre pagine si contraddice: vedi pag. 78, 81, 82, 85, 87, 282 e 356 seq. Ma su questa concezione kikiana della Chiesa gli errori diverranno ancora più grandi come successivamente apparirà.
Per la Chiesa Corpo di Cristo: cfr. C.C.C. n° 787, 788, 789, 790, 792 e 795.
Per “Chiesa Cattolica”: cfr. C.C.C. n° 830, 831, 832, 833, 834, 835 ecc.
Pag. 28 (1° capoverso)
“ ... vogliamo formare nella parrocchia una comunità che sia segno. Questa comunità alla lunga cambierà la pastorale e la struttura della parrocchia.”
Nota: Ecco l'obiettivo vero dei neocatecumenali: cambiare la pastorale e, alla lunga anche la struttura della Parrocchia, altro che chiamare alla fede... “i lontani”! Questo sta avvenendo ovunque i neocatecumenali mettono piede; da ospiti diventano padroni. Si arriva a trasformare le strutture stesse della Chiesa senza alcun rispetto delle norme emanate in materia dall'autorità competente. I N.C. non entrano in una parrocchia se non viene concessa loro piena autonomia liturgica, pastorale, giurisdizionale. Per raggiungere più facilmente il suo scopo Kiko ha fondato nuovi Seminari per futuri sacerdoti che lavoreranno esclusivamente per le comunità neocatecumenali e per portare le Parrocchie a quel cambiamento totale, a cui generalmente i sacerdoti diocesani non si adattano. L'obiettivo, non utopico, da raggiungere è questo! Lo dice chiaramente a al 2° capoverso di pag. 29 e lo ripetono continuamente i catechisti e gli aderenti del movimento! A Kiko che si propone di voler trasformare la pastorale e la struttura della parrocchia, consigliamo di meditare le seguenti parole del Card. Ratzinger: “ Dobbiamo avere sempre presente che la Chiesa non è nostra ma sua, di Cristo. Dunque le riforme e i rinnovamenti, pur sempre doverosi, non possono risolversi in un nostro darci da fare zelante per erigere nuove, sofisticate strutture. Il massimo che può risultare da un lavoro del genere è una Chiesa “nostra”, a nostra misura, che può magari essere interessante ma che, da sola, non è per questo la Chiesa vera, quella che ci sorregge con la fede e ci dà la vita col sacramento. Voglio dire che ciò che noi possiamo fare è infinitamente inferiore a Colui che fa. Dunque “riforma” vera non significa tanto arrabattarci per erigere nuove facciate, ma ( al contrario di quanto pensano certe ecclesiologie) “ riforma” vera è darci da fare per far sparire nella maggior misura possibile ciò che è nostro, così che meglio appaia ciò che è suo, del Cristo. È una verità che ben conobbero i santi, i quali, infatti, riformarono in profondo la Chiesa non predisponendo piani per nuove strutture, ma riformando se stessi”. (Messori: Rapporto sulla fede, p. 53).
Da notare, inoltre, che i componenti le Comunità non provengono quasi mai dalla parrocchia in cui si installano, ma da altre parrocchie, dove i parroci non hanno voluto che sorgessero. Ma, mentre affermano di voler portare un contributo alla parrocchia, in molti casi, vi rimangono fino a quando il parroco che li accoglie permette loro di fare qualunque cosa e si mette completamente a loro servizio. Quando questo diminuisce o viene a mancare, le comunità se ne vanno in cerca di altre parrocchie o di altri parroci più disponibili ed obbedienti del primo. Abbiamo innumerevoli esempi di questi trasferimenti di comunità neocatecumenali, in cerca incessante di nuove terre promesse! Sono veramente “Comunità in cammino”!!
Pag. 30 (1° capoverso)
“ ... dove si manifesta lo Spirito di Gesù Cristo. Questo chi lo sa? L'Apostolo. ... Non sei tu che sai se sei cristiano, se ti trovi ancora nel cammino catecumenale. ... è l'apostolo, il catechista, colui che ti conduce nel catecumenato, colui che deve vigilare sul cammino, come un fratello maggiore, dato che si suppone che il Vescovo abbia riconosciuto in lui questo carisma, per portarti alla fede. è certo lui il fratello che lo sa.”
Nota: Da questa pagina inizia il discorso sui catechisti del movimento, che vengono presentati ed accreditati come unici depositari e distributori dello Spirito Santo.
Il catechista neocatecumenale, un laico spesso digiuno di fondamentali nozioni teologiche, eletto dagli altri catechisti del movimento, è per i neocatecumenali l'uomo a cui spetta l'ultima parola nelle loro assemblee; l'autentico interprete della Parola di Dio, al di sopra di qualsiasi sacerdote o esperto anche se presente alla sua catechesi. Egli è il giudice assoluto, venerato, rispettato, ubbidito, come autentico portatore delle decisioni dello Spirito Santo. Gode nel gruppo di una venerazione superiore a quella del presbitero a cui è riservata soltanto la celebrazione dell'Eucaristia e della “Penitenziale” (come essi chiamano la Confessione).
Sui catechisti ci sono nel testo frequenti richiami: (vedi pag. 188, 220, 353, 370, 371 e 372 ). A suo tempo faremo una nota per ogni pagina.
Nell'esposizione del suo pensiero, Kiko ha dimenticato che secondo S. Paolo (1Cor 12,28) il giudice dei Carismi sono i capi della Chiesa, gli Apostoli. Così pure la L.G. che al n° 7 ricorda che lo Spirito Santo ha sottomesso anche i carismatici all'autorità della Chiesa (1Cor 14) cfr. anche il C.C.C. n° 768, 799, 800, 801, 890, 910.
Pag. 30 (2° capoverso - inizio)
“Ci sono per esempio fratelli che non credono assolutamente di essere cristiani. ... Egli si crede un miserabile, un disgraziato, e tuttavia tutta la comunità sta vedendo in lui meraviglie. Per questo nella Chiesa primitiva, c'era un padrino, un dottore o un garante che doveva condurre il cammino del catecumeno.”
Nota: Qui si confonde tra l'essere cristiano e il senso della propria miseria di fronte a Dio. Più l'anima è vicina a Dio e più si sente povera e peccatrice. Così tutti i veri Santi. Ma a Kiko interessa inculcare che il Padrino (= cioè il catechista) è indispensabile per guidare il catecumeno durante il cammino, perché soltanto lui sa chi è o chi non è cristiano! Per oltre 20 anni questo catecumeno sarà sempre un bambino da guidare e condurre per mano!
Pag. 30 (2° capoverso - fine)
“E quali sono le opere di vita eterna? Vincere la morte. Questa è la Buona Notizia: che Cristo ha vinto la morte e che Cristo risorto viene a te.”
Nota: Da questo momento la vittoria di Cristo sulla morte è presentata, in modo ossessionante, come il fine primario della Redenzione.
A questo problema si darà una risposta più completa in una nota della pag. 128.
Pag. 32 (5° capoverso - inizio)
“Che cosa è la fede? avere lo spirito di Gesù Cristo risorto, vincitore della morte.”
Nota: Per chi inizia un cammino di fede è necessario che la stessa sia presentata con espressioni chiare e non con sole belle parole. Kiko che conosce il testo di Leon-Doufur, avrebbe potuto riassumere quanto in esso esposto alla voce “fede”. Questa non è una intuizione del cuore, né una visione diretta, ma è una adesione alla testimonianza divina, adesione libera ed illuminata, perché da un lato l'uomo può rifiutare di credere, e dall'altro non crede senza ragioni, senza l'intima convinzione che Dio ha rivelato (cfr. Fil 3,8-10; 1Pt 3,15). Kiko, che afferma di conoscere San Paolo, confronti quanto l'Apostolo dice della fede nella Lettera ai Romani: La fede è adesione intellettuale a tutte le verità soprannaturali salvanti conosciute attraverso la predicazione (10, 14-16); è soprattutto adesione alla persona di Cristo “propiziatorio” mediante il suo sangue (3,25); la fede è anche fiducia nella bontà del Padre e alimenta la santa speranza fino a che non siamo salvati definitivamente; la fede è obbedienza (1,5; 16,26) interiore, docilità del volere umano che si piega al volere di Dio e lo traduce in atto diventando così carità operante (Gal 5,26; Rom 1,17).
Per la fede Cfr. C.C.C. n° 142, 143, 144, 145, 146, 150 e seq.
Pag. 32 (5° capoverso - fine)
“... come possiamo arrivare ad avere la fede? Mediante un cammino catecumenale, che è il cammino che ha avuto sempre la Chiesa per condurre alla fede gli uomini attraverso un cammino che gesti la fede.”
Nota: Alla fede ci si arriva con la nostra risposta alla chiamata di Dio (C.C.C. n° 143), che può giungere in vari modi, anche e non solo attraverso il cammino neocatecumenale. In ogni caso si deve ricordare che la fede cattolica non è una conquista dell'uomo (Gv 6,65; C.C.C. n° 153, 154 e 155), altrimenti ripetiamo l’errore di Pelagio.
Pag. 34 (1° capoverso)
“Perché così come il sunto di tutta la legge e i profeti è l'amore al prossimo come a se stessi, allo stesso modo il riassunto di tutto il cristianesimo è amare i fratelli della comunità nella dimensione della croce. ...”
Nota: S. Paolo (Rom 13,9) ricorda che sunto di tutta la legge è: “amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lev 19,18; Mt 22,40). Ugualmente sintesi del cristianesimo è l’osservanza del precetto dell’amore del prossimo (Gal 5,14). Tuttavia è da ricordare che Gesù, nel sintetizzare la legge e i profeti, ha unito i due prectti, di cui il primo rimane sempre l’amore a Dio (Mt 22,16; Mc 12,28-31; Lc 26,27). Kiko, mentre conferma le parole di Gesù sopra citate, aggiunge qualcosa che è diventata la caratteristica, almeno verbale, “amare i fratelli nella dimensione della croce”.
Gesù, nel lasciarci come suo testamento il precetto dell’amore verso il prossimo, non parla di dimesnione della croce. Dice soltanto: “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 13,34). E questo amore Gesù vuole sia esteso a tutti, e non solo, come qui si dice, ai fratelli della comunità, altrimenti siamo in una setta e non più nel cristianesimo.
Pag. 34 (1° capoverso - fine)
“La comunità è il segno efficace, il sacramento, nel quale si esplicita, si esprime e si concretizza visibilmente che tu hai un cuore trasformato, un cuore universale, il cuore di Gesù Cristo, che sei Figlio di Dio.”
Nota: Come è sua abitudine, rivelatrice di una scarsa e superficiale conoscenza di giuste nozioni teologiche, Kiko non si esprime con la chiarezza che richiederebbe una vera catechesi. La comunità non è “un sacramento” segno efficace della grazia. Se lo fosse, sarebbe di istituzione divina anche il neocatecumenato. La Comunità può essere segno di qualche efficacia sul piano psicologico, non su quello soprannaturale come lo è il vero sacramento. Talvolta certe comunità diventano un segno negativo, che non avvicina, ma allontana gli uomini dalla Chiesa.
Pag. 35 (unico capoverso)
“Ma oggi: dov'è questo Spirito? Allora come giungere a che si dia visibilmente? per mezzo di un catecumenato; questo è quello che vogliamo fare nella parrocchia.”
Nota: In quale passo della Scrittura è scritto che lo Spirito Santo si deve dare nella Chiesa visibilmente, con gli stessi segni e manifestazioni della prima Pentecoste?
È poco umile, anzi assurda, la pretesa che soltanto l'itinerario di questo movimento, “il Cammino”, sia il mezzo con il quale lo Spirito Santo si dà visibilmente per rinnovare la Chiesa, la fede, la vita cristiana, ecc..
Ma questo Kiko lo crede e lo afferma spesso categoricamente: così a pag. 13 e 14 (solo coi neocatecumenali sta arrivando il Regno di Dio) - a pag. 34 (solo le comunità neocatecumenali sono segno efficace del cambiamento del cuore ecc.).
I grandi riformatori della Chiesa si sono sempre distinti non soltanto per il coraggio apostolico, ma specialmente per la loro santità e umiltà. Questa sembra non esserci nelle parole di Kiko.
Nota generale
L'analisi che Kiko fa in questa catechesi, una delle poche che ha scritto personalmente, appare, nonostante la buona volontà dell'autore, paurosamente superficiale pur avendola fatta dopo il Concilio Vaticano II e dopo le tante esperienze e testimonianze date dalla Chiesa in ogni parte dell'Europa e del mondo. Si vede che Kiko conosce poco la storia della Chiesa e i documenti di quel Concilio Vaticano II che egli si propone di rendere noti ai fedeli. Sarebbe bastato un riassunto della costituzione Gaudium et Spes per avere una chiara visione della situazione del mondo contemporaneo e della preoccupazione della Chiesa per riportarvi la luce salvifica del Vangelo.
Mentre il mondo ha scoperto sempre di più la forza della Chiesa e le sue immense capacità per la formazione di una società più giusta ed umana, Kiko è rimasto ancorato alle sue idee. Così afferma che il cristiano oggi si trova in un complesso di inferiorità (pag. 42) sia per la costituzione stessa della Chiesa “monolitica, dogmatica, ritualista, piena di devozioni particolari”, sia per una scarsa educazione religiosa in cui entrano a suo dire anche “gli esercizi spirituali” che da secoli sono riconosciuti come una fonte di rinascita e di autentica vita cristiana.
Ma le vere motivazioni della situazione attuale della Chiesa sono ben altre da quelle esposte da Kiko ed hanno cause e tempi che vanno lontano. La LG letta attentamente, dopo le cause indica anche alcuni rimedi. Anche se molti preti moderni hanno pensato o credono ancora di risolvere i mali della Chiesa utilizzando le strategie e i metodi del mondo!
Le quattro costituzioni conciliari e i decreti (quelli sul rinnovamento della vita religiosa e sulla formazione sacerdotale, sull'apostolato dei laici, sull'attività missionaria della Chiesa, sull'educazione cristiana, sulle relazioni con le religioni non cristiane e sulla libertà religiosa) ci dicono qual è la strada indicata dal magistero. È la strada che la Chiesa ha sempre seguito nel corso della sua storia, accentuando questo o quell'aspetto della catechesi o del dogma a seconda delle circostanze e dei bisogni.
Tante anime anche prima del Concilio avevano percepito queste verità e si erano sforzate di attuarle. Basti ricordare il famoso libro dello Chautard: “L'anima di ogni apostolato”, che molto tempo prima del Vaticano II ricordava quali sono i veri mezzi per il rinnovamento dell'apostolato nella Chiesa.
A pag. 67, nel concludere la sua catechesi, Kiko riassume quelli che a suo giudizio, sono i rimedi proposti dal Vaticano II per eliminare i mali da lui diagnosticati ed elencati: rinnovamento della liturgia, rinnovamento della teologia, impegno per l'ecumenismo.
Il Movimento NC si impegna a portarli in ogni parrocchia. Ma è strano che questi rimedi siano stravolti proprio dallo stesso movimento NC che, ovunque si diffonde,
1) sta instaurando una liturgia che non rispetta le norme stabilite dall'unica autorità competente che è la Chiesa;
2) sul piano della teologia nega delle verità fondamentali riguardanti l'eucaristia, il peccato, la penitenza, il sacerdozio, la costituzione della Chiesa, ecc.;
3) sul piano dell'ecumenismo non favorisce l'unione ma la disunione nelle parrocchie.
Pag. 42 (1° capoverso)
“è chiaro che un cristiano di 20-30 anni fa, ... Dato che è dentro ad una Chiesa che sta attraversando un momento grave, perché è una Chiesa monolitica, molto Dogmatica, una Chiesa eccessivamente ritualistica, una Chiesa in cui non c'è Parola di Dio perché è tutto in latino, perché la Bibbia era praticamente proibito leggerla, una Chiesa dove il popolo è alimentato da devozioni particolari, come il Sacro Cuore, novene, culto dei santi. ecc. Quest'uomo ha una teologia molto giuridica ed è molto poco formato, ... è un uomo che ha fatto esercizi spirituali e che spesso ha un direttore spirituale ma che si trova in una situazione molto povera per poter rispondere a quello che gli è cascato addosso:...”
Nota: Interessante e rivelatore è questo giudizio completamente negativo sulla Chiesa di 20-30 anni fa (circa nel 1950-60) dato da Kiko.
Niente si salva: dogmatica, liturgia, ascetica, gerarchia, esercizi spirituali, direzione spirituale ecc. Tutto, secondo Kiko, serviva a rendere il cristiano incapace di rispondere alle sfide dell'epoca. Ma per fortuna (!) della Chiesa è venuto Lui, che elimina la Chiesa monolitica e dogmatica, negando il Magistero e i dogmi; elimina il ritualismo “eccessivo” creandone uno nuovo che abbraccia tutto “il cammino” da lui fondato; elimina le devozioni ai Santi, specie quella del S. Cuore, attaccata varie volte nel suo testo; elimina gli esercizi spirituali e la direzione spirituale. Un cristiano così formato, finalmente sarà capace di rispondere al mondo che gli cade addosso!!!
Per Kiko gli esercizi spirituali di cui S. Ignazio è il maestro non servono a cambiare l'uomo e a renderlo capace di inserirlo come lievito nel mondo. Probabilmente Kiko non ha fatto mai questa esperienza spirituale tanto raccomandata dalla Chiesa.
Pag. 42 (ultimo capoverso)
“Allora perché la Chiesa si desacralizza? Ebbene, perché l'uomo che è nella Chiesa non può restare a braccia conserte di fronte a ciò che sta succedendo. Che fa allora?
Nel suo impulso missionario, cercando in qualche modo di portare Gesù Cristo all'uomo pragmatico-realista, agnostico, secolarizzato come pure all'uomo socialista che milita in un partito e che cerca di cambiare la società... si lascia influenzare da essi...
E si mette a studiare psicologia e sociologia. Ecco qui tutti i preti che studiano psicologia... e ciò significa in qualche modo tecnicizzare la Chiesa... “.
Nota: Chi conosce la storia della Chiesa sa quante opere sono state create nel suo grembo, anche in questi ultimi anni, proprio per rispondere alle sfide che venivano dalla società moderna. C'è stato un pullulare di opere sociali, caritative, spirituali di ogni genere ed in ogni settore. La pastorale della Chiesa ha sempre cercato vie e mezzi per parlare all'uomo del proprio tempo. Così ha fatto il Vat. II e così vanno facendo i vescovi e i sacerdoti di tutto il mondo, non dimenticando mai che il fine principale è quello di far conoscere Cristo e il suo Vangelo e di far vivere gli uomini in grazia di Dio. Questo è l'insegnamento e la direttiva della Chiesa ai suoi sacerdoti, che nella grande maggioranza sono rimasti fedeli alla loro missione spirituale.
Pag. 44 (2° capoverso)
“Di fronte all'uomo socialista la Chiesa ha commesso un altro errore. Ha ugualmente impiegato le sue stesse tecniche”.
Nota: Qui Kiko sposta il discorso dai contenuti dogmatici alla pastorale della Chiesa. La pastorale come insegna il C.C.C., cambia sempre nel corso della storia. Tuttavia Kiko mentre critica certe forme di apostolato, specie quelle che vogliono il cambiamento delle strutture, tenta di fare lo stesso con il suo “movimento”.
Pag. 45 (1° capoverso)
“Risultato: uno stato di confusione nella Chiesa così da non sapere più quali gruppi sono cattolici e quali no. Non c'è differenza. Generalmente la gente più seria di questi gruppi di azione cattolica operaia finiscono per entrare nei gruppi socialisti, ed escono dalla Chiesa... “
Nota: Lo stato di confusione sorto nella Chiesa è stato causato da alcuni preti o religiosi, che, persa l'identità della loro vocazione, hanno creduto che il mondo potesse essere cambiato con la violenza della rivoluzione e la potenza delle armi... Purtroppo molti di quei sacerdoti hanno poi abbandonato la Chiesa. I fedeli generalmente hanno percepito, spesso prima di certi pastori, ciò che tra le novità presentate poteva essere accettato o doveva essere rifiutato. Così il prete che a Firenze iniziò la contestazione dell'Isolotto (pag. 46) non era certamente una persona che reclamava per i poveri i loro ed i suoi diritti. Economicamente stava in una posizione migliore di tanti altri confratelli che, pregando, lavoravano in silenzio obbedendo alle direttive dei loro Pastori.
Pag. 46 (2° capoverso)
“Questo non dovete dirlo alla gente perché se no si fa un macello terribile. “
Nota: La Carmen esorta a tacere, però dopo che essa ha parlato. L'effetto “terribile” del suo discorso su quelli che l'hanno ascoltata è che la Chiesa, specie quella del nostro tempo, ha sbagliato tutto. Con queste premesse è facile insinuare in persone inesperte il bisogno di una Chiesa nuova: che sarà quella che sorgerà dal movimento di Kiko.
Pag. 46 (3° capoverso)
“Ciò che macchia l'uomo non è ciò che viene dall'esterno (lo dice già chiaramente Gesù Cristo), ma quello che è dentro il cuore dell'uomo, non sono le strutture da cambiare ciò che degenera l'uomo”.
Nota: Kiko dice giustamente che la riforma incomincia dal cuore dell'uomo; però anche lui si adatta alle circostanze e non chiama più il peccato con il suo nome “perché gli farebbero una risata in faccia” (pag. 47). Egli critica la mancanza di coraggio nella predicazione del vangelo, ma a sua volta non dà esempio di coraggio. Nuovo metodo pedagogico? Opportunismo? Prudenza?
Pag. 47
“... ciò che realmente opprime l’uomo è il peccato. Evidentemente non parlerete a nessuno oggi di peccato perché vi farebbe una risata in faccia. Perché il mondo è secolarizzato. Occorre dirlo in un altro modo: che l’uomo ha paura della morte perché ha sperimentato la morte.”
Nota: Anche se Kiko ritiene opportuno non parlare “oggi” di peccato, “perché vi farebbe una risata in faccia”, ma di paura della morte, rimangono insolute le difficoltà che nascono nell’uomo in conseguenza di questa “paura”. Di queste si parla frequentemente tanto da arrivare alla negazione della responsabilità dell’uomo che pecca, perché, privo della libertà, non può non fare il male. (cfr. Or. pag. 11, 48, 49, 130, 135, 136, 138. La stessa idea Kiko la esprime nelle altre sue opere. Cfr. Or. I Scrutinio: Pag. 12, 18, 37, 47, 48, 68, 93, 94. Or. per lo Shemà: pag. 14, 42, 77).
Pag. 48 (ultimo capoverso)
“L'uomo è schiavo per la paura che ha della morte. Per questo cerca la vita. Tutto è basato su questo”.
Nota: Compare qui il discorso sul peccato; ma Kiko non presenta su questo punto la vera dottrina della Chiesa. L'uomo è schiavizzato dalla paura della morte per cui non è libero. E se non è libero che responsabilità ha per il suo peccato? Per le conseguenze del peccato: cfr. C.C.C. n° 399, 400, 413 e 418).
Pag. 49 (penultimo capoverso)
“Eva siamo tu e io. Mangiare, peccare è fare un sacramento con cui si dice amen alla catechesi del maligno. Quando tu, io, o chiunque, pecchiamo accettiamo che Dio non esiste che Dio non è amore.”
Nota: Si tocca un problema delicato. Il peccato dell'uomo non nega l'esistenza di Dio. Sarebbe un assurdo per lo stesso uomo. Il peccato esiste in quanto c'è la violazione di un comando di Dio. L'uomo che pecca non cessa di esistere. Il peccato non porta alla morte dell'essere (= morte ontologica) o alla morte ontica che non esiste. Col peccato cessa nell'uomo la capacità di raggiungere il fine della propria esistenza: l'immersione eterna nella vita di Dio. Cessa quindi di essere felice. Questo è il suo vero tormento e non quello della paura della morte che è venuta come conseguenza del peccato (Rm 5,12 e 6,23). I ragionamenti che Kiko fa a pag. 50 non sono validi né sul piano psicologico né su quello filosofico.
L'uomo che desidera e cerca con tutte le sue forze la gioia, l'amore e la vita e fa del tutto per procurarsela anche con il denaro, sarebbe un insensato o un eterno bambino se, dopo aver sperimentato l'inutilità degli sforzi compiuti per essere felice, continuasse a percorrere quella strada. Se il cuore dell'uomo è inquieto finché non riposa in Dio, l'esperienza negativa avuta dai beni terreni lo spingerà non a cercare ciò che non potrà mai saziarlo, ma Dio solo. La conclusione perciò della pagina 50, che è un motivo ricorrente nelle catechesi di Kiko, è profondamente sbagliata.
Pag. 51 (4° capoverso)
“Chiamiamo scristianizzazione un divorzio manifesto, che avvertiamo nella gente, fra religione e vita...”
Nota: Nell'indagine sulla scristianizzazione che qui si inizia, Kiko parla di religiosità o religione naturale, fondata (a suo giudizio) sul timore (pag. 53) e sull'interesse dell'uomo di propiziarsi la divinità. Tuttavia, gli specialisti della materia non condividono le idee di Kiko. Essi affermano che l'uomo ha ricercato il rapporto con Dio, non solo per vincere la sua insicurezza ma perché sentiva profondamente di dipendere dal divino. Le offerte e i sacrifici erano espressione di questa dipendenza. Inoltre, prima della rivelazione, l’uomo chiedeva a Dio soltanto ciò che era necessario alla sua vita terrena perché non conosceva la sua chiamata alla vita soprannaturale. L'uomo primitivo non ha creato la religione, ma soltanto il culto, i riti, i modi con cui manifestava la sua religiosità, cioè la sua dipendenza da Dio. Ecco che la sua fede naturale creò e crea i mezzi per esprimerla: tempio - sacerdote - sacrifici.
Pag. 53 (2° capoverso)
“Qui parlo della religiosità naturale... un'altra cosa è la religione e la religiosità naturale. Un'altra cosa è la fede.”
Nota: Gli elementi essenziali della religione secondo gli studiosi sono:
1) la credenza in una potenza superiore;
2) il vincolo di dipendenza dell'uomo da essa:
3) il modo pratico con cui questa dipendenza si manifesta (riti, cerimonie, ecc.).
Il vincolo di dipendenza è specifico nella religione: non è di schiavo verso il padrone, ma nasce dalla sperimentata constatazione del proprio nulla di fronte a chi sta fuori di lui e lo trascende. La teologia moderna, le ricerche psicologiche, l'etnologia ecc. confermano questa dipendenza metafisica che l'uomo avverte. Secondo la teologia cattolica la religione oggettivamente considerata è naturale o soprannaturale. È naturale quando l'uomo con la sola ragione scopre l'esistenza di Dio, la sua creazione e provvidenza. Ma quando queste verità vengono confermate direttamente da Dio, la religione naturale diventa soprannaturale per il modo della comunicazione. Quando poi l'uomo accetta verità che si possono conoscere solo in base ad una rivelazione divina (per es. Trinità, Incarnazione, Passione e Morte di Gesù) allora la religione è soprannaturale e perciò rivelata anche quanto alla sostanza.
Pag. 55 (1° capoverso)
“L’uomo quando ha scoperto questo Essere superiore ha bisogno di renderselo propizio. Appare la religione. (Religione viene da Religare, unire l’uomo con Dio).
L’uomo erige un altare lì dove Dio gli dà retta; un altare puro, la pietra più perfetta. Lì porta focacce e le brucia; porta animali e li sacrifica affinché l’aroma salga fino a Dio. Pensa: dato che ho preso un agnello che mi è costato dei bei soldi e glielo ho offerto, Lui in cambio mi darà abbondanza di altre cose. Questo si ritrova in tutte le religioni. Sono rudimenti di religiosità naturale”.
Nota: Kiko ritiene, come Renan, che il sacrificio veniva offerto dall’uomo soltanto per placare o propiziare gli dei cattivi e interessati. Questa teoria non vale per nessun popolo. Lo conferma tutta l’etnografia religiosa. (De Vaux O.P. “Le istituzioni dell’Antico Testamento”, Marietti, 1964)
Pag. 56 (3° capoverso)
“Nel cristianesimo non c'è tempio, né altare, né sacerdoti nel senso della religiosità naturale...”
Nota: Non è esatto affermare che il cristianesimo è differente dalla religione (o religiosità) naturale perché in esso “l'uomo non pone Dio al suo servizio, ma al contrario si pone al servizio di Dio”. Come pure (pagg. 57-58) che “nel cristianesimo è Dio che segna il cammino. La felicità non ti viene dalla salute ma dal fatto che Dio ti ama, e si è fatto tuo fratello, dal fatto che Dio è con te”!
La differenza sostanziale tra religione naturale e religione soprannaturale è costituita dal fine soprannaturale, che l'uomo conosce soltanto nel cristianesimo. Fuori di questo, egli non sa di essere destinato alla visione di Dio. E quindi non può chiederla. Anche le menti più elette del paganesimo, sia antico che moderno, non sono giunte mai a conoscere con le sole proprie forze il fine soprannaturale che attende l'uomo dopo la morte. Non avendo capito il punto focale della distinzione tra religiosità naturale e soprannaturale, Kiko afferma che per tanti secoli (addirittura da Costantino al Vaticano II) si sia vissuto un Cristianesimo a livello di religiosità naturale (vedi pagg. 60 - 61). In questa ottica Kiko vede la cristianizzazione di feste, di luoghi pagani ecc., come una dimostrazione di questa religiosità naturale che si è introdotta nel cristianesimo. Ma egli dimentica che anche in quei tempi la Chiesa ha insegnato, e non poteva non farlo, che l'uomo per il mistero di Cristo morto e risorto era stato riportato nell'amicizia di Dio che gli aveva reso possibile la Sua visione beatifica.
Questo insegnamento di un cristianesimo fondato su una fede soprannaturale non è mai mancato; anche se sono mancate talvolta le risposte dei cristiani nella loro vita pratica.
Tra religione naturale e cristianesimo c'è un abisso, perché con la Rivelazione il cristiano sa di essere chiamato, fin da questo mondo, a vivere una vita di comunione con Dio, e di partecipazione alla sua stessa vita divina, che si completerà in Paradiso, dopo la morte, con la visione diretta di Dio. E questa sarà la sua eterna e perfetta felicità.
Il cristianesimo rimane sempre “religione soprannaturale” anche se il cristiano prete, vescovo o Papa pensa poco alla vita eterna a cui è destinato. La Chiesa è chiamata a purificare, difendere e nutrire la fede dei suoi figli. E la Chiesa l’ha sempre fatto, pur con i limiti che la natura umana ha frapposto alla sua azione.
Un catechista serio non può fermarsi soltanto ad una differenza superficiale, come sembra si faccia nel testo. Inoltre, secondo il metodo consueto, poco chiaro e farraginoso, a pag. 56 e 57 sono contenute affermazioni da cui può sembrare che per Kiko non ci sia nulla di sacro e d'intoccabile nel tabernacolo: cioè non c'è Cristo Signore. (Più tardi questa affermazione-negazione sarà più esplicita; cfr. pag. 329).
Altre affermazioni: “noi cristiani, non abbiamo bisogno di altari, possiamo celebrare l'Eucaristia dove ci piaccia”... anche se riguardano la disciplina, rivelano subito la psicologia di chi (forse perché neo-convertito?) parla da quasi padrone della Chiesa, dove per lui le leggi (can. 932) non sono obbliganti.
Ma l'errore più grande sta nella ignoranza e negazione della sostanziale differenza tra il sacerdozio comune ad ogni battezzato e il sacerdozio ministeriale conferito con il Sacramento dell'Ordine sacro.
Kiko e Carmen, che esaltano tanto il Vaticano II, ignorano o vogliono ignorare che quel Concilio in diversi suoi documenti, sottolinea questa profonda differenza. Così nel decreto P.O. 2 dichiara che i Presbiteri sono segnati “da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote in modo da poter agire in nome di Cristo capo della Chiesa.” (P.O. n° 1 - 2; L.G. n° 28).
Nel P.O., n° 1 si afferma:
“I presbiteri in virtù della sacra ordinazione che ricevono dai Vescovi sono promossi al servizio di Cristo, Maestro, Sacerdote e Re; essi partecipano del Suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata come popolo di Dio, Corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo”.
Nel P.O., n° 2:
Cristo, “promosse alcuni di loro come ministri in modo che nel seno della società dei fedeli avessero la sacra podestà dell'Ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati, e che in nome di Cristo, svolgessero per gli uomini in forma ufficiale la funzione Sacerdotale.
... I presbiteri, in virtù dell'unzione dello Spirito Santo, sono marcati da uno speciale carattere che li configura a Cristo sacerdote, in modo da poter agire in nome di Cristo, capo della Chiesa.”
E al P.O. n° 5:
“I presbiteri ... consacrati da Dio, mediante il Vescovo ... nelle sacre celebrazioni agiscono come ministri di Colui che ininterrottamente esercita la sua funzione sacerdotale in favore nostro nella liturgia, per mezzo del Suo Spirito”.
Cristo rende partecipe della Sua consacrazione e della sua missione gli Apostoli e i loro successori (= Vescovi), che affidano legittimamente l'ufficio del loro ministero ai Presbiteri e ai Diaconi (Cfr. L.G. n° 28).
Tutti questi, specie nel culto eucaristico “agiscono in persona di Cristo” ecc. Col Battesimo diventiamo membri del corpo mistico di Cristo, col sacramento dell'Ordine i candidati appartengono a Cristo capo della Chiesa. All'altare quindi il Sacerdote rappresenta Cristo e non l'assemblea. (Rec. et Poen. Parte III. c. 2. n° 29; cfr. C.C.C. n° 875, 878, 879, 1535, 1547, 1548, 1551, 1552 ecc.).
Ma questa verità, stando al testo, non viene accettata dai neocatecumenali. È qui, a nostro modesto parere, la radice per cui in Kiko e Carmen nasce quel piglio dottorale che, se giova a scuotere i tiepidi e a richiamare i lontani, è deleterio quando insinua errori. Se non si ammette il Sacramento dell'Ordine, i veri maestri della Chiesa sono “i Carismatici”, in questo caso, i catechisti neocatecumenali.
Le prescrizioni rubricali, stabilite dalla Chiesa al riguardo dell'Eucaristia (cfr. c. 932 ecc. C.J.C.), assicurano il frutto di ciò che è voluto per istituzione divina. Ma per i neocatecumenali queste prescrizioni liturgiche non contano nulla. Essi hanno i loro rituali, le loro formule, le loro celebrazioni, i loro simboli, ecc. che ovunque impongono. Essi si ritengono così superiori a sacerdoti, Gerarchia, Chiesa!
Pag. 57 (penultimo capoverso)
“Un cristiano non domanderà mai a Dio la guarigione di una malattia, perché per lui la malattia ha un nuovo senso; non è un male, perché per il cristiano tutto è grazia e tutto amore. Il male ha significato di male solo tra i pagani. “
Nota: Anche in questa pagina le ambiguità non mancano. Il cristiano si rivolge a Dio, come il pagano, per ottenere quanto gli occorre per la sua vita materiale. Ma egli lo fa con un sentimento ed una fiducia nuova. Sa infatti, dalla rivelazione, che Dio è Padre di cui, per la grazia, è diventato suo figlio (cfr. Mt 7,11).
“Il cristiano” - si dice nel testo - non domanderà mai a Dio la guarigione di una malattia”. Ma se ciò fosse vero, perché la Chiesa prega per implorare la guarigione dei malati, e perché Gesù li ha guariti, ascoltando le loro invocazioni? (Mc 1,28; 1, 32-34; Lc 4,37; 4,40; 9,11; Mt 12,15; 19,2). Perché ha dato alla Chiesa potere di compiere miracoli e guarigioni? (Mc 16, 17-18).
Se nel piano della provvidenza la malattia, la fame, ecc., può diventare una grazia, nessuno potrà affermare che queste non sono un male da combattere. In nome della fede, vogliamo forse abolire ospedali, cure, anestetici e così via? Forse la Chiesa cattolica che prega per implorare la guarigione dei malati, sta ancora in uno stato di religiosità naturale?
Pag. 58 (2° capoverso)
“Il processo di scristianizzazione, il divorzio tra cristianesimo e vita, viene dall'essersi infiltrata nel cristianesimo la religiosità naturale. Per comprendere come ciò è avvenuto faremo un disegno della storia della salvezza. “
Nota: Il vero motivo del processo di scristianizzazione va ricercato nella diminuzione della fede e nell'avanzare del materialismo e dell'edonismo anche fra i cristiani.
Il grafico di Kiko sembra voglia insinuare che la vera Chiesa di Cristo da Costantino al Vaticano II non sia più esistita. Lo Spirito Santo avrebbe dormito per 16 secoli!
Quindi l'era dei Padri della Chiesa, il monachesimo, San Benedetto con i vari rami derivati dal ceppo Benedettino, S. Francesco, S. Domenico, S. Bonaventura, il Carmelo, il Concilio di Trento, S. Carlo Borromeo, la Compagnia del Gesù e tutte le altre congregazioni religiose fino ai grandi Santi che hanno preceduto il Vaticano II, S. Giovanni Bosco, il Cottolengo, il Cafasso, Don Orione, come pure gli istituti secolari tipo i Focolarini, l'Opus Dei, ecc... non hanno capito il messaggio evangelico? Per quasi 1600 anni la Chiesa sarebbe stata semipagana!
Per questa errata interpretazione della storia della Chiesa, i neocatecumenali si credono ed affermano spesso di essere loro soltanto la vera Chiesa di Cristo!
“Stando a uno di quei teologi che tanto peso ebbero al Conc. Vat II, parola d'ordine del cattolico d'oggi dovrebbe essere “enjamber seize siècles” “scavalcare sedici secoli”, rimuoverne sin la memoria, per ricongiungersi alla Chiesa precostantiniana; la sola, a sentir lui, davvero evangelica e presentabile in società.
Oltre che impossibile, un simile proposito non conosce né la storia della troppo mitizzata comunità primitiva - un'occhiata alle lettere di Paolo, ai cronisti ecclesiali primitivi e ai Padri ci ricorda come sempre il bene sia mescolato al male - né la storia che ne è seguita. Tagliarne le radici è sempre il modo migliore per far morire un albero. Si cerchi almeno di esserne consapevoli.” (V. Messori, Pensare la storia: Ed. Paoline pagg. 43-44)
Pag. 59 (3° capoverso)
“... ora (cioè dopo le invasioni barbariche) non si può più fare questo catecumenato perché la gente entra in massa. Il catecumenato non può più tenere ed allora ciò che si deve fare è portare la gente al cristianesimo partendo dagli schemi religiosi pagani che ha”.
Nota: La Chiesa non ha portato alla fede i nuovi popoli partendo dal culto pagano. Una volta battezzati, ha utilizzato gesti, luoghi, templi ecc. dando a tutto questo un contenuto nuovo. La religione sta infatti, prima di tutto, nello spirito. Anche oggi la Chiesa fa questa opera con i pagani del nostro tempo. Vedi quanto si fa in tanti raduni nazionali ed internazionali anche alla presenza dello stesso Sommo Pontefice. Ciò è chiamato “inculturazione”. Non si può condannare questo metodo di evangelizzazione che, quando non è stato utilizzato, ha precluso per secoli l'adesione al cristianesimo di intere nazioni (Malabar - Cina).
Pag. 60 (1° capoverso)
“Allora, la Chiesa, partendo dal culto pagano della gente, la condurrà al cristianesimo... Con Costantino si apre come una parentesi che giunge fino ai giorni nostri. Quando parlo di parentesi non mi riferisco ad una cosa cattiva, ma ad un'epoca determinata della Chiesa in cui era necessario che le nazioni udissero l'annuncio del cristianesimo, come avvenne”.
Nota: Anche se si afferma che la parentesi che abbraccia ben 16 secoli di storia (da Costantino al Vaticano II) non si riferisce ad una cosa cattiva, ci si domanda quale sia il suo vero significato. “Indica - risponde Kiko - una epoca determinata della Chiesa in cui era necessario che le nazioni udissero l’annunzio del cristianesimo, come avvenne”.
Ma la spiegazione non elimina il dubbio, perché, si aggiunge, che in questo lungo periodo di ben 16 secoli la “Chiesa ha vissuto il cristianesimo a livello molto religioso e magico”!
Dunque, (secondo queste parole,) per ben 16 secoli la Chiesa ha praticamente perso lo splendore della fede primitiva che solo dopo il Vaticano II è stata ritrovata!
Come non si può affermare che questo giudizio così generico sia valido e che il grafico non indichi che qualcosa di molto importante sia accaduto nella Chiesa per tanto tempo; ma in senso negativo? Gli ascoltatori di Kiko, ignari per la maggior parte della storia della Chiesa, non sapranno che insieme alle ombre, conseguenze della sua parte umana, essa ha brillato nei secoli per tanti santi, per tanti Concili, dove l’attore principale è sempre lo Spirito Santo, per rendere sempre più chiara la fede e ferma la disciplina della Chiesa.
Si dimentica la serie innumerevole di missionari che hanno diffuso la fede anche a prezzo della loro vita.
Si dimenticano i tanti Ordini religiosi che nel corso di questi secoli sono diventati centro di civiltà e di santità per il mondo.
Si dimentica tutto per affermare soltanto che “bisogna uscire da un’epoca di un cristianesimo “molto religioso e magico”(!) per entrare nella fede”.
Questo giudizio non sappiamo se paragonarlo alla battuta di un ... impreparato sul piano culturale, o al tentativo che da secoli il Nemico rinnova per contrastare il Cammino del Regno di Dio.
La frase: bisogna uscire dalla religione per entrare nella fede, anche se oggi è usata da molti, non è esatta, né sul piano teologico, né su quello filosofico. Vuota retorica!
Pag. 60 (3° capoverso)
“Noi viviamo questo momento di transizione e proveniamo da un cristianesimo vissuto ad un livello molto religioso. La stessa cosa che Dio fece con il popolo di Israele, cioè che non distrusse la sua religiosità naturale, ma che andò purificandola, soprattutto nell'esilio in cui purificò i riti sacrificali, la stessa cosa ha fatto la Chiesa con le nazioni... Dio è andato sublimando questi sacrifici cruenti, di modo che quando giunge Gesù Cristo la spiritualità ebraica non è più basata su sacrifici di vacche e tori, ma fondamentalmente sulla Pasqua ebraica che una festa celebrata a livello familiare, che è un sacrificio di lode e una oblazione... “
Nota: Se noi uscissimo da un cristianesimo “vissuto ad un livello molto religioso”, come qui si afferma, che bisogno c'è di ricristianizzazione ecc. ? - Da notare inoltre, che la religione ebraica non era più una religione naturale, fondata cioè, sulle conoscenze di Dio acquisite con la sola ragione, ma, per le varie rivelazioni divine fatte ai Patriarchi, a Mosé, ai Profeti, era diventata una religione soprannaturale.
La purificazione dei sacrifici iniziata anche prima dei profeti e da questi poi tanto caldeggiata, non ha portato all'abolizione dei sacrifici di vacche e di tori che fino a Gesù sono continuati ad essere immolati nel tempio, ma a far capire il vero valore dell'atto che si compiva con quella immolazione rituale.
La Pasqua ebraica era il centro, ma non l'unica festa in cui si esprimeva la religiosità del popolo eletto.
Pag. 61 (1° capoverso)
“C'è stata un'epoca di cristianesimo vissuto ad un livello molto religioso e magico, oggi entriamo in un'epoca diversa ed abbiamo bisogno di passare ad un cristianesimo vissuto nella fede e non nella religiosità naturale. Uscire dalla religione per entrare nella fede. “
Nota: Chi non ha una fede, non ha neppure una religione. Ogni religione o religiosità nasce da una fede.
Da una fede laica, nasce una religione laica. Da una fede soprannaturale, come il cristianesimo, nascerà una religione soprannaturale. Ciò non significa che nell’uomo, in cui questa fede si manifesta, non ci possano essere atteggiamenti o manifestazioni non sempre coerenti con i postulati della sua fede.
“Non bisogna uscire dalla religione per entrare nella fede”, bensì purificare e approfondire la fede, per giungere ad una religione (o religiosità) che sia in coerenza con quanto creduto.
Questo è il compito dei maestri di ogni religione.
“Bisogna decisamente opporsi a questo schematismo di un prima e di un dopo nella storia della Chiesa, del tutto ingiustificato dagli stessi documenti del Vaticano II che non fanno che riaffermare la continuità del cattolicesimo. Non c’è una Chiesa “pre” o “post” conciliare: c’è una sola e unica Chiesa che cammina verso il Signore, approfondendo sempre di più e capendo sempre meglio il bagaglio di fede che Egli stesso le ha affidato. In questa storia non ci sono salti, non ci sono fratture, non c’è soluzione di continuità. Il Concilio Vaticano II non intendeva affatto introdurre una divisione del tempo della Chiesa”. (Card Ratzinger in Messori, Rapporto della fede, pag. 33).
Pag. 61 (1° capoverso)
“Noi abbiamo creduto che la fede fosse aderire ad una serie di verità astratte, credere certe cose. ... Alcuni pensano che il cristianesimo sia credere delle verità a livello razionale. ... La Chiesa è un avvenimento che si dà. ... che si realizza nella storia. ... La Chiesa è un avvenimento che continua a realizzarsi.”
Nota: È opportuno, al di là delle frasi roboanti ad effetto, fare alcune precisazioni. La fede è l'assenso ad una verità non conosciuta direttamente. È perciò fede umana quando si dà l'assenso ad una verità che può raggiungere con la sola ragione. Anche la fede in Dio, emessa attraverso il ragionamento, è inizialmente una fede umana quando afferma la Sua esistenza e certe sue proprietà. (cfr. C.C.C. n° 142, 143, 150, 151, 153, 154, 155, 156 ss., 170 e 177).
In questo atto di fede, detta “initium fidei”, è necessaria la grazia di Dio. Con la grazia nasce l'atto di fede soprannaturale, perché ha per oggetto Dio che si rivela e ciò non può essere percepito se non con la grazia.
Il Battesimo infonde nell'uomo la virtù della fede che aggiunge all'atto di fede naturale la capacità, la facilità di comprendere e accettare Dio che si rivela e quanto Egli rivela.
Se non tutti accettano la fede soprannaturale, ciò dipende dagli uomini (2Cor 4,3 ss) che si lasciano accecare la mente da satana e non perché il Vangelo non risplende sufficientemente.
Al dono della fede soprannaturale deve corrispondere l'uomo che accetta così il dono di Dio.
Nelle parole di Paolo (2Cor 4,3 ss) c'è un continuo riferimento alla grazia ma anche alla risposta dell'uomo che permette al dono della grazia di radicarsi e di fruttificare in lui.
Pag. 62 (1° capoverso)
“Mi sono dimenticato prima una cosa molto importante sulle religiosità, naturale. Tutta la religiosità naturale è basata sul timore. Il cristianesimo invece è basato sull'amore. Che significa timore? Che abbiano paura delle malattie, dei castighi. Ma nel cristianesimo, dice San Paolo, non avete ricevuto uno spirito di servi da ricadere nel timore, ma avete ricevuto uno spirito per il quale potete dire a Dio “Papà”.
Nota: Il timore dell’uomo nella religiosità naturale, si restringe alla paura di non poter ottenere ciò di cui egli ha bisogno.
Il timore del cristiano, principalmente, consiste, invece, nella possibilità di perdere la vera ricchezza a cui l’uomo aspira con tutto il suo essere: Dio.
Nel vero cristiano il timore è più profondo di quello che conosce e vive soltanto una religiosità naturale. Il cristiano, per la sua fede, sa che la privazione dei beni materiali è niente di fronte alla perdita eterna di Dio, bene infinito. È questa perdita che lo fa tremare. La fiducia nella paternità di Dio, anche se attenua il terrore naturale della morte, non elimina nell’uomo la possibilità di peccare e, quindi, di perdersi eternamente.
Kiko sembra escludere questo timore. Per lui, a salvare l’uomo basta la fede fiduciale di tipo luterano.
Pag. 63 (1° capoverso)
“Noi diciamo che nelle nostre comunità deve apparire una spiritualità reale, non una spiritualità da mistici, verso la storia.”
Nota: Che differenza c'è tra “spiritualità reale” e “spiritualità da mistici”?
Forse che quelli che si dedicano alla vita cosiddetta contemplativa, sono usciti dal mondo perché lo odiavano? La loro scelta è conseguenza di un bisogno psicologico o è stata fatta per assecondare una chiamata dello Spirito Santo?
L'esempio e la preghiera dei mistici non contribuiscono alla trasformazione del mondo? Forse Kiko conosce poco la storia del monachesimo e la sua influenza sulla civiltà, cultura, arte dell'Europa e del mondo? Oppure ritiene che soltanto quello che si pratica nelle comunità neocatecumenali sia veramente una spiritualità reale di cui ha bisogno la storia del nostro tempo?
A nostra volta domandiamo: è spiritualità reale l'imposizione di partecipare alle adunanze, alle catechesi, alle lunghe celebrazioni neocatecumenali, tenute normalmente di notte, fatte a genitori costretti a portarsi i loro bambini, che vengono così privati del riposo e danneggiati nel loro ritmo biologico? È umana, prima che cristiana, questa imposizione?
È spiritualità reale l'imposizione fatta ai genitori, di trascurare i figli che richiedono la loro presenza, per partecipare alle numerose adunanze serali e notturne, altrimenti essi non dimostrano di amare Dio al di sopra di tutte le cose e non possono continuare a considerarsi partecipi del movimento? (Cfr. Mt 10,37; Lc 14,26). “Prima la convivenza ecc. ... poi i figli “ - dicono! Ma il primo dovere dei genitori non è quello di provvedere all'educazione ed alla salute dei figli? La Comunità è più sacra della Famiglia?
È spiritualità reale imporre ai figli di partecipare, contro la loro volontà, alle assemblee o funzioni dei N.C. che si svolgono in ore normalmente dedicate al riposo. Assemblee dove piccoli ragazzi sono costretti ad ascoltare quello che anziani o “vecchi” dicono e che ad essi non interessano; dove spesso ascoltano (nelle penitenziali) cose che sarebbe opportuno, forse, non conoscere mai.
È spiritualità reale imporre con prediche continue, martellanti, inopportune un concetto di Dio che i bambini rifiutano, perché sa di inquisitore non di padre che ama?
È spiritualità reale preferire la Comunità alla Famiglia; le adunanze del movimento ai bisogni dei figli, che specie nell’età dell’adolescenza, vogliono vedere i genitori condividere i loro giochi, preoccupazioni, lavori? Si ha così, da parte dei figli, un rifiuto, prima nascosto e poi più palese, di questo Dio così invadente da distruggere anche nei genitori l’amore per loro? E quando potranno, manifesteranno la loro opposizione rifiutando Dio e la Chiesa. In molti di loro nascerà non solo il rifiuto, ma l’odio!
Abbiamo testimonianze di bimbi che sembrano terrorizzati, da cui è scomparso il sorriso infantile; che non possono più manifestare la loro esuberanza naturale perché continuamente repressi dai loro genitori.
E allorché essi chiedono quando finirà tutto questo, si sentono rispondere: ancora un poco. Ma quando? essi chiedono. Sono arrivati a battezzarsi nel Giordano, ma ancora non sono arrivati!
È spiritualità reale imporre (vedi pag. 340) la rinuncia a tutti beni, con la minaccia che chi non lo farà non potrà né salvarsi, né entrare nel Movimento?
Mentre la Chiesa, nella sua esperienza secolare, non fa emettere voto di povertà totale o di rinuncia ai beni a coloro che hanno ancora dei doveri verso i figli, Kiko con la sua spiritualità “reale”, supera leggi e sapienza della Chiesa!
Pag. 63 (4° capoverso - fine)
“Questo è il senso religioso naturale: servirsi di Dio e non abbandonarsi a Dio.”
Nota: La spiegazione di che cosa intenda Kiko per religiosità naturale, non annulla le obiezioni che nascono dalle sue affermazioni. Se Gesù stesso, come Kiko riconosce, utilizza questo elemento di fede naturale, imperfetta, per aiutare l’uomo, ciò significa che esso non è così negativo come invece lo presenta Kiko.
Pag. 63 (5° capoverso) e Pag. 64
“Ma esiste anche una crisi di fede. Perché non c'è fede? Perché non si danno i segni della fede. Questo è molto importante: non c'è cristiano senza aver visto un altro cristiano. Non può esistere la fede senza che incontriamo un cristiano adulto.”
Nota: Anche qui le affermazioni valide si mescolano, come un po' dovunque, ad altre non valide né consequenziali. È vero che, normalmente, la fede è originata dall'incontro con un credente che ti parla di Dio (“fides ex auditu”; cfr. C.C.C. n° 166). Ma la storia del cristianesimo è piena di persone che sono arrivate alla fede perché, almeno all'inizio, Dio è direttamente intervenuto nella loro vita.
La mancanza dell'amore e dell'unità, sono, per Kiko, i soli segni che, a suo giudizio sono la causa per cui non c'è la fede. Ma, pur riconoscendo che dalla carità e dall'amore praticato sull'esempio di Gesù, può venire e di fatto viene uno stimolo a credere, ci sembra giusta l'affermazione che è proprio la carenza di fede che produce la mancanza dei segni della fede. La frase che qui appare - e che spesso viene ripetuta nel testo - “non c'è la fede perché non si danno i segni della fede”, deve perciò essere capovolta: “non si danno i segni della fede, perché non c'è la fede”! Certamente la testimonianza di un cristiano autentico può essere uno stimolo alla ricerca della fede. Ma non basta! Dio si incontra anche negli uomini, ma se non ho gli occhi della fede per vederlo posso passare tra migliaia di essi e rimanere cieco. Sembra, inoltre, dall'esposizione di Kiko, che la “fede nasca dal senso religioso” (come vogliono i modernisti) e non (come insegna la dottrina cattolica) da un atto dell'intelligenza che conosce e dà volontariamente il suo assenso, sotto l'influsso della grazia.
Pag. 64 (inizio)
“Non può esistere la fede senza che incontriamo un cristiano adulto... Perché la Chiesa è il tempio di Dio. Perché Cristo ha voluto incontrare gli uomini. Se siamo la Chiesa e la Chiesa è il tempio di Dio, comprenderemo che gli uomini si possono incontrare con Dio solamente attraverso di noi... E' negli uomini che si incontra Gesù Cristo. Per questo è chiaro che tu puoi avere avuto una chiamata dal Dio della religiosità naturale, perché hai paura che ti licenzino, o perché hai paura di prendere una malattia e per questo te ne vai al tempio, ma può anche essere che tu non abbia mai visto un cristiano... Nella religiosità naturale hai bisogno di un sacerdote con la sua brava sottana che ti serva il culto...
Nel cristianesimo la fede è un'altra cosa. E' molto diverso che tu ti incontri con Cristo attraverso un cristiano. Non si tratta più di riti; è diverso... La crisi di fede da dove viene? Perché non si danno i segni della fede... Dove si danno questi segni (l'amore e l'unità. ) nella attuale struttura della parrocchia? Dove sono questi fratelli che si amano sino a dare la vita? Perché la buona notizia è che noi non moriamo, che la vita eterna è giunta fino a noi, che Cristo è risorto... La Chiesa non dà dimostrazioni razionali della vita eterna. La Chiesa dà la vita eterna, che è diverso, e la dà con i sacramenti, con segni. Non ha bisogno dì dimostrare nulla razionalmente... “.
Nota: In questa pagina, pur non dubitando delle buone intenzioni dell'autore, non si comprende la logicità di certe affermazioni. Ogni catechista, infatti, non può non conoscere elementari principi filosofici e teologici se vuole che la sua “catechesi” sia veramente un “eco” della Parola di Dio che sta proclamando. Infatti ritornano i concetti esposti da Kiko sulla religiosità naturale, che noi abbiamo criticato. Il sacerdote (“con la sua brava sottana”) non è indispensabile nella religiosità naturale; mentre nel cristianesimo, religione soprannaturale, lo è quando egli agisce, in virtù del Sacramento, dell'Ordine, a nome e con l'autorità di Cristo. Proprio perché non si tratta di riti, ma di sacramenti, cioè di segni efficaci della grazia da Cristo istituiti per la nostra santificazione. Ritorna inoltre l'affermazione per noi non esatta, che la crisi di fede proviene dalla mancanza dei segni della fede. Come già detto riteniamo che sia vero il contrario.
Per Kiko l'attuale struttura della parrocchia non dà segni della fede: l'amore e l'unità. A parte l'incompletezza di questa affermazione, essa ci dà l'impressione che Kiko conosca molto poco la vita della Chiesa, specialmente quella che si svolge in tante piccole parrocchie. Ci sembra strano che egli, uomo del nostro tempo, non sappia quello che recentemente è avvenuto nella sua patria, la Spagna, che non molti anni fa ha dato una testimonianza stupenda di fede in Cristo e nella sua Chiesa con le migliaia di martiri trucidati dai nemici della fede. Molti di questi sono stati recentemente canonizzati dal Papa Giovanni Paolo II. C'è infine da notare che da tutto il discorso di questa pagina sembra che la fede non sia un dono di Dio, ma che essa nasca, come vogliono i modernisti, da un senso religioso o da gesti ed atti umani, e quindi dalle nostre forze, come vogliono i Pelagiani. Non c'è mai un accenno all'azione della grazia nell'emissione dell'atto di fede (cfr. C.C.C. n° 166, 168, 169 e 171).
Pag. 65 (2° riga)
“Nella Chiesa primitiva molti segni sacramentali si facevano prima della catechesi. Molte catechesi si facevano, dopo il battesimo, nel neofitato. Perché si comprendeva che il segno era reale, che il segno che ha bisogno di essere spiegato non è segno.”
Nota: Sembra che Kiko non abbia chiaro il concetto di “Segno sacramentale” o del “Sacramento, come segno efficace della grazia”. Inoltre, egli afferma:” il segno che ha bisogno di essere spiegato non è segno.”. Ma ciò non è sempre vero. Vi sono dei segni naturali (p. es.: il fumo, segno del fuoco), ma la maggioranza sono quelli artificiali (p. es.: i segnali stradali - infortunistici ecc.) che non hanno alcun significato per chi non è addetto ai lavori. Per comprenderli ci vuole una scuola (e spesso anche un esame!).
Il segno sacramentale è efficace per se stesso, e non perché io lo comprendo. Altrimenti bisognerebbe affermare l'invalidità del Battesimo dei bambini, o di altri Sacramenti dati in particolari circostanze (p. es.: ad un moribondo).
Da qui la confusione enorme e l'uso errato che si fa della parola “Sacramento”, dimenticando l’evoluzione che questa parola ha avuto specie con Tertulliano, S. Agostino e la Scolastica..
Pag. 65 (1° capoverso)
“Perché la buona notizia è questa: non muori. Questa è la notizia che tutto il mondo sta aspettando. Perché tutti dobbiamo morire, bianchi, negri, cinesi, maomettani, ecc. Tutti siamo condannati a morte.”
Nota: La buona notizia (= il Vangelo) non è che tu “non muori”, ma che il Regno di Dio è arrivato con Cristo e in virtù della sua passione e morte tu sei stato fatto figlio di Dio. E, se figlio, anche erede (cfr. Mt 4,23; 24,14; Lc 8,1; 9,11; 9,60; At 1,3; 8,12; 19,8; 20,25; 28,23; Col 4,11)..
Pag. 65 (3° capoverso)
“Che deve fare un cristiano perché la gente veda Cristo? ... Essere molto casto e puro? Bene, figurati i Maomettani che fanno digiuni tremendi e non possono mangiare carne né bere bibite alcooliche, e tuttavia anche questi non sono segno di Gesù Cristo.”
Nota: È un po' troppo mettere sullo stesso livello mussulmani e cristiani soltanto per la preghiera pubblica e il digiuno (che poi è solo diurno!). E la fede nella Trinità, nell'Incarnazione, nell'Eucaristia? E la dottrina sulla famiglia, sulla Grazia, sulla redenzione ecc.?
Kiko aveva iniziato il suo discorso parlando di castità e di purezza come segni che il cristiano dovrebbe presentare per far conoscere Cristo Gesù, continuando però il discorso, dimentica la premessa da cui è partito per parlare dei digiuni tremendi (!!!) dei mussulmani. Che c’entrano questi con la castità e la purezza con la quale i cristiani potrebbero far vedere Cristo?
Pag. 66 (3° capoverso)
“S. Stefano quando lo lapidavano offriva il suo sangue per i suoi carnefici. Quegli assassini si salveranno per il sangue di Stefano, perché era lo stesso sangue di Gesù Cristo. ... Il sangue dei cristiani è lo stesso sangue redentore di Gesù Cristo.”
Nota: In Atti 7, 59-60 si dice che S. Stefano, mentre moriva, ha supplicato il Signore di non imputare ai suoi uccisori, il peccato che stavano commettendo. Egli, da buono ebreo, sapeva che Dio avrebbe fatto ricadere il suo sangue innocente sul capo di coloro che lo versavano perciò egli supplica il Signore di non attuare verso i suoi crocifissori quanto promesso, nel V.T., della stessa parola di Dio. La famosa frase di Tertulliano diceva che “il Sangue dei martiri è seme dei cristiani”, perché il martirio aiutava la diffusione del cristianesimo, ma non perché quel sangue redimeva le anime. Anche se il cristiano per il Battesimo è misticamente unito a Cristo, la natura umana resta intatta. Il suo sangue sarà sempre un sangue umano e non quello di Cristo, che è il solo sangue redentore (Rom 5,9; Ef. 1,7; Col 1,20; Eb 19,19 ecc.).
Il sangue di un uomo, non salva nessuno anche se, versato con amore, può implorare da Dio la salvezza del fratello. Siamo costretti a ripetere quanto già detto: a parte le gravi imprecisioni sul piano teologico, c'è un fondo di semi-pelagianismo in queste affermazioni, come se con le nostre forze, i nostri esempi, la nostra testimonianza di perdono ecc., noi fossimo capaci, da soli, senza la grazia, di salvare qualcuno, dimenticando che questa è un dono gratuito di Dio, che l'uomo non può meritare (Gv 6,44; Eb 12,2).
Pag. 67 (2°, 3° e 4° capoverso)
“Come ha risposto il Concilio a questa situazione? ...(= spirito di desacralizzazione). La prima cosa che ha fatto il Concilio è stato di rinnovare la liturgia e di parlare dei segni che devono essere recuperati. Perché dopo Trento eravamo rimasti con le essenze e le cose astratte ed avevamo perduto il valore dei segni.” ... “ Il Concilio ha risposto rinnovando la teologia. E non si è parlato più di dogma della Redenzione, ma di Mistero di Pasqua di Gesù, ...” ... “Ad una crisi di fede, perché mancano i segni della fede, il Concilio, dichiaratosi ecumenico, ...”
Nota: Il Vaticano II che è ecumenico non perché si è dichiarato tale, ma perché è nato e si è svolto osservando le norme del C.J.C. (337 ss), come ogni altro Concilio ecumenico della storia della Chiesa, ha dato le direttive necessarie per superare le difficoltà che la Chiesa del nostro tempo incontrava sul suo cammino.
Si nota in queste parole il fondamentalismo di Kiko che invece di cogliere l’essenziale della verità cristiana, si ferma ai termini con i quali certe verità della fede vengono riformulate.
Così qui, secondo Kiko, la formula “mistero pasquale di Cristo” usata dal Vaticano II, sembra escludere ed annullare quella in uso precedentemente: “mistero della redenzione”.
Ma il C.C.C. n° ci ricorda sovente che con l’espressione “mistero pasquale” si intende l’opera della Redenzione compiuta da Gesù: opera che comprende tutta la sua vita anche se essa ha avuto il suo culmine nella Passione e Morte in croce. (cfr. C.C.C. n° 517, 518, 519, 571, 599, 606, 607 e 613).
Usare una nuova formulazione non significa cambiare il contenuto del dogma. Ma chi non è abituato al linguaggio teologico, e perciò non è vero teologo, certe formule non le comprende!
Premesso questo, Kiko nel 2° capoverso ricorda il rinnovamento della liturgia voluto dal Concilio. Tutti riconoscono che questo rinnovamento, auspicato e preparato da tanti anni, (vedi la riforma del Triduo pasquale attuata prima del Concilio Vat. II) ha facilitato una maggiore partecipazione dei fedeli, come pure una migliore comprensione dei riti, “che dopo Trento (dice il testo) avevano perduto il valore dei segni, perché la Chiesa era rimasta con le essenze e le cose astratte”. Queste espressioni che suonano come un velato (ma non troppo!) rimprovero alle decisioni del Concilio di Trento e quindi al Magistero della Chiesa, sono la dimostrazione di una scarsa conoscenza teologica della dottrina dei sacramenti, come pure rivelano una superficialissima conoscenza della storia della Santità della Chiesa. L'autore, infatti, confonde tra liturgia e rubricismo, come pure tra l'effetto “ex opere operato” e quello “ex opere operantis” dei sacramenti stessi (cfr. C.C.C. n° 1127 e 1128).
Il primo effetto (ex opere operato), non dipende dalle condizioni di chi opera, ma dalla natura stessa del sacramento che si riceve. Questo effetto si ottiene sempre in forza dell'oggettivo compimento del rito sacramentale. Questa è una verità di fede solennemente definita (cfr. Concilio di Trento: D. 849 - 695 - 850 - 851 - 799). Ora il segno esterno, per quanto velato, o non compreso, non influisce sul valore del Sacramento (vedi per es. come in momenti di persecuzione ecc. sono stati celebrati e amministrati certi sacramenti). I protestanti hanno combattuto vivacemente questo modo di esprimersi della Chiesa perché per loro i sacramenti non sono mezzi di grazia, ma di fede e pertanto hanno solo un valore psicologico e simbolico.
“L'opus operantis” è, invece, la disposizione soggettiva di chi riceve il sacramento. La Chiesa insegna che la grazia sacramentale non viene concessa a motivo dell'attività soggettiva di chi riceve il sacramento; ma viene dal segno o rito sacramentale validamente posto, non importa se, più o meno, chiaramente percepito.
Non è quindi la maggiore o minore comprensione del rito, che rende efficace il Sacramento. Questa può rientrare nelle condizioni previe richieste esplicitamente dalla Chiesa nell'adulto (D. 849). Dal grado, infatti, della disposizione soggettiva dipende la misura della grazia ottenuta “ex opere operato” (D. 799). Come ricorda anche Pio XII (AAS. 1947 pag. 533-534 e AAS. 1945 pag. 39).
Non neghiamo, con questo, che la comprensione del rito possa aiutare ad acquisire una maggiore disponibilità interiore all'azione della grazia; ma altro è ritenere questa comprensione come la “conditio sine qua non” della validità del Sacramento. Se quanto si afferma qui fosse vero si dovrebbe dire che, dopo il Concilio di Trento, la Messa (in modo particolare) non sarebbe stata più, nella Chiesa, una sorgente di grazia e di santità, soltanto “perché si diceva in latino, in un certo modo per cui i segni erano oscurati”.
La storia della Chiesa presenta un grande numero di anime, anche di semplici cristiani, che dall'Eucaristia hanno tratto il nutrimento di una vita che li ha portati sino alla vetta della Santità. (Così S. Carlo Borromeo, S. Filippo Neri, S. Curato d'Ars, S. Alfonso de' Liguori, S. Giovanni Bosco, S. Gaspare del Bufalo, S. Maria Goretti ecc. e tutti i santi elevati agli onori degli altari anche prima del Concilio Vaticano II).
Non è la riforma del rito sacramentale o della Messa, che rende più efficace un Sacramento; ricadremmo nel rubricismo. È necessaria, anche dopo il Concilio, una catechesi fondata sul dogma, continua, capillare, altrimenti anche i nuovi riti ed i nuovi gesti perdono a lungo andare senso e significato. Per ultimo, nella dottrina del movimento neocatecumenale non c'è alcun collegamento tra salvezza e immolazione di Cristo, né sul piano ontologico, né su quello soprannaturale e meritorio ... La Pasqua, per Kiko non è più il Mistero della nostra Redenzione, ma soltanto quello della Risurrezione di Cristo! E ciò appare dal loro modo di celebrare la Pasqua. Infatti i neocatecumenali non partecipano - come gruppo - ai riti solenni che in tutte le chiese si svolgono il Giovedì ed il Venerdì Santo. Soltanto alcuni, singolarmente, perché educati da una precedente catechesi, vi partecipano. Il gruppo si limita ad una ripetizione della lavanda dei piedi, che non è poi l'elemento caratterizzante l'ultima cena, fatta fra i membri o in casa o in locali adiacenti alla Chiesa, ma senza messa. L'unica partecipazione o commemorazione di quei giorni è quella della notte del Sabato Santo...!
Con la frase di Kiko (pag. 67, 3° capoverso):” ... con il rinnovamento teologico del Concilio non si è parlato più di dogma della Redenzione, ma di Mistero di Pasqua di Gesù” “siamo al di là della stessa concezione luterana! Il mistero pasquale di Cristo comprende la Passione, Morte, Resurrezione e Ascensione del Signore; non solo la Resurrezione. Di questo mistero parla spesso il C.C.C.. Si confrontino i n° 456, 457, 461, 512, 517, 571, 601, 607, 608, 616 e 1934.
Il Card. Ratzinger scrive: “Difendere oggi la Tradizione vera della Chiesa significa difendere il Concilio. È anche colpa nostra se abbiamo dato talvolta il pretesto (sia alla “destra” che alla “sinistra”) di pensare che il Vaticano II sia stato un strappo, una frattura, un abbandono della Tradizione.
C’è invece una continuità che non permette né ritorni all’indietro né fughe in avanti, né nostalgie anacronistiche né impazienze ingiustificate. È all’oggi della Chiesa che dobbiamo restare fedeli, non allo ieri o al domani: e questo oggi della chiesa sono i documenti del Vaticano II nella loro autenticità.
Senza “riserve” che li amputino. E senza “arbitrii” che li “sfigurino” (Messori: Rapporto sulla fede, pag. 29).
Pag. 68 (1° capoverso)
“Come applicare il rinnovamento del Concilio alla parrocchia concreta? Per mezzo di una comunità catecumenale, aprendo un cammino catecumenale. ... Ad una crisi di fede che oggi esiste nella parrocchia, ... come risponderemo? Creeremo una comunità cristiana che dia i segni della fede.”
Nota: È lodevole il desiderio di portare alle Parrocchie i frutti del Concilio.
Ma per questo non esistono soltanto le Comunità neocatecumenali, dalle quali qualcosa si può anche imparare ma, certamente, non tutto!
La Chiesa non ha mai creato monopoli fra i cristiani o tra i movimenti sorti nel suo grembo.
Pag. 68 (5° capoverso)
“Qual'è la porta per entrare nella Chiesa? Il Battesimo. Non c'è altro cammino. Oggi si parla molto di pluralità di vie. Ce n'è una sola: il Battesimo mediante un catecumenato serio, di anni.”
Nota: È veramente paurosa questa esclusione di una pluralità di vie e l'affermazione dell'unicità del Cammino neocatecumenale per entrare nella Chiesa viva, per riscoprire la vera Chiesa di Cristo. È una condanna implicita di ogni altro movimento! È la proclamazione dell'infallibilità del movimento neocatecumenale. Dopo 1600 anni di silenzio (vedi Pag. 58), lo Spirito Santo avrebbe affidato soltanto a Kiko la missione di rifondare la Chiesa!
L’affermazione di Kiko, inoltre, contiene altre inesattezze.
Se il Battesimo dovesse essere sempre preceduto da un catecumenato di anni, allora si dovrebbe abolire il Battesimo dei bambini, che la Chiesa invece pratica da secoli.
Anche i neocatecumenali dovrebbero escludere i loro aderenti dai sacramenti fino a quando, dopo 20 anni, avranno rinnovato il rito battesimale.
Pur esistendo varie motivazioni che consigliano nel nostro tempo una certa attesa per il conferimento del Battesimo, forse, si dimentica, che la presenza viva e dinamica dello Spirito Santo nel battezzato anche, se percepita e vissuta seppur debolmente, è sempre un dono di vita soprannaturale che ha leggi di sviluppo, proprie di ogni intervento dello Spirito di Dio. (cfr. C.C.C. n° 782, 846, 847, 848, 871 e 1213; D.B. 696).
premessa: Per aiutare quanti desiderano fare un confronto fra la catechesi di questo capitolo e quello che insegna la Chiesa, abbiamo creduto opportuno richiamare alcuni principi teologici sull'argomento.
1) Per quanto riguarda la fondazione della Chiesa da parte di Gesù confrontare: Vat. I - D. 1821; Pio X - D. 2145 e tutti gli innumerevoli testi del Nuovo Testamento (p. es.: Mt 4,17; 10,7; 12,28; 5,20; 7,21; 18,3; 6,33; 21,43; 23,13; 16,18; 4,18; 18,17; Mc 3,14; 16,15; Lc 6,13; 22,19; Gv 20,23; Ef 2,20; 5,13; Col 1,18 ecc. ecc.);
2) sul fine ad essa assegnatole da Gesù confrontare: Vat. I D.1821 - Enc. “Satis cognitum” - 1895 e il C.C.C. n° cap 3 art 9 n° 731, 874, 894, 895, 896 e 975;
3) sulla sua costituzione gerarchica, voluta dal Divino Fondatore confrontare: C. Tr. D. 966; Pio VI D. 1502; Pio X D. 2064; Pio XII Enc. M.C.; C.C.C. n° 551, 552, 553, 765, 880, 881, 882; e poi tutte le prove bibliche.
Dopo questo, ricordare la distinzione tra l'aspetto giuridico e quello mistico della Chiesa (C.C.C. n° 771).
Per quanto riguarda l'aspetto gerarchico, ricordare che Cristo, unico Redentore del mondo, ha voluto che tutti gli uomini per salvarsi si unissero a Lui per mezzo della Chiesa visibile, (Cfr. Pio XII M.C. 12 - L.G. 9), unendo tutti gli uomini in una organica unità (L.G. 2). Questo popolo è la Chiesa: “l'assemblea degli uomini convocati da Dio in Cristo” (Paolo VI - 6.5.70).
Il regno di Dio che Gesù ha voluto, è una società organica, ben organizzata, con dottrina propria, con propri capi e propri riti.
La Chiesa è il regno di Dio sulla terra, è la continuatrice di Cristo, anzi, in qualche modo, è Cristo stesso che continua la sua presenza nella storia. Questa identità della Chiesa con Cristo non può essere dimostrata, ma creduta. La Chiesa quindi è oggetto di fede (diciamo “credo la Chiesa”) per la realtà profonda che vi è in lei, attestata solo dalla Parola di Dio. Con Gesù la Chiesa santifica, insegna, rimette i peccati.
Per quanto riguarda l'aspetto mistico della Chiesa, richiamare la dottrina del Corpo Mistico, che non è pura elucubrazione di teologi, ma “è attinta originariamente al labbro stesso del Redentore” (M.C. 1). (Cfr. Gv 15,1-8; 17,21-23; Gal 3,28; Col 3,11; 1Cor 12-27 ecc.; Ef 1,28 e la M.C. 78).
I cristiani sono perciò partecipi della vita di Cristo. Nei membri della Chiesa, soprannaturalmente vivi, c'è un principio di unità reale; una realtà che li accomuna, la realtà della presenza di Cristo: della grazia.
L'incremento della Chiesa, corpo mistico di Cristo, è perciò prima dal di dentro. La Chiesa cresce dall'interno e non viceversa. Essa si forma nella vita di preghiera, nella vita sacramentale, negli atteggiamenti di fede, speranza e amore. Quindi per essere Chiesa, il singolo deve vivere prima questi atteggiamenti. Certamente questa incorporazione a Cristo dei cristiani, non deve essere intesa in senso panteistico (cfr. Pio XII M.C. 79-80), come sembra faccia Kiko a pag. 66 quando dice che il sangue dei cristiani, di Stefano, è lo stesso sangue redentore di Cristo! (cfr. anche pag. 143).
Questa distinzione o divisione tra Chiesa gerarchica e Chiesa mistica non deve portare a concludere che ci sono due chiese. La Chiesa invisibile e la Chiesa visibile sono l'unica Chiesa di Cristo (cfr. L.G. 7; Pio XII H.G. 17; L.G. & M.C. 63).
Anche se oggi si insiste di più sull'aspetto interiore (cfr. M.C. e L.G.), non si può eliminare, come fanno i Protestanti, l'aspetto sociale e gerarchico della Chiesa. Anche se la Chiesa cresce dal di dentro, implica l'altro elemento voluto da Cristo, il Corpo, del quale siamo chiamati a far parte in maniera completa. Ecco il carattere comunitario della Chiesa che richiede il “noi”. Io - da solo - non posso dire: sono la Chiesa. Ma “noi” siamo la Chiesa (noi, tutti i membri vivi e defunti).
L'aspetto gerarchico è sempre in funzione dell'aspetto mistico, cioè alla crescita della Chiesa dal suo interno. Per questo il Vaticano II sottolinea che l'autorità della Chiesa è un servizio per amore, per l'utilità altrui. Questo concetto di servizio riguarda tutta la Chiesa, tutto il corpo ecclesiale, quindi anche le supreme autorità e i supremi poteri gerarchici, che si caratterizzano, appunto, sul piano della carità, dal quale emergono e al quale sono ordinati.
La Chiesa è sacramento universale di salvezza.
Partendo dal principio biblico che nessuno si salva se non attraverso Cristo, unico mediatore, per divina disposizione la salvezza si compie, nella storia, attraverso la Chiesa. Se la Chiesa è prolungamento di Cristo: se è il Corpo mistico di Cristo, ne consegue che aderire alla Chiesa è aderire a Cristo, e aderire a Cristo è tutt'uno che aderire alla Chiesa.
Perciò, ammettere che uno si salvi fuori dalla Chiesa, è come ammettere che uno si salvi senza passare per il Cristo, con le sue sole forze. “Noi crediamo (Prof. di fede di Paolo VI) che la Chiesa è necessaria alla salvezza, perché Cristo, che è il solo mediatore e la sola via di salvezza, si rende presente per noi, nel suo Corpo, che è la Chiesa”. Così il Vaticano II (L.G. 48) chiama la Chiesa “Sacramento universale di salvezza” (sacramento = cioè, la realtà visibile che significa e produce l'unità di tutti i membri in Cristo (cfr. L.G. 9 - 14 e 15 e il Decreto U.R. che sviluppa questi concetti). Chi riceve il Battesimo validamente è inserito in Cristo, riceve la grazia, diventa membro di Cristo e della Chiesa.
Si resta nella Chiesa finché non la si rinnega con atto positivo e personale, col quale uno respinge Cristo e la sua dottrina. L'uomo, con tale atto, perde la grazia e diventa eretico o scismatico. Se un fedele pecca mortalmente, non si distacca dalla Chiesa, ma diviene membro inerte, ammalato. Quindi figli della Chiesa sono tutti i Battezzati, (anche protestanti o scismatici). L'essere nati fra questi non significa ripudio della fede o della disciplina. Si è fuori (= eretici) solo quando si impugna con atto personale, cosciente e libero, una o più verità di fede. Quindi chi nasce nel Protestantesimo o nell'Ortodossia non è separato dalla Chiesa (U.R. 3) cattolica, e si salva.
Ma anche i non cristiani (che ancora non sono membra della Chiesa) sono ad essa ordinati (L.G. 16) in vari modi, perché tutti gli uomini sono chiamati a formare il popolo di Dio (L.G. 13-16-17; 1Tim 2,4; At 17,25).
Però solo la Chiesa è il “sacramentum salutis”; altrimenti tutte le religioni positive sarebbero indifferenti per la salvezza. Tesi questa condannata dal Magistero (D.B. 1716; L.G. 9-13; At 17,23).
Pag. 69 (4° capoverso)
“Secolarizzazione è un fatto positivo: la gente non ha più bisogno di religione. E' quanto affermava il buon Bonfhoeffer.”
Nota: Non condividiamo questa affermazione: “la secolarizzazione è un fatto positivo: la gente non ha più bisogno di religione”. “La secolarizzazione è un fatto positivo”? Le scienze danno la risposta sui problemi fisici ecc., ma non su quelli del nostro destino e della nostra origine. La religione naturale è stata incapace (perché le era impossibile) di dare una risposta completa a questi problemi. Il limbo, o i campi elisi ed altre credenze pagane, nascevano da un'esigenza che scaturiva dal bisogno di immortalità, come pure da una conoscenza, anche se non perfetta, della trascendenza del divino. Kiko che si richiama tanto al Concilio non ha percepito o capito che il Concilio pur riconoscendo alla religione naturale certi valori, questi non sono sufficienti a risolvere il problema fondamentale dell'uomo. Il Vangelo non distrugge la religiosità naturale nel suo supporto di dipendenza dell'uomo da Dio, anche se lo arricchisce di una verità nuova e splendida, concepibile solo dopo una rivelazione. Il Vangelo non è una desacralizzazione, ma aggiunge alla sacralizzazione che ogni religione porta, questo aspetto bellissimo di una dipendenza da Dio, che non è più solo l'Assoluto, ma è soprattutto il Padre.
Il cammino della scienza, a cui il credente non è estraneo (vedi Marconi, Medi, Zichichi, ecc.) non allontana l'uomo da Dio, perché la scienza non risolve che una parte dei problemi umani. I più fondamentali li chiarisce solo la religione: ieri, oggi e sempre. L'uomo secolarizzato è in fondo un uomo che non vive completamente la sua dimensione umana (corpo e spirito), ma si ferma ad una parte dei problemi. La secolarizzazione è quindi ambigua, può essere buona, se ci fa cercare la soluzione giusta per vie giuste; è cattiva quando fa cercare una soluzione trascendente, solo per vie matematiche e scientifiche. Questa secolarizzazione è uno dei frutti dell'umanesimo ateo, dell'illuminismo, della rivoluzione francese, del liberalismo e ultimamente del marxismo, che da secoli si sono introdotti anche fra i cristiani.
Poiché Kiko non ha chiara la distinzione tra religiosità naturale e cristianesimo, che è religione soprannaturale, ne derivano le espressioni, poco chiare e abbastanza confuse di questa esposizione. Nella religiosità naturale non esiste l'idea della vita come prova, né del cielo o dell'inferno, come premio o castigo. Questa verità ce l'insegna, con chiarezza, soltanto la rivelazione, non la religiosità naturale, a cui non si può rimproverare se l'uomo chiede alla divinità soltanto ciò di cui ha bisogno in questa vita. Ma non è in queste affermazioni di Kiko che c'è il peccato più grave di questo testo!
Pag. 70 (1° capoverso - fine)
“l'uomo secolarizzato accoglie questa notizia in modo semplice.”
Nota: È vero il contrario: l'uomo secolarizzato non ascolta più nessuno perché non crede più a niente. Mentre il pagano, l'uomo che ha ancora la religiosità naturale, si converte al cristianesimo apprezzandolo quando ne conosce la verità e la bellezza.
Pag. 71 (4° capoverso)
“La storia della salvezza, infatti, comincia con Abramo, a cui Dio comanda di seguirlo senza neppure dirgli dov'è la terra che gli darà.”
Nota: Anche se comunemente si ripete in tutti i testi che la storia della salvezza comincia con Abramo, in realtà essa comincia con la promessa del Redentore fatta da Dio ai nostri progenitori subito dopo il peccato. La Bibbia che ci riferisce questa promessa riporta una realtà accaduta nella storia dell'uomo; poco importa che quel fatto sia accaduto in un'epoca comunemente definita preistorica.
Abramo è il punto di partenza della realizzazione del piano di Dio, che si completerà con la nascita, passione e morte di Cristo Gesù.
Pag. 71 (5° capoverso)
“Perciò per spiegare un po' che cosa intendiamo per fede infantile abbiamo parlato della religiosità naturale. E abbiamo spiegato come in fondo nell'uomo religioso naturale c'è un divorzio tra religione e vita, perché situa il sacro nel tempio e solo lì.”
Nota: La già notata mancanza di chiarezza su concetti fondamentali porta Kiko ad affermazioni imprecise. Anche il cristiano pur professando una religione soprannaturale può viverla in modo infantile che però non può chiamarsi mai religiosità naturale. Chi ha la fede soprannaturale può sempre chiedere l'aiuto, finché vive sulla terra, per la soluzione dei suoi problemi umani; quindi può chiedere, anche se in forma subordinata (cfr. Mt 5,33), i beni naturali di cui ha bisogno: “Padre ... dacci ...” ci ha insegnato Gesù. Come pure: “Signore, se tu vuoi puoi guarirmi”.
Nella religione naturale il sacro non è situato come afferma Kiko solo nel tempio. Questo è il luogo della manifestazione della divinità. Ma il sacro non è soltanto lì.
Pag. 72 (1° capoverso)
“Dicevamo ancora che questi cristiani, che vivono il loro cristianesimo a livello di religiosità naturale, vivono una religione di paura, in qualche modo vivono nel timore del castigo di Dio. Questo modo di vivere il cristianesimo viene dal fatto che non siamo stati sufficientemente catechizzati ed educati alla fede. Forse non abbiamo mai visto il vero cristianesimo incarnato in uomini reali. Perché il cristianesimo non è un ideale per santi, bensì una vita per ogni uomo, qualcosa che lo fa vivere meglio e più felice.”
Nota: Sono affermazioni gratuite. Anche l’uomo della religiosità naturale aveva delle norme che regolavano la sua vita e sulle quali sarebbe stato, alla fine, giudicato (Rom 2,12-16). S. Paolo dice: “Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore (Fil. 2,12). Chi ha esperienza di vita cristiana sa che esistono molte persone semplici ed umili, che vivono un cristianesimo autentico, in una pienezza di fede da trasportare le montagne e rendere serena e bella la vita, pur tra le difficoltà e le pene di ogni giorno. E questi cristiani sono dovunque: nell'arte, nello sport, nella cultura, nel lavoro, ecc. Sono come le stelle: silenziose, ma splendenti. Kiko dice che questi uomini reali che incarnano il cristianesimo, non li ha mai visti!! Ce ne dispiace per lui! Ma non dica che i santi verranno solo dai neocatecumenali: Il cristianesimo è per tutti vocazione alla santità (Cfr. C.C.C. n° 459, 521, 562, 1694, 1697 e 1698) e non solo “qualcosa che ci fa vivere meglio e più felici”.
Pag. 72 (2° capoverso)
“Abbiamo visto che alla base di tutta questa realtà c'è una seria crisi di fede. Questa crisi è alla base. Consiste nel fatto che non abbiamo mai visto i segni della fede. I teologi dicono che senza i segni non si può dare la fede.”
Nota: I teologi, con S. Paolo, insegnano che la fede nasce dall’ascolto della Parola di Dio (Rom 10,17), e si fonda sull’autorità di Dio rivelante (C.C.C., 156).
Le prove esteriori, come i miracoli di Cristo, dei santi, le profezie, la santità della Chiesa, ecc., sono motivi di credibilità, i quali mostrano che l’assenso della fede non è affatto un cieco moto dello Spirito (C.C.C., 156).
Con la frase su riportata si ritorna all'affermazione da noi rifiutata, che la crisi della fede dipende dalla mancanza dei segni di fede. Per noi è vero il contrario. Kiko dimentica, su questo punto, gli insegnamenti della Chiesa (cfr. Vaticano II D.V. 4,5 e Paolo VI discorso del 21.6.67 e 24.11.65) e di tanti Padri e Dottori.
Ogni cristiano vero può dare segni di fede, dai più piccoli ai più grandi, che si notano oppure no. Non è forse presunzione e orgoglio, affermare che solo la Comunità neocatecumenale è capace di dare i segni della fede?
Kiko è tanto convinto della sua verità che, insieme a Carmen, disse ad un Arcivescovo: “soltanto se diventerà neocatecumenale sarà un buon Arcivescovo”!
Pag. 73 (1° capoverso)
“A questa situazione della Chiesa, ... in cui molti hanno perso il senso di Dio, ... perché non vediamo da nessuna parte i segni della fede, il Concilio Vaticano II ha risposto molto seriamente.”
Nota: Si ritorna ad affermare erroneamente che la perdita della fede è causata dalla mancata visibilità dei segni della fede.
In più Kiko dice che nella Chiesa “i segni della fede non si vedono da nessuna parte”. Anche se la Chiesa vera sarà sempre “un piccolo gregge” (Lc 12,32) fino al giorno finale, con queste affermazioni o si vuole demolire tutto - o si è ciechi del tutto!
Pag. 73 (2° capoverso)
“Di fronte ad un processo di desacralizzazione ha risposto rinnovando la liturgia, perché avevamo perso il senso di Dio, del culto e della liturgia. ... il Dio della scrittura non è mai un Dio immobile, ma è “Colui che passa”, in completa contrapposizione con gli dèi statici delle altre religioni. Il nostro Dio è la “Mercabà”, il carro di fuoco, è Iahvè colui che “passa”, è la Pasqua, è colui che fa Pasqua (passaggio) e fa passare anche noi. Gesù Cristo risorto non è mai statico. Gli apostoli lo incontrano sotto diversi aspetti e sempre in movimento.”
Nota: In tutto il lungo periodo ci sono affermazioni senza fondamento. Si ha l'impressione che Kiko conosca solo la fisica, non la metafisica! Vedi le frasi:
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