martedì 1 febbraio 2011
TUTTA LA VERITA' SU: WIKILEAKS.... DOCUMENTARIO
Julian Assange: fondatore di Wikileaks
Sotto l'interessantissimo documentario della TV svedese, (con sottotitoli in italiano) che svela come è nato Wikileaks e quali sono gli ideali che lo muovono.
Chi e' Julian Assange :
Conduce "una vita da James Bond della contro-informazione", come la definisce lui stesso. Viaggia sotto falso nome, evita gli alberghi, si tinge i capelli, cambia continuamente telefonino (criptato) e impone ai suoi collaboratori di fare lo stesso. Paga solo in contanti (le carte di credito lasciano tracce) e anche quelli deve farseli prestare per non usare il Bancomat. Eppure l'inizio di questa storia è ben diverso, il che infittisce il mistero di WikiLeaks. Catalogata al suo battesimo nel 2006 come un "organo d'informazione internazionale non-profit", si autodefinisce così: "Un sistema a prova di censura, per generare fughe massicce di documenti riservati senza tradirne l'origine". Tra le regole statutarie: "Accetta solo materiali segreti", e i documenti devono avere "rilevanza politica, diplomatica, storica, etica". Un anno dopo il suo lancio, sul sito WikiLeaks c'erano già 1,2 milioni di documenti. Assange non figura subito come il capo. Alle origini l'organizzazione si descriveva come un collettivo, animato da noti dissidenti cinesi come Xiao Qiang, Wang Youcai e Wang Dan; giornalisti in lotta contro le dittature; matematici ed esperti informatici che cooperavano da Stati Uniti, Europa, Australia, Taiwan, Sudafrica. La componente cinese nel nucleo fondatore è importante: quei dissidenti si sono allenati a "bucare" un muro impenetrabile, la Grande Muraglia di Fuoco, la censura informatica della Repubblica Popolare. La loro presenza è anche all'origine di velenosi sospetti - probabilmente infondati - sull'infiltrazione dei servizi segreti di Pechino in WikiLeaks.
Nei primi anni la battaglia è rivolta soprattutto contro i regimi autoritari, i genocidi, la repressione del dissenso. Nel 2008 WikiLeaks si guadagna un riconoscimento da Amnesty per le rivelazioni sulle esecuzioni sommarie della polizia in Kenya. The Economist assegna al sito il premio New Media Award. Tutto cambia di colpo nell'aprile di quest'anno, quando su WikiLeaks appare il video di una strage di civili iracheni da parte dei soldati americani. Poi a luglio esce la prima infornata di 76.900 documenti segreti sulla guerra in Afghanistan. Seguita da 400.000 comunicazioni confidenziali sul conflitto in Iraq. Per arrivare al grande botto che domenica scorsa ha sparpagliato alla luce del sole 250.000 dispacci diretti al Dipartimento di Stato dalle ambasciate Usa. L'America di Barack Obama diventa il bersaglio numero uno. In coincidenza con questa svolta, aumenta a dismisura la visibilità di WikiLeaks.
Emerge come leader l'australiano Assange, con un passato di pirata informatico. La novità sconvolge alcuni sostenitori del "primo" WikiLeaks. L'agenzia stampa Associated Press, il Los Angeles Times, la federazione degli editori di giornali Usa, che avevano finanziato il sito, ci ripensano. Amnesty International e Reporters senza frontiere criticano Assange con lo stesso argomento della Clinton, "per avere messo in pericolo vite umane" (divulgando nomi di informatori afgani della Cia, ora esposti alla vendetta dei Taliban). Alla ritirata dei grandi sostenitori Assange reagisce appoggiandosi su una miriade di simpatizzanti, i micro-pagamenti affluiscono dal mondo intero usando il sistema Paypal. Più inquietanti sono le defezioni tra gli amici e i collaboratori più stretti. Un vero e proprio "scisma", accelerato dopo le accuse di molestie sessuali da parte di due donne svedesi contro Assange (lui nega, sostiene che i rapporti furono consensuali). Almeno una dozzina di volontari del nucleo originario di WikiLeaks sono partiti. Alcuni parlano. Come il 25enne islandese Herbert Snorrason che di Assange dice: "Ormai è fuori di testa". Birgitta Jonsdottir, una parlamentare islandese che era stata anche lei tra gli attivisti fondatori, accusa Assange di aver deciso tutto da solo sui segreti militari americani in Afghanistan. Altri, dietro l'anonimato, lo accusano di essere diventato "megalomane, dittatoriale".
Non lo abbandonano però i fedelissimi: 40 volontari, 800 aiutanti esterni. Un miracolo economico, per un'organizzazione che sopravvive con un budget di soli 200.000 euro all'anno. Senza una sede fisica. Spostandosi virtualmente in quelle "piazze giuridiche off-shore" dalle leggi più tolleranti per la libertà di espressione. Un prodigio tecnologico, soprattutto: "Com'è possibile - hanno chiesto le autorità inglesi in questo weekend di attese isteriche - che il Pentagono con tutta la sua potenza nella guerra elettronica non riesca a oscurare per sempre WikiLeaks?". La risposta è tutta nel genio di Assange. In fuga perpetua dall'Australia alla Svezia, da Berlino a Londra, forse in procinto di chiedere asilo alla Svizzera, anche per i "server" di Internet lui usa lo stesso metodo, cambia costantemente i propri snodi di comunicazione. E ha un'arma segreta, quella che lui definisce la sua "polizza vita": molti documenti riservati in suo possesso sono già stati "scaricati" via Twitter in forma criptata sui computer di decine o forse centinaia di simpatizzanti. "Se succede qualcosa a me - minaccia Assange - o al sito principale, scatta automaticamente la divulgazione della password che consentirà di diffondere tutto questo materiale". Bluff o verità? Tutto ciò che riguarda Assange si presta a doppie letture, è circondato da un alone di mistero.
Lo stesso uso politico che ne viene fatto: la destra americana lo denuncia come un terrorista, ma al tempo stesso strumentalizza le fughe di notizie contro l'Amministrazione Obama. I mass media hanno imparato quanto Assange possa essere implacabile: il New York Times è stato messo "in quarantena" per non avere accettato a scatola chiusa i diktat di WikiLeaks, il Wall Street Journal e la Cnn sono stati messi al bando dalle rivelazioni. Braccato da polizie e magistrature, bersagliato dagli hacker, la primula rossa che ha abbattuto ogni regola dei segreti di Stato si fa beffe dell'annuncio che la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato rivedranno tutti i sistemi di comunicazione: "Il nuovo volto della censura moderna è impedire le fughe di notizie riservate. Ma per quanto inventino nuove protezioni, sarà sempre possibile escogitare i sistemi per aggirale".
documentario wikileaks parte 1 di 6
documentario wikileaks parte 2 di 6
documentario wikileaks parte 3 di 6
documentario wikileaks parte 4 di 6
documentario wikileaks parte 5 di 6
documentario wikileaks parte 6 di 6
Sotto l'interessantissimo documentario della TV svedese, (con sottotitoli in italiano) che svela come è nato Wikileaks e quali sono gli ideali che lo muovono.
Chi e' Julian Assange :
Conduce "una vita da James Bond della contro-informazione", come la definisce lui stesso. Viaggia sotto falso nome, evita gli alberghi, si tinge i capelli, cambia continuamente telefonino (criptato) e impone ai suoi collaboratori di fare lo stesso. Paga solo in contanti (le carte di credito lasciano tracce) e anche quelli deve farseli prestare per non usare il Bancomat. Eppure l'inizio di questa storia è ben diverso, il che infittisce il mistero di WikiLeaks. Catalogata al suo battesimo nel 2006 come un "organo d'informazione internazionale non-profit", si autodefinisce così: "Un sistema a prova di censura, per generare fughe massicce di documenti riservati senza tradirne l'origine". Tra le regole statutarie: "Accetta solo materiali segreti", e i documenti devono avere "rilevanza politica, diplomatica, storica, etica". Un anno dopo il suo lancio, sul sito WikiLeaks c'erano già 1,2 milioni di documenti. Assange non figura subito come il capo. Alle origini l'organizzazione si descriveva come un collettivo, animato da noti dissidenti cinesi come Xiao Qiang, Wang Youcai e Wang Dan; giornalisti in lotta contro le dittature; matematici ed esperti informatici che cooperavano da Stati Uniti, Europa, Australia, Taiwan, Sudafrica. La componente cinese nel nucleo fondatore è importante: quei dissidenti si sono allenati a "bucare" un muro impenetrabile, la Grande Muraglia di Fuoco, la censura informatica della Repubblica Popolare. La loro presenza è anche all'origine di velenosi sospetti - probabilmente infondati - sull'infiltrazione dei servizi segreti di Pechino in WikiLeaks.
Nei primi anni la battaglia è rivolta soprattutto contro i regimi autoritari, i genocidi, la repressione del dissenso. Nel 2008 WikiLeaks si guadagna un riconoscimento da Amnesty per le rivelazioni sulle esecuzioni sommarie della polizia in Kenya. The Economist assegna al sito il premio New Media Award. Tutto cambia di colpo nell'aprile di quest'anno, quando su WikiLeaks appare il video di una strage di civili iracheni da parte dei soldati americani. Poi a luglio esce la prima infornata di 76.900 documenti segreti sulla guerra in Afghanistan. Seguita da 400.000 comunicazioni confidenziali sul conflitto in Iraq. Per arrivare al grande botto che domenica scorsa ha sparpagliato alla luce del sole 250.000 dispacci diretti al Dipartimento di Stato dalle ambasciate Usa. L'America di Barack Obama diventa il bersaglio numero uno. In coincidenza con questa svolta, aumenta a dismisura la visibilità di WikiLeaks.
Emerge come leader l'australiano Assange, con un passato di pirata informatico. La novità sconvolge alcuni sostenitori del "primo" WikiLeaks. L'agenzia stampa Associated Press, il Los Angeles Times, la federazione degli editori di giornali Usa, che avevano finanziato il sito, ci ripensano. Amnesty International e Reporters senza frontiere criticano Assange con lo stesso argomento della Clinton, "per avere messo in pericolo vite umane" (divulgando nomi di informatori afgani della Cia, ora esposti alla vendetta dei Taliban). Alla ritirata dei grandi sostenitori Assange reagisce appoggiandosi su una miriade di simpatizzanti, i micro-pagamenti affluiscono dal mondo intero usando il sistema Paypal. Più inquietanti sono le defezioni tra gli amici e i collaboratori più stretti. Un vero e proprio "scisma", accelerato dopo le accuse di molestie sessuali da parte di due donne svedesi contro Assange (lui nega, sostiene che i rapporti furono consensuali). Almeno una dozzina di volontari del nucleo originario di WikiLeaks sono partiti. Alcuni parlano. Come il 25enne islandese Herbert Snorrason che di Assange dice: "Ormai è fuori di testa". Birgitta Jonsdottir, una parlamentare islandese che era stata anche lei tra gli attivisti fondatori, accusa Assange di aver deciso tutto da solo sui segreti militari americani in Afghanistan. Altri, dietro l'anonimato, lo accusano di essere diventato "megalomane, dittatoriale".
Non lo abbandonano però i fedelissimi: 40 volontari, 800 aiutanti esterni. Un miracolo economico, per un'organizzazione che sopravvive con un budget di soli 200.000 euro all'anno. Senza una sede fisica. Spostandosi virtualmente in quelle "piazze giuridiche off-shore" dalle leggi più tolleranti per la libertà di espressione. Un prodigio tecnologico, soprattutto: "Com'è possibile - hanno chiesto le autorità inglesi in questo weekend di attese isteriche - che il Pentagono con tutta la sua potenza nella guerra elettronica non riesca a oscurare per sempre WikiLeaks?". La risposta è tutta nel genio di Assange. In fuga perpetua dall'Australia alla Svezia, da Berlino a Londra, forse in procinto di chiedere asilo alla Svizzera, anche per i "server" di Internet lui usa lo stesso metodo, cambia costantemente i propri snodi di comunicazione. E ha un'arma segreta, quella che lui definisce la sua "polizza vita": molti documenti riservati in suo possesso sono già stati "scaricati" via Twitter in forma criptata sui computer di decine o forse centinaia di simpatizzanti. "Se succede qualcosa a me - minaccia Assange - o al sito principale, scatta automaticamente la divulgazione della password che consentirà di diffondere tutto questo materiale". Bluff o verità? Tutto ciò che riguarda Assange si presta a doppie letture, è circondato da un alone di mistero.
Lo stesso uso politico che ne viene fatto: la destra americana lo denuncia come un terrorista, ma al tempo stesso strumentalizza le fughe di notizie contro l'Amministrazione Obama. I mass media hanno imparato quanto Assange possa essere implacabile: il New York Times è stato messo "in quarantena" per non avere accettato a scatola chiusa i diktat di WikiLeaks, il Wall Street Journal e la Cnn sono stati messi al bando dalle rivelazioni. Braccato da polizie e magistrature, bersagliato dagli hacker, la primula rossa che ha abbattuto ogni regola dei segreti di Stato si fa beffe dell'annuncio che la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato rivedranno tutti i sistemi di comunicazione: "Il nuovo volto della censura moderna è impedire le fughe di notizie riservate. Ma per quanto inventino nuove protezioni, sarà sempre possibile escogitare i sistemi per aggirale".
documentario wikileaks parte 1 di 6
documentario wikileaks parte 2 di 6
documentario wikileaks parte 3 di 6
documentario wikileaks parte 4 di 6
documentario wikileaks parte 5 di 6
documentario wikileaks parte 6 di 6
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3 commenti:
La mia è solo una opinione. Credo che wikileaks abbia fatto bene a rendere pubbliche le gratuite atrocità della guerra in Irak e penso che l'attivita' svolta da Assange sia un controllo per ogni democrazia che si voglia definire tale. Assange è l'ultimo degli eroi romantici.Ora però si è tirato addosso l'ira della nazione più potente del mondo e ne paga lo scotto. E' già un miracolo che riesca a fare quello che fa. Ma gli attacchi su di lui si fanno sempre più pesanti.... In bocca al lupo Julian!
Veramente impressionante il documentario.....
ULTIM'ORA SU WIKILEAKS: CANDIDATO A NOBEL PER LA PACE 2011
(AGI) - Oslo, 2 feb. - Wikileaks, il sito di Julian Assange che ha fatto tremare le diplomazie di mezzo mondo con la diffusione di migliaia di documenti riservati, e' stato candidato per il Premio Nobel per la Pace 2011. L'iniziativa e' del deputato norvegese, Snorre Valen, il quale ha giustificato la sua scelta sulla base del ruolo svolto da Wikileaks a favore della liberta' di espressione. "Wikileaks e' tra quanti hanno contribuito maggiormente in questo secolo alla liberta' di espressione e alla trasparenza", ha affermato il deputato socialista che appartiene alla coalizione di laburisti e centristi attualmente al governo in Norvegia, sottolineando la battaglia svolta dall'organizzazione di Assange per rivelare "casi di corruzione", "illegalita'", "crimini di guerra" e "torture". In base al testamento lasciato da Alfred Nobel, il creatore dei prestigiosi premi, le candidature per il Nobel per la Pace possono essere proposte solo da accademici delle Facolta' di Legge o Scienze politiche e parlamentari. La commissione, che ha sede a Oslo, non rende noti i nomi dei candidati, limitandosi soltanto a divulgare il numero totale dei concorrenti in lizza. Tuttavia nulla vieta che i proponenti rendano pubbliche le loro proposte, come nel caso di Wikileaks.
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