PROTETTORE DEL SITO Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium. Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tuque, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos, qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute in infernum detrude. Amen.
Antica Bibbia
LA BIBBIA: IL LIBRO DI DIO
"Una lampada su un sentiero buio, la pioggia che scende dal cielo su un terrreno arido e stepposo, una spada che penetra nella carne."
"Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino".
"Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra , senza averla fecondata e fatta germogliare, perchè dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me - dice il Signore- senza avere operato ciò che desidero, senza avere compiuto ciò per cui l'avevo inviata". "La Parola di Dio è viva, efficace, più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore". "La Bibbia è l'intreccio fra Dio e la nostra storia; la Pasqua del Cristo nasce dalla crocefissione, la vita sboccia dalla morte. La Bibbia non celebra un Dio lontano ma un Dio incarnato che salva la nostra storia. Cercherò di meditare ogni giorno le parole del mio creatore, cercherò di conoscere il cuore di Dio dalle parole di Dio affinchè io possa ardentemente desiderare i beni eterni e con maggior desiderio la mia anima si accenda di Amore per Dio e per il fratello".
I TESORI DELLA BIBBIA da meditare...... per es . cercate : AMORE.....
di Rinaldo Falsini, su VITA PASTORALE N. 11/2002 (pag. 58 e 59)
Il Cammino neocatecumenale, al quale sono stati dedicati sulla nostra rivista due interventi (VP 2, pp. 84-85; VP 8/9, p. 9), lo scorso 29 agosto ha ottenuto dal Pontificio consiglio per i laici l'auspicato riconoscimento con l'approvazione dello Statuto ad experimentum per cinque anni. Un traguardo lusinghiero, faticosamente raggiunto, che premia il coraggio dei fondatori (Kiko Arguello e Carmen Hernandez), riconosce i sorprendenti frutti spirituali, testimoniati dall'espansione in oltre cento Paesi. Gli Statuti sono un punto di riferimento per gli appartenenti al Cammino e soprattutto per i vescovi, cui compete l'autorizzazione nelle diocesi, e per i parroci, cui spetta la cura pastorale.
Non intendiamo parlare di questo «itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi moderni» (Giovanni Paolo II), ma - dato il suo impatto "ufficiale" nella pastorale di iniziazione cristiana - desideriamo fissare alcune riflessioni relative ai sacramenti di iniziazione, cominciando dal battesimo che è il sacramento "in discussione" o meglio che apre e provoca "la discussione". Il riconoscimento coincide infatti con l'imminente pubblicazione della terza nota pastorale della Cei sull'applicazione del capitolo IV del Rica (Rito iniziazione cristiana adulti), su "Ibattezzati non evangelizzati né catechizzati",proprio quella categoria di persone alla quale si rivolge il Cammino. Indubbiamente la coincidenza può generare qualche difficoltà e confusione, perché i due metodi o itinerari sono diversi: quello del Cammino, sorto nel 1964, è rimasto praticamente immutato (a parte il nome da "catecumeni" a "neocatecumeni" per i battezzati, richiesto a seguito della pubblicazione del Rica nel 1972 dalla Congregazione per il culto divino), mentre il nostro si attiene fedelmente al libro liturgico e porta come titolo: La sete di Cristo. Orientamenti per il completamento dell'iniziazione cristiana degli adulti.
Il metodo del Cammino, impostato sul percorso del catecumenato, pur basandosi sui tre pilastri (tripode) di Parola, liturgia e sacramenti, privilegia il cammino catechetico, con la celebrazione dei sacramenti e della penitenza, nella varietà delle fasi e dei passaggi per la maturazione della fede. II secondo invece abbraccia l'intero complesso evangelizzante-catechetico-sacramentale per un'organica formazione alla fede, ma valorizza i momenti sacramentali, dalla riscoperta del battesimo e delle sue potenzialità, anche di tipo penitenziale, per giungere alla cresima e al culmine dell'eucaristia pasquale, celebrazione plenaria del mistero di Cristo e della Chiesa. La diversità si estende all'intero percorso dal piano catechetico a quello sacramentale, dal piano ecclesiologico a quello pastorale, nel rapporto diretto con la parrocchia.
Nella nostra analisi restiamo entro l'ambito sacramentale dando spazio, oltre al concetto di "catecumenato e iniziazione", al significato e valore del battesimo come punto di partenza e all'eucaristia come quello di arrivo. Nel Cammino neocatecumenale proprio il battesimo, che è l'atto determinante dell'intero itinerario, risulta inefficace, sia perché l'itinerario si sviluppa entro l'ambito del catecumenato, quindi prima o a ritroso, sia perché il momento culminante è la rinnovazione delle promesse battesimali nella notte di Pasqua dopo vari anni di "cammino" e di scadenza domenicale dell'eucaristia, con la regolare celebrazione della penitenza.
Gli aspetti da chiarire sono in primo luogo il concetto di "catecumenato" (e iniziazione), il valore e il significato del battesimo, un itinerario penitenziale, l'eucaristia domenicale come celebrazione della Chiesa. Il Cammino ha scelto fin dall'inizio il termine "catecumenato" che è il secondo periodo dell'iniziazione, finalizzato all'ascolto della Parola (a seguito dell'evangelizzazione) in forma organica, con alcuni riti liturgici, per poi passare, mediante il rito dell'elezione, alla preparazione immediata del battesimo detta della purificazione e illuminazione.
Il Cammino estende l'ambito del catecumenato oltre la prassi antica e moderna. Il catecumeno per sé non dovrebbe essere un battezzato ma un battezzando, e questa forzatura rappresenta una difficoltà non solo di comprensione ma anche di valutazione e di comportamento: tutto si riassume nell'impegno personale, nella prospettiva catechetico-antropologica, entro la "piccola comunità", quasi dimenticando il progressivo agire della grazia divina, di cui l'elezione è il segno più evidente. Il cristiano non si fa da sé ma è fatto da Dio con la propria adesione e collaborazione. Dio deve sempre essere al primo posto, tanto più che è intervenuto mediante il battesimo non riducibile a un impulso né a un fatto casuale ma determinante a tutti gli effetti. Iniziazione è un termine tecnico, di valore teologico che equivale a "entrare" (ineo) nel mistero di Cristo c della Chiesa mediante i tre sacramenti di battesimo, cresima ed eucaristia, detti appunto sacramenti dell'iniziazione cristiana.
Invece sull'evento battesimale il Cammino tace quasi del tutto. E questo è inaccettabile perché l'intervento divino compiuto nella e dalla Chiesa (assemblea liturgica in comunione con la "catholica") è irripetibile, unico, completo. Si ha l'impressione che il Cammino consideri il battesimo limitato alla liberazione dal peccato originale, cioè sull'aspetto negativo anziché positivo, alla sola proveniente gratuità divina in attesa della risposta umana come risposta verbale della fede. Ma se ci interroghiamo sull'azione rituale simbolica ci accorgiamo che è un evento di salvezza che accade ora a favore di un singolo, in ambito ecclesiale, e che sostanzialmente non si differenzia da quello degli adulti. Essere battezzati, con riferimento agli stessi bambini, significa: entrare nella storia della salvezza (dimensione storica), essere aggregati alla Chiesa comunità di salvezza (dimensione ecclesiale), diventare partecipi della Pasqua (dimensione pasquale), iniziare una esistenza nuova (dimensione esistenziale), diventare e vivere da credenti (dimensione di fede). Di tutta questa ricchezza (in termini più concreti: morti e risorti in Cristo, membri del corpo ecclesiale, figli di Dio ecc...) il battezzato dev'essere messo a conoscenza, farne oggetto della sua riflessione e approfondimento, in modo che «viva progressivamente ciò che ha ricevuto».
Si risponderà che questa è "mistagogia" e non catecumenato. Certamente; ma sarebbe assurdo considerarli "catecumeni" perché «la loro condizione differisce da quella» (Rica, cap. 4, n. 295) anche se hanno bisogno di una formazione catechetica e in quanto battezzati essi «sono già stati introdotti nella Chiesa e fatti figli di Dio per mezzo del battesimo. Pertanto - ecco la corretta linea pastorale - il fondamento della loro conversione è il battesimo ricevuto la cui forza debbono sviluppare» (ibi).
Questo sarà il percorso prospettato dalla nota pastorale della Cei, senza escludere un cammino di conversione "penitenziale", specie nel tempo di Quaresima, che la tradizione antica univa alla categoria dei catecumeni e che la riforma conciliare ha rimesso in evidenza nell'ordinamento liturgico: così la penitenza "prima" (battesimo) e la penitenza "seconda" (penitenza e riconciliazione) si affiancano e si muovono verso la Pasqua, o meglio la Veglia pasquale con la celebrazione eucaristica assieme all'intera comunità - la Chiesa nasce e cresce nella Pasqua - ove i battezzati partecipano alla vittoria di Cristo con la loro piena adesione di fede, che coinvolge l'intera esistenza, a quanto il Padre ha compiuto per ciascuno e per tutti nel mistero pasquale di Cristo. Di conseguenza la cosiddetta "rinnovazione delle promesse battesimali" è un rito marginale per la sua origine, per il suo contenuto, soprattutto per la sua formulazione impropria, che dovrebbe essere modificato nella prossima edizione del Messale e trasformato almeno in "professione di fede", come fu scritto su VP 12, 1997, pp. 86-87 (riprendendo una ricerca del 1985 pubblicata in Rivista di pastorale liturgica) e come è stato auspicato in recenti incontri organizzati dall'Ufficio liturgico nazionale.
La prassi privata di rinnovare gli impegni battesimali (o voti o promesse) risale al XVIII secolo ed è stata accolta nel 1951 nella riforma della Veglia pasquale con una certa ingenuità. Porre infatti i due atti di rinuncia a Satana e di fede nella Trinità sotto un'unica dizione (promesse battesimali) è una assurdità; perché la promessa riguarda un oggetto concreto ed è temporanea mentre la fede è personalissima e totalizzante. Si parla poi di "rinnovazione" quando nessuno da piccolo ha fatto simile promessa e dalla riforma conciliare del 1970 i genitori intervengono a titolo personale e non a nome dei loro figli. Già nel Rito della cresima del 1972 il vescovo invita a «rinnovare personalmente la fede che i vostri genitori hanno fatto» e l'assemblea conclude: «Questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa» (n. 27).
Sull'eucaristia domenicale, prevista dal Cammino per ogni "piccola comunità" e quindi celebrata in forma riservata, ritoccata in alcuni riti (la pace dopo la liturgia della Parola, soppressione del Credo ecc ...), ci limitiamo a una sola osservazione. Il Concilio ci ha restituito l'antica visione "ecclesiale" (in senso pieno) dell'eucaristia domenicale (Sacrosanctumconcilium 109) a cominciare da san Giustino nel II secolo, al quale il Cammino si ispira per il bacio di pace, che scrive: «Tutti da tutte le parti convengono nel giorno del sole in uno stesso luogo»; e nel postconcilio una lunga serie di documenti - tra i quali Il giorno del Signore (nota pastorale della Cei) che raccomanda al n. 10 «una sola mensa per tutti» - insistono nel mantenere viva e stabile questa coscienza dell'unica eucaristiadomenicale contro ogni dispersione. "Assemblea eucaristica domenicale"- è diventata espressione altamente significativa, fatta propria dalla lettera apostolica Dies Domini del 1998 e proposta come scelta ineludibile. La mancata percezione dell'eucaristia domenicale, culmine e fonte della vita della Chiesa, è una preoccupante lacuna dei neocatecumenali e una enorme distanza del Cammino, la cui teologia riflette ancora quella preconciliare. Prima dei problemi di ordine pastorale sarà opportuno rivedere quelli di ordine teologico e conciliare
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