Neocatecumenali: il sottile confine tra catechesi e plagio
di Felice Scaringella*articolo tratto dal sito ufficiale del CESAP (Centro Studi sugli Abusi Psicologici)
Nelle convivenze d’inizio corso, ai nuovi aderenti al Cammino Neocatecumenale viene svelato il vero scopo alle quali erano rivolte quelle catechesi parrocchiali per adulti tanto promosse dal parroco e da quelle persone che “tanto si vogliono bene”. I neofiti vengono iniziati ai primi riti, all’Eucarestia (secondo Kiko), istruiti sul bisogno di dare e ricevere amore (ai/dai fratelli delle comunità, ovviamente), a come difendersi dagli attacchi provenienti dall’esterno delle comunità. C’è un aspetto, tuttavia, di questo indottrinamento che mi ha suscitato parecchia curiosità: viene rivendicato dai catechisti il diritto all’obbedienza. Già Kiko Arguello nel suo direttorio catechetico riporta: “Ubbidite ai vostri catechisti”, “Chi dice di no ad un catechista, dice di no a Dio”. Sebbene nelle varie realtà settarie le dottrine sono sempre più variopinte, il diritto all’obbedienza a guru e santoni, è comune a tutte. I Testimoni di Geova, per esempio, vincolano all’obbedienza agli anziani, al Corpo Direttivo (il cosiddetto Schiavo); Scientology al cappellano di comunità, alla Sea Org; le varie psicosette pseudoreligiose ai loro leader e incaricati. Ciò che accomuna tutte queste personalità carismatiche è il sentirsi investiti (molto spesso è autoinvestitura) di un incarico divino. Lo Schiavo è il canale di Geova sulla Terra, Ron Hubbard è riuscito a scoprire di avere eccezionali poteri esercitando il libero controllo sul suo spirito, Kiko Arguello ha ricevuto un incarico addirittura dalla Madonna (che giusto per ringraziarla chiama semplicemente Maria), di conseguenza tutti i suoi catechisti sono angeli del Signore e ispirati dallo Spirito Santo, dotati quindi del dogma dell’infallibilità. Di conseguenza, questi ultimi possono pretendere assoluta obbedienza dai loro rispettivi sottoposti. Fondamentalmente, il richiamo all’obbedienza non è controproducente per l’individuo, anzi, siamo soliti vedere i figli che ubbidiscono ai genitori per imparare l’educazione, l’alunno che ubbidisce all’insegnante per imparare e rendere un buon profitto scolastico, l’impiegato che ubbidisce al suo capo ufficio per far si che l’azienda sia sempre al passo con i ritmi di lavoro e, perchè no, anche il bambino che ubbidisce al proprio catechista per comprendere meglio la fede. Ma il problema fondamentale non è tanto l’obbedienza, ma quanto si possa abusare della propria autorità violando il foro interno della persona. Apriamo dunque una parentesi scientifica sull’argomento analizzando quelli che sono gli aspetti della cosiddetta obbedienza distruttiva. Le ricerche di Milgram sull’argomento dimostrano come “uomini, collocati a livelli superiori di una organizzazione gerarchica o della scala sociale o che possiedono un prestigio o un potere anche solo presunto, possono indurre con facilità gli altri individui ad atteggiamenti di acquiescenza acritica, di deresponsabilizzazione anche di fronte a comportamenti gravemente lesivi dell’integrità psichica e fisica degli altri esseri umani”. Ciò è dimostrato da un esperimento effettuato dallo stesso Milgram su alcuni soggetti consapevoli che lo scopo della ricerca era quello di dimostrare l’effetto della punizione sull’apprendimento. Il compito da svolgere era “inviare scariche elettriche di un intensità crescente (mediante una serie d’interruttori posti su un pannello) ad una persona tutte le volte che falliva nel suo compito”. Le scosse variavano da un minimo di 15 volts ad un massimo di 450 volts. Ovviamente il soggetto sottoposto all’esperimento era un complice dello sperimentatore che sbagliava il compito di proposito, ad apparecchio disattivato, simulando situazioni di urla e pianto fino ad implorare l’interruzione del test. Il compito dello sperimentatore era quello di farsi ubbidire, in questo caso, a far continuare l’esperimento anche se il soggetto mostrava disagio manifestando il desiderio di interromperlo. Il risultato finale fu questo: la maggior parte dei soggetti hanno portato a termine il compito pur provando una forte sensazione di disagio e angoscia. “Il desiderio di ribellarsi non ha la forza di concretizzarsi in un netto rifiuto”. I soggetti invece che hanno interrotto l’esperimento hanno manifestato la loro reazione vincendo la timidezza esternando dubbi e paure. Utilizzando le parole di Milgram, “per passare dal dubbio interiore alla esteriorizzazione del dubbio sino al dissenso, alla minaccia, alla aperta ribellione c’è un lungo e difficile cammino che solo una minoranza di soggetti è in grado di compiere fino in fondo”. Passiamo quindi all’atto pratico confrontando le considerazioni teoriche appena fatte e applicandole all’argomento oggetto della nostra discussione. Partiamo dalla definizione sopracitata: chi sarebbero queste personalità carismatiche nel Cammino Neocatecumenale che si sentono investite di un presunto potere tale da poter esercitare comando sui semplici frequentatori di questo movimento pseudocattolico? Se consideriamo la struttura gerarchica del Cammino, al vertice troviamo il suo fondatore: Kiko Arguello. Ma per comprendere meglio, è giusto soffermarci su un modello più elementare che sono le singole comunità: chi si occupa d’impartire le catechesi oralmente trasmesse dal “leader maximo”? I catechisti. Chi conferisce a codesti individui questa speciale investitura che permette di poter far fare loro “il bello e il cattivo tempo” sui semplici adepti i quali subiscono in modo acquiescente e acritico nel nome di un ideale che può essere comunque raggiunto senza usare tanta aggressività? Kiko dice che i suoi catechisti hanno lo Spirito e parlano a nome di Dio, e come tali vanno ubbiditi, ma in nome di quale particolare sacramento? Da uomo di fede, ma soprattutto razionalista, non sono a conoscenza di nessun rito particolare nella Chiesa che conferisca a semplici laici autorità sugli altri fedeli. Possiamo forse appigliarci al sacramento della Confermazione (la Cresima), ma lo abbiamo più o meno tutti noi cristiani adulti e non ci dà nessuna autorizzazione a pretendere obbedienza da coloro che non lo hanno ricevuto o ne sanno meno di noi sulla fede. Degno di nota anche il sacramento dell’Ordine Sacro, ma i catechisti non sono sacerdoti. Da quel che mi risulta, comunque, un ministro della Chiesa Cattolica non è autorizzato a pretendere obbedienza dal fedele ma al massimo può invitarlo a seguire quanto più possibile le direttive da essa emanate. A cosa serve dunque l’obbedienza indotta e pretesa tramite l’esercizio del controllo mentale? Generalmente serve ad assoggettare l’adepto al volere della comunità (per modo di dire) al fine di raggiungere determinati scopi soprattutto a livello economico. Ci si fa scudo del Testo Sacro per estorcere denaro in cambio di un “tesoro in cielo”, come disse Gesù. In realtà i ricavi delle collette e della tanto pretesa decima, servono non tanto ad aiutare i poveri ma a sostenere le cause del movimento: le convivenze, i raduni, l’evangelizzazione itinerante (neocatecumenale), le famiglie numerose legate alle comunità soprattutto per essere sfamate (generalmente sono famiglie di catechisti). L’obbedienza pretesa dai catechisti serve anche a condizionare le scelte di vita soprattutto dei giovani. A circa 25 anni devi fare delle scelte che loro t’impongono: il matrimonio (possibilmete endogamico) o la vita religiosa, perchè rimanere single nel Cammino Neocatecumenale è sintomo di disordine sessuale. L’adepto vincolato all’obbedienza tende ad assumere lo stesso comportamento anche nei confronti del prossimo che manifesta dubbi e incertezze sui metodi utilizzati. Si viene invitati a non pensare con la propria testa, a fidarsi del Cammino e a ubbidire al catechista anche quando sembra essere incoerente nel modo di agire. L’esperimento di Milgram ci ha dimostrato come solo una minoranza riesce a vincere la propria timidezza e a ribellarsi. L’aver disubbidito al catechista comporta generalmente una situazione di sensi di colpa che in pochi casi sfociano in vera e propria ribellione. Molti sono convinti di mettere in gioco la propria salvezza e di essere stati spinti a disubbidire da chissà quale influenza demoniaca. “Il diavolo ti sta tentando, vuole allontanarti dal Cammino”, è la frase ricorrente. Molti altri, invece, manifestano dubbi e incertezze ma non riescono ad esternarli. Prendo la mia esperienza come esempio: qualche giorno prima della celebrazione penitenziale, ci fu detto dai catechisti che il venerdì successivo ci sarebbe stata una celebrazione con relativa confessione collettiva. Ho subito pensato ad una confessione pubblica, anche se non è stato così (ma sarebbe successo di lì a poco sicuramente). Sebbene la situazione mi abbia provocato un certo disagio, non sono stato capace di oppormi al volere dei catechisti. Successivamente, ho avuto però la forza di ribellarmi e manifestare le mie perplessità. Bisogna tener conto che quello che è successo a me, è avvenuto in un’arco di tempo molto breve. Milgram si è riferito anche a soggetti che hanno manifestato il sentimento di ribellione persino a distanza di anni. Quante persone nel Cammino Neocatecumenale hanno disertato dopo ben 20 anni? Cosa ha spinto queste persone ad abbandonare questa esperienza giudicata bellissima dagli stessi neocatecumenali e dai profani che osservano dall’esterno delle comunità? Altri esempi di situazioni di disagio si possono riscontrare nel momento in cui si è invitati a fare la preghiera spontanea davanti agli altri compagni di Cammino. Molte persone sembrano infastidite dalle pretese dei catechisti ma subiscono in silenzio. Si fa complice poi la psicologia profana che si basa sul consenso degli altri: “Se lo ha fatto lui, perchè non dovrei farlo io?”. La realtà è che come in tutte le realtà settarie, c’è sempre una catena di Sant’Antonio che porta al leader, nel nostro caso a Kiko. Le parole di Kiko hanno una valenza superiore a quelle del Papa, anche se si dimostra palesemente ignorante in materia teologica. Egli chiama a raccolta il popolo in Cammino, le sue direttive vengono osservate senza discutere. Possiamo dunque affermare che anche gli stessi catechisti sono delle pedine che ubbidiscono incondizionatamente al loro capo supremo? Io direi proprio di sì. In conclusione: abbiamo analizzato e dimostrato come una persona, nonostante i propri disagi, possa continuare ad ubbidire a direttive distorte pur essendo consapevole di tale distorsione. Questo scritto non vuole solo essere uno dei tanti strumenti informativi, ma anche un appello alle persone competenti affinchè ascoltino il grido di giustizia di tanti individui profondamente segnati nell’anima dall’esperienza distruttiva nel Cammino Neocatecumenale.
*Socio collaboratore del Centro Studi Abusi Psicologici
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