lunedì 12 aprile 2010
I Neocatecumenali di Kiko: Movimento Ecclesiale o Setta all'interno del Cattolicesimo?
I Neocatecumenali di Kiko: Movimento Ecclesiale o Setta all'interno del Cattolicesimo?
di Don Marcello Stanzione
tratto da Centro Anti Blasfemia
CITTA’ DEL VATICANO - L’articolo del Direttore Gianluca Barile sulle ombre del Cammino Neocatecumenale ha suscitato tra i lettori di ‘Petrus’ consensi entusiastici ma anche numerosissime email di protesta e addirittura di minacce. Mi permetto di inserirmi nel dibattito non solo per il mio ruolo di sacerdote e di nuovo vicedirettore di questo giornale on-line ma anche per l’esperienza che mi ha portato a conoscere il Cammino Neocatecumenale tra i 27 e i 34 anni di età. Da novello sacerdote, in quel periodo con entusiasmo accolsi il Cammino dando il meglio di me stesso ma, dopo un certo numero di anni, conoscendolo sempre meglio fui costretto dalla mia coscienza sacerdotale ad ammettere con profondissima amarezza che proprio io, che allora ero il responsabile diocesano del GRIS (Gruppo Ricerca e Informazioni Sette) e che combattevo in modo particolare i Testimoni di Geova, avevo installato una vera e propria setta nella mia Chiesa accogliendo. Da allora, ho sempre affermato che il Cammino Neocatecumenale è stato una delle più grandi fregature della mia vita! C’è molto di discutibile nella prassi catechistica e liturgica del Cammino, a questo riguardo sono da leggere gli interessanti testi dottrinali di sacerdoti come il compianto Padre Enrico Zoffoli, don Gino Conti e don Elio Marighetto. Il Cammino, dopo i successi pastorali iniziali, si sta rivelando sempre più un gigante dai piedi di argilla: moltissimi parroci, conoscendo il vero volto del Cammino, l’hanno soppresso e dove esso rimane è costretto per lo più a vivacchiare. Ormai gli ex Neocatecumenali sono un esercito, ed hanno aperto pure siti internet per mettere in guardia altri cattolici ingenui dal pericolo dei “Kikiani”. Questo termine non è dispregiativo, ma all’interno del Cammino esiste un vero e proprio culto della personalità di Kiko Arguello, l’iniziatore. I canti sono musicati da Kiko e spesso i cantori scimmiottano Kiko nel loro modo spagnoleggiante di cantare. Anche le immagini sacre sono dipinte da Kiko, che è l’unico “conducator”. Sapete, poi, perché i Neocatecumenali parlano tutti allo stesso modo? Perché ripetono per filo e per segno espressioni tratte dalle catechesi di Kiko. Non esiste nell’ambito del cattolicesimo gruppo che sia così fortemente plasmato sulla personalità del fondatore. Indubbiamente il Cammino Neocatecumenale si presenta all’apparenza con un grande merito: quello di sforzarsi di mettere in pratica nei Paesi cattolici occidentali L'Ordo initiationis christianae adultorum, che poteva creare un profondo rinnovamento pastorale; purtroppo il suo capitolo IV, dal titolo: Preparazione alla Confermazione e all'Eucarestia degli adulti battezzati da bambini, che non hanno ricevuto la catechesi, è stato in genere eluso dalla nostra pastorale parrocchiale ordinaria con un ragionamento altrettanto semplice quanto equivoco: i nostri adulti, sebbene apostati ed infedeli di fatto, sebbene diventati dogmaticamente indifferenti e moralmente relativisti, hanno ricevuto la Confermazione e l'Eucarestia quindi l'iniziazione cristiana sarebbe questione che riguarda le missioni ad gentes fatta dagli istitituti missionari ed in definitiva il capitolo IV dell'Ordo si riduce ad essere applicabile in casi più unici che rari. E' chiaro, invece, che quando parliamo oggi di iniziazione cristiana in Paesi di antica fede cattolica, ne parliamo in senso analogico rispetto all'antica prassi dell'iniziazione cristiana e rispetto alla sua prassi nelle missioni ad gentes. Il grande merito che il movimento Neocatecumenale si attribuisce è proprio quello di avere riscoperto l'iniziazione cristiana degli adulti e di averla adattata, appunto, non solo ai lontani che hanno rotto ogni rapporto con la Chiesa dopo il Battesimo, ma anche ai cristiani abbondantemente sacramentalizzati, ma rimasti immaturi ed infantili nella fede. E' risaputo che i movimenti, a lungo andare, inevitabilmente si istituzionalizzano, perdendo così almeno parte della loro forza carismatica. I movimenti, nella Chiesa, sono tanti; e nessuno di essi può arrogarsi diritti di primogenitura o esclusiva di autenticità cristiana. Per questo motivo, accanto ai meriti e ai pregi, tutti i movimenti denunciano limiti e rischi. L'esortazione al discernimento e all'equilibrio, ricorrente nei documenti magisteriali relativi ai movimenti, torna di grande opportunità e deve essere tenuta in conto con grande umiltà. Quali sono i limiti e i rischi del movimento Neocatecumenale e del suo metodo catechistico? Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, parlando dell'esperienza Neocatecumenale, in un discorso nella parrocchia romana dei Santi Martiri Canadesi, usò espressioni come "sana radicalizzazione del nostro cristianesimo" e "autentico radicalismo evangelico" (cf. Osservatore Romano del 3-4 novembre 1980). Tali espressioni vanno collocate non solo nel contesto di un discorso, ma nel contesto generale del pensiero del Pontefice. Espunte da tale contesto, possono dar luogo a visioni illusorie del popolo cristiano, oppure a distinzioni e discriminazioni tra gruppi di eletti e masse di reietti, irrecuperabili, per i quali non vale la pena di "spendere tutto e spendere anche se stessi". Si può arrivare ad isolare alcune - poche - centinaia di catecumeni da una comunità parrocchiale di qualche decina di migliaia di persone e, a quelli, imbandire una ricca mensa della Parola, dei sacramenti, della carità, con cibi raffinati e genuini e, alla comunità parrocchiale... massiva, offrire soltanto un minimarket di precotti, cellofanati? Questo rischio è gravemente incombente laddove il parroco viene catturato dal Movimento e diventa il presbitero della comunità Neocatecumenale, rinunciando, almeno di fatto, ad essere il pastore di tutti i cattolici affidati alla sua responsabilità. E la cattura è tanto più deleteria quanto più referente del presbitero-parroco è la comunità neocatecumenale piuttosto che il proprio vescovo, e quanto più il presbitero-parroco rimuove dal suo orizzonte pastorale il piano pastorale della diocesi e i conseguenti impegni a favore del progetto e degli impegni indicati dal Movimento Neocatecumenale. E' giusto parlare di "radicalità evangelica": ma di quale radicalità? Per quanto riguarda più specificamente la catechesi, non c'è alcun dubbio che essa va fatta - andrebbe fatta! - con la lettura della Bibbia, contrapponendo una lettura sapienziale ad una lettura teologica, definita questa spregiativamente come intellettuale, quasi che l'obbedienza della fede dovuta a Dio non comporti prestare a Lui anche l'ossequio dell'intelligenza (cf Dei Verbum 5). Un altro rischio cui è esposta la catechesi Neocatecumenale è quello del plagio. E' il rischio di ogni catechesi, anzi di ogni attività formativa, di tutta la pastorale, quando è disincarnata, quando cioè è avulsa dal conteso culturale, quando non ritiene di doversi coniugare con essa, quando presume di dover solo dare, senza ricevere alcunché dalla ricchezza che pure è disseminata nel mondo e nell'umanità dalla multiforme sapienza di Dio. E’ insita, in questo, una tendenza ad accentuare il carattere penitenziale - un tantino esposto al rischio del manicheismo - della conversione, anziché l'amore di Dio che muove e che salva e l'azione di Cristo che ricapitola in sé tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra (cf. Ef. 1,10). In questa sorta di radicalità rientra l'interpretazione letterale della "comunione dei beni", citando Atti 2, 42-45, cui è tentato il Cammino, dimenticando o ignorando non solo il clima di imminenza della seconda venuta di Cristo in cui viveva la comunità di Gerusalemme, ma soprattutto la distinzione fatta da Gesù tra vocazione ordinaria alla vita eterna e vocazione speciale ad una sua particolare e funzionale sequela (cf Mt. 19,21; cf pure Lc. 19,8: Zaccheo dà la metà dei suoi beni ai poveri; e Gesù dice che la salvezza è entrata nella sua casa). Tantissime altre osservazioni critiche si potrebbero fare (tra l’altro ben documentati dai testi dei sacerdoti sopraccitati, in genere stampati dalla editrice Segno di Udine); ancora si potrebbe rilevare l'eccessivo impianto tecnico del lungo ed eccessivo Cammino Neocatecumenale, o una terminologia iniziatica, erudita, piena di termini ebraici vetero testamentari in contrasto con la semplicità del rapporto con la parola di Dio, pur invocata, o la centralità ontologica della Parola rispetto all'Eucarestia. In conclusione una cosa è certa: Benedetto XVI sarà il Papa che correggerà gli abusi dottrinali e liturgici che per troppi anni impunemente il Cammino ha diffuso nelle parrocchie. Kiko Arguello ascolti e metta in pratica quello che i vari dicasteri romani, voce del Santo Padre, gli correggono del Cammino e obbedisca prontamente.
Le ombre del Cammino Neocatecumenale
di Gianluca Barile
CITTA’ DEL VATICANO - E’ il 28 Marzo del 2008 quando sul Monte delle Beatitudini, presso la ‘Domus Galileae’, da anni faraonica cittadella dei Neocatecumenali in Terra Santa, si consuma un evento che rischia di passare sotto silenzio ai più, ma che segna una vera e incompresa ‘rivoluzione’: quella di un movimento che si definisce Ecclesiale e che riesce in tal modo a cooptare ed irretire centinaia di prelati e porporati, il cui iniziatore laico riceve, addirittura, una ‘visita ad limina’, neanche fosse il Papa. Ben 160 Vescovi e 9 Cardinali europei, infatti, hanno partecipato ad una ‘Convivenza’, così viene chiamata in gergo neocatecumenale, durante la quale, nel tempio massimo del neocatecumenato in Terra Santa, sono stati impressionati e suggestionati con la potenza dell'architettura, con i simbolismi delle forme e degli spazi pieni di simbologie giudeo-luterano-gnostiche, con le presenze massicce di seguaci, con il clima carismatico e coinvolgente dei rituali messi in atto, le testimonianze e l'opera imbonitoria - così definita dai suoi critici - di Kiko Arguello, l’iniziatore del movimento cui, negli anni, si sono affiancati Carmen Hernandez e Don Mario Pezzi. La presenza di così tanti alti rappresentanti della Chiesa al cospetto di Kiko sembrerebbe dare il via all'evangelizzazione neocatecumenale dell'Europa, avallando un movimento, dai metodi quantomeno ‘discutibili’ in materia di Dottrina e Liturgia, ormai pesantemente infiltrato nel mondo ecclesiastico con le sue ritualità anomale che, malgrado i continui richiami di Papa Benedetto XVI, non sono state ancora né riviste né modificate né - tantomeno - soppresse. E che al Santo Padre questo non sia per niente piaciuto lo si capisce dal fatto che gli Statuti ‘ad experimentum’ del Cammino, scaduti ormai da 10 mesi dopo la concessione del periodo di prova di 5 anni da parte del Servo di Dio Giovanni Paolo II, non sono stati ancora approvati dal Vaticano. Una delle prove evidenti di ciò che non va nel Cammino Neocatecumenale, e che il Papa non tollera più, è contenuta nella foto che pubblichiamo, nella quale è documentata una Eucaristia (!?) celebrata con la ritualità contestata dallo stesso Benedetto XVI attraverso una Lettera del Cardinale Francis Arinze del Dicembre 2005, in cui si richiamava il Cammino ad adeguare la liturgia a quella ufficiale della Chiesa cattolica, ma di fatto avallata, purtroppo, dai Vescovi e dai Cardinali presenti. Una ritualità che in molti si rifiutano di chiamare Eucaristia, nella quale, sulla grande ‘mensa’ usata in luogo dell'Altare cristiano, non si celebra il Sacrificio di Gesù ma un convitto di festa tra fratelli uniti dalla medesima fede nella Risurrezione, che non si igninocchiano mai (atteggiamento ritenuto da schiavi) neppure durante la Consacrazione. Ecco perché possiamo notarvi simboli estranei alla Sacra e alla Divina Liturgia cattolica: al posto della Croce, campeggia una enorme channukkià, che rappresenta i ‘ricostruttori della vera Chiesa’; al posto delle tradizionali particole, calici e pani che saranno distribuiti ai ‘commensali’ seduti; poi manca il ‘corporale’, dal momento che la visione teologica che l'iniziatore trasmette dell'Eucaristia riguarda la Presenza del Signore intesa luteranamente come ‘transignificazione’ (testuali parole di Kiko Arguello) e non ‘transustanziazione’; nella celebrazione, quindi, non si recitano mai il credo Niceno e il Canone Romano, l'offertorio viene ritenuto una pratica pagana; e al termine della cerimonia i presenti eseguono ‘danze davidiche’ intorno alla ‘mensa’. Questo non sarà forse accaduto per pudore (?) alla presenza dei Vescovi e dei Cardinali lo scorso 28 Marzo, ma avviene ad ogni celebrazione parcellizzata in salette distinte per ogni comunità Neocatecumenale. Si tratta di riti con tanta esaltazione emotiva (favorita dai canti ritmici, coinvolgenti) ma poco raccoglimento e quindi con una evidente banalizzazione del Mistero. E’, nei fatti, una ritualità che cementa la comunità, nella convinzione che (testuali parole dell'iniziatore Kiko Arguello) "non c’è Eucaristia senza assemblea. È un’assemblea intera che celebra la festa e l’Eucaristia; perché l’Eucaristia è l’esultazione dell’assemblea umana in comunione; perché il luogo preciso in cui si manifesta che Dio ha agito è in questa Chiesa creata in questa comunione. È da questa assemblea che sgorga l’Eucaristia". E che fine fa il vero celebrante, che è il Signore Gesù? Che dire, inoltre, del caleidoscopio multiforme offerto dal tempio mondiale del Neocatecumenato sul Monte delle Beatitudini? Esso ha uno scopo ben preciso: intimorire, impressionare, suggestionare il visitatore, per convincerlo della bontà, della grandiosità del cammino Neocatecumenale e della sua ‘predicazione’. La macchina propagandistica del Cammino, perfettamente rodata ed oliata nel corso dei decenni, produce proprio i risultati attesi dai capi: l'adesione acritica di alti prelati, i quali sposano la causa Neocatecumenale ricacciando in qualche anfratto remoto della propria coscienza eventuali dubbi nutriti prima della visita al centro mondiale d'irragiamento del pensiero ‘kikiano’, abbagliati e soggiogati definitivamente dalla messinscena trionfalmente dispiegata per fare colpo sugli illustri ospiti. Tali prelati e porporati, ignari delle svariate aberrazioni di questa realtà (nessuno di loro può conoscere le catechesi originali che costituiscono la ‘tradizione orale’ del Cammino NC), ci mettono di fronte ad una nefasta conseguenza della laicizzazione progressiva della Chiesa iniziata con l’errata interpretazione del Concilio Vaticano II e proseguita nei decenni successivi: ciò che sarebbe stato impedito ad un religioso, spostare ed attrarre la Chiesa verso un'altra teologia, è stato invece consentito ad un laico. Non ci resta che pregare e confidare in un intervento energico del Papa. Lui - solo Lui - è Pietro, ed è su di Lui che Gesù ha edificato la sua Chiesa che, lo ricordiamo, è ‘una, Santa, cattolica e apostolica’. Dunque, il Papa è uno e la Chiesa è una: lo ha stabilito Cristo consegnando le chiavi a Pietro. E’ proprio il caso che chi intende contrastare la Dottrina della Chiesa dall’interno, si metta l’anima in pace. ‘Non praevalebunt’, l’ha promesso Gesù. A buon intenditor, poche parole.
di Don Marcello Stanzione
tratto da Centro Anti Blasfemia
CITTA’ DEL VATICANO - L’articolo del Direttore Gianluca Barile sulle ombre del Cammino Neocatecumenale ha suscitato tra i lettori di ‘Petrus’ consensi entusiastici ma anche numerosissime email di protesta e addirittura di minacce. Mi permetto di inserirmi nel dibattito non solo per il mio ruolo di sacerdote e di nuovo vicedirettore di questo giornale on-line ma anche per l’esperienza che mi ha portato a conoscere il Cammino Neocatecumenale tra i 27 e i 34 anni di età. Da novello sacerdote, in quel periodo con entusiasmo accolsi il Cammino dando il meglio di me stesso ma, dopo un certo numero di anni, conoscendolo sempre meglio fui costretto dalla mia coscienza sacerdotale ad ammettere con profondissima amarezza che proprio io, che allora ero il responsabile diocesano del GRIS (Gruppo Ricerca e Informazioni Sette) e che combattevo in modo particolare i Testimoni di Geova, avevo installato una vera e propria setta nella mia Chiesa accogliendo. Da allora, ho sempre affermato che il Cammino Neocatecumenale è stato una delle più grandi fregature della mia vita! C’è molto di discutibile nella prassi catechistica e liturgica del Cammino, a questo riguardo sono da leggere gli interessanti testi dottrinali di sacerdoti come il compianto Padre Enrico Zoffoli, don Gino Conti e don Elio Marighetto. Il Cammino, dopo i successi pastorali iniziali, si sta rivelando sempre più un gigante dai piedi di argilla: moltissimi parroci, conoscendo il vero volto del Cammino, l’hanno soppresso e dove esso rimane è costretto per lo più a vivacchiare. Ormai gli ex Neocatecumenali sono un esercito, ed hanno aperto pure siti internet per mettere in guardia altri cattolici ingenui dal pericolo dei “Kikiani”. Questo termine non è dispregiativo, ma all’interno del Cammino esiste un vero e proprio culto della personalità di Kiko Arguello, l’iniziatore. I canti sono musicati da Kiko e spesso i cantori scimmiottano Kiko nel loro modo spagnoleggiante di cantare. Anche le immagini sacre sono dipinte da Kiko, che è l’unico “conducator”. Sapete, poi, perché i Neocatecumenali parlano tutti allo stesso modo? Perché ripetono per filo e per segno espressioni tratte dalle catechesi di Kiko. Non esiste nell’ambito del cattolicesimo gruppo che sia così fortemente plasmato sulla personalità del fondatore. Indubbiamente il Cammino Neocatecumenale si presenta all’apparenza con un grande merito: quello di sforzarsi di mettere in pratica nei Paesi cattolici occidentali L'Ordo initiationis christianae adultorum, che poteva creare un profondo rinnovamento pastorale; purtroppo il suo capitolo IV, dal titolo: Preparazione alla Confermazione e all'Eucarestia degli adulti battezzati da bambini, che non hanno ricevuto la catechesi, è stato in genere eluso dalla nostra pastorale parrocchiale ordinaria con un ragionamento altrettanto semplice quanto equivoco: i nostri adulti, sebbene apostati ed infedeli di fatto, sebbene diventati dogmaticamente indifferenti e moralmente relativisti, hanno ricevuto la Confermazione e l'Eucarestia quindi l'iniziazione cristiana sarebbe questione che riguarda le missioni ad gentes fatta dagli istitituti missionari ed in definitiva il capitolo IV dell'Ordo si riduce ad essere applicabile in casi più unici che rari. E' chiaro, invece, che quando parliamo oggi di iniziazione cristiana in Paesi di antica fede cattolica, ne parliamo in senso analogico rispetto all'antica prassi dell'iniziazione cristiana e rispetto alla sua prassi nelle missioni ad gentes. Il grande merito che il movimento Neocatecumenale si attribuisce è proprio quello di avere riscoperto l'iniziazione cristiana degli adulti e di averla adattata, appunto, non solo ai lontani che hanno rotto ogni rapporto con la Chiesa dopo il Battesimo, ma anche ai cristiani abbondantemente sacramentalizzati, ma rimasti immaturi ed infantili nella fede. E' risaputo che i movimenti, a lungo andare, inevitabilmente si istituzionalizzano, perdendo così almeno parte della loro forza carismatica. I movimenti, nella Chiesa, sono tanti; e nessuno di essi può arrogarsi diritti di primogenitura o esclusiva di autenticità cristiana. Per questo motivo, accanto ai meriti e ai pregi, tutti i movimenti denunciano limiti e rischi. L'esortazione al discernimento e all'equilibrio, ricorrente nei documenti magisteriali relativi ai movimenti, torna di grande opportunità e deve essere tenuta in conto con grande umiltà. Quali sono i limiti e i rischi del movimento Neocatecumenale e del suo metodo catechistico? Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, parlando dell'esperienza Neocatecumenale, in un discorso nella parrocchia romana dei Santi Martiri Canadesi, usò espressioni come "sana radicalizzazione del nostro cristianesimo" e "autentico radicalismo evangelico" (cf. Osservatore Romano del 3-4 novembre 1980). Tali espressioni vanno collocate non solo nel contesto di un discorso, ma nel contesto generale del pensiero del Pontefice. Espunte da tale contesto, possono dar luogo a visioni illusorie del popolo cristiano, oppure a distinzioni e discriminazioni tra gruppi di eletti e masse di reietti, irrecuperabili, per i quali non vale la pena di "spendere tutto e spendere anche se stessi". Si può arrivare ad isolare alcune - poche - centinaia di catecumeni da una comunità parrocchiale di qualche decina di migliaia di persone e, a quelli, imbandire una ricca mensa della Parola, dei sacramenti, della carità, con cibi raffinati e genuini e, alla comunità parrocchiale... massiva, offrire soltanto un minimarket di precotti, cellofanati? Questo rischio è gravemente incombente laddove il parroco viene catturato dal Movimento e diventa il presbitero della comunità Neocatecumenale, rinunciando, almeno di fatto, ad essere il pastore di tutti i cattolici affidati alla sua responsabilità. E la cattura è tanto più deleteria quanto più referente del presbitero-parroco è la comunità neocatecumenale piuttosto che il proprio vescovo, e quanto più il presbitero-parroco rimuove dal suo orizzonte pastorale il piano pastorale della diocesi e i conseguenti impegni a favore del progetto e degli impegni indicati dal Movimento Neocatecumenale. E' giusto parlare di "radicalità evangelica": ma di quale radicalità? Per quanto riguarda più specificamente la catechesi, non c'è alcun dubbio che essa va fatta - andrebbe fatta! - con la lettura della Bibbia, contrapponendo una lettura sapienziale ad una lettura teologica, definita questa spregiativamente come intellettuale, quasi che l'obbedienza della fede dovuta a Dio non comporti prestare a Lui anche l'ossequio dell'intelligenza (cf Dei Verbum 5). Un altro rischio cui è esposta la catechesi Neocatecumenale è quello del plagio. E' il rischio di ogni catechesi, anzi di ogni attività formativa, di tutta la pastorale, quando è disincarnata, quando cioè è avulsa dal conteso culturale, quando non ritiene di doversi coniugare con essa, quando presume di dover solo dare, senza ricevere alcunché dalla ricchezza che pure è disseminata nel mondo e nell'umanità dalla multiforme sapienza di Dio. E’ insita, in questo, una tendenza ad accentuare il carattere penitenziale - un tantino esposto al rischio del manicheismo - della conversione, anziché l'amore di Dio che muove e che salva e l'azione di Cristo che ricapitola in sé tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra (cf. Ef. 1,10). In questa sorta di radicalità rientra l'interpretazione letterale della "comunione dei beni", citando Atti 2, 42-45, cui è tentato il Cammino, dimenticando o ignorando non solo il clima di imminenza della seconda venuta di Cristo in cui viveva la comunità di Gerusalemme, ma soprattutto la distinzione fatta da Gesù tra vocazione ordinaria alla vita eterna e vocazione speciale ad una sua particolare e funzionale sequela (cf Mt. 19,21; cf pure Lc. 19,8: Zaccheo dà la metà dei suoi beni ai poveri; e Gesù dice che la salvezza è entrata nella sua casa). Tantissime altre osservazioni critiche si potrebbero fare (tra l’altro ben documentati dai testi dei sacerdoti sopraccitati, in genere stampati dalla editrice Segno di Udine); ancora si potrebbe rilevare l'eccessivo impianto tecnico del lungo ed eccessivo Cammino Neocatecumenale, o una terminologia iniziatica, erudita, piena di termini ebraici vetero testamentari in contrasto con la semplicità del rapporto con la parola di Dio, pur invocata, o la centralità ontologica della Parola rispetto all'Eucarestia. In conclusione una cosa è certa: Benedetto XVI sarà il Papa che correggerà gli abusi dottrinali e liturgici che per troppi anni impunemente il Cammino ha diffuso nelle parrocchie. Kiko Arguello ascolti e metta in pratica quello che i vari dicasteri romani, voce del Santo Padre, gli correggono del Cammino e obbedisca prontamente.
Le ombre del Cammino Neocatecumenale
di Gianluca Barile
CITTA’ DEL VATICANO - E’ il 28 Marzo del 2008 quando sul Monte delle Beatitudini, presso la ‘Domus Galileae’, da anni faraonica cittadella dei Neocatecumenali in Terra Santa, si consuma un evento che rischia di passare sotto silenzio ai più, ma che segna una vera e incompresa ‘rivoluzione’: quella di un movimento che si definisce Ecclesiale e che riesce in tal modo a cooptare ed irretire centinaia di prelati e porporati, il cui iniziatore laico riceve, addirittura, una ‘visita ad limina’, neanche fosse il Papa. Ben 160 Vescovi e 9 Cardinali europei, infatti, hanno partecipato ad una ‘Convivenza’, così viene chiamata in gergo neocatecumenale, durante la quale, nel tempio massimo del neocatecumenato in Terra Santa, sono stati impressionati e suggestionati con la potenza dell'architettura, con i simbolismi delle forme e degli spazi pieni di simbologie giudeo-luterano-gnostiche, con le presenze massicce di seguaci, con il clima carismatico e coinvolgente dei rituali messi in atto, le testimonianze e l'opera imbonitoria - così definita dai suoi critici - di Kiko Arguello, l’iniziatore del movimento cui, negli anni, si sono affiancati Carmen Hernandez e Don Mario Pezzi. La presenza di così tanti alti rappresentanti della Chiesa al cospetto di Kiko sembrerebbe dare il via all'evangelizzazione neocatecumenale dell'Europa, avallando un movimento, dai metodi quantomeno ‘discutibili’ in materia di Dottrina e Liturgia, ormai pesantemente infiltrato nel mondo ecclesiastico con le sue ritualità anomale che, malgrado i continui richiami di Papa Benedetto XVI, non sono state ancora né riviste né modificate né - tantomeno - soppresse. E che al Santo Padre questo non sia per niente piaciuto lo si capisce dal fatto che gli Statuti ‘ad experimentum’ del Cammino, scaduti ormai da 10 mesi dopo la concessione del periodo di prova di 5 anni da parte del Servo di Dio Giovanni Paolo II, non sono stati ancora approvati dal Vaticano. Una delle prove evidenti di ciò che non va nel Cammino Neocatecumenale, e che il Papa non tollera più, è contenuta nella foto che pubblichiamo, nella quale è documentata una Eucaristia (!?) celebrata con la ritualità contestata dallo stesso Benedetto XVI attraverso una Lettera del Cardinale Francis Arinze del Dicembre 2005, in cui si richiamava il Cammino ad adeguare la liturgia a quella ufficiale della Chiesa cattolica, ma di fatto avallata, purtroppo, dai Vescovi e dai Cardinali presenti. Una ritualità che in molti si rifiutano di chiamare Eucaristia, nella quale, sulla grande ‘mensa’ usata in luogo dell'Altare cristiano, non si celebra il Sacrificio di Gesù ma un convitto di festa tra fratelli uniti dalla medesima fede nella Risurrezione, che non si igninocchiano mai (atteggiamento ritenuto da schiavi) neppure durante la Consacrazione. Ecco perché possiamo notarvi simboli estranei alla Sacra e alla Divina Liturgia cattolica: al posto della Croce, campeggia una enorme channukkià, che rappresenta i ‘ricostruttori della vera Chiesa’; al posto delle tradizionali particole, calici e pani che saranno distribuiti ai ‘commensali’ seduti; poi manca il ‘corporale’, dal momento che la visione teologica che l'iniziatore trasmette dell'Eucaristia riguarda la Presenza del Signore intesa luteranamente come ‘transignificazione’ (testuali parole di Kiko Arguello) e non ‘transustanziazione’; nella celebrazione, quindi, non si recitano mai il credo Niceno e il Canone Romano, l'offertorio viene ritenuto una pratica pagana; e al termine della cerimonia i presenti eseguono ‘danze davidiche’ intorno alla ‘mensa’. Questo non sarà forse accaduto per pudore (?) alla presenza dei Vescovi e dei Cardinali lo scorso 28 Marzo, ma avviene ad ogni celebrazione parcellizzata in salette distinte per ogni comunità Neocatecumenale. Si tratta di riti con tanta esaltazione emotiva (favorita dai canti ritmici, coinvolgenti) ma poco raccoglimento e quindi con una evidente banalizzazione del Mistero. E’, nei fatti, una ritualità che cementa la comunità, nella convinzione che (testuali parole dell'iniziatore Kiko Arguello) "non c’è Eucaristia senza assemblea. È un’assemblea intera che celebra la festa e l’Eucaristia; perché l’Eucaristia è l’esultazione dell’assemblea umana in comunione; perché il luogo preciso in cui si manifesta che Dio ha agito è in questa Chiesa creata in questa comunione. È da questa assemblea che sgorga l’Eucaristia". E che fine fa il vero celebrante, che è il Signore Gesù? Che dire, inoltre, del caleidoscopio multiforme offerto dal tempio mondiale del Neocatecumenato sul Monte delle Beatitudini? Esso ha uno scopo ben preciso: intimorire, impressionare, suggestionare il visitatore, per convincerlo della bontà, della grandiosità del cammino Neocatecumenale e della sua ‘predicazione’. La macchina propagandistica del Cammino, perfettamente rodata ed oliata nel corso dei decenni, produce proprio i risultati attesi dai capi: l'adesione acritica di alti prelati, i quali sposano la causa Neocatecumenale ricacciando in qualche anfratto remoto della propria coscienza eventuali dubbi nutriti prima della visita al centro mondiale d'irragiamento del pensiero ‘kikiano’, abbagliati e soggiogati definitivamente dalla messinscena trionfalmente dispiegata per fare colpo sugli illustri ospiti. Tali prelati e porporati, ignari delle svariate aberrazioni di questa realtà (nessuno di loro può conoscere le catechesi originali che costituiscono la ‘tradizione orale’ del Cammino NC), ci mettono di fronte ad una nefasta conseguenza della laicizzazione progressiva della Chiesa iniziata con l’errata interpretazione del Concilio Vaticano II e proseguita nei decenni successivi: ciò che sarebbe stato impedito ad un religioso, spostare ed attrarre la Chiesa verso un'altra teologia, è stato invece consentito ad un laico. Non ci resta che pregare e confidare in un intervento energico del Papa. Lui - solo Lui - è Pietro, ed è su di Lui che Gesù ha edificato la sua Chiesa che, lo ricordiamo, è ‘una, Santa, cattolica e apostolica’. Dunque, il Papa è uno e la Chiesa è una: lo ha stabilito Cristo consegnando le chiavi a Pietro. E’ proprio il caso che chi intende contrastare la Dottrina della Chiesa dall’interno, si metta l’anima in pace. ‘Non praevalebunt’, l’ha promesso Gesù. A buon intenditor, poche parole.
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